|
|
OBANTE (m 2072) CIMA MOSCA (m 2141)
L’Obante è una grande montagna dalle due facce: tozzo e poco attraente se osservato dall’Alpe di Campobrun, imponente e grandioso nelle sue strapiombanti rupi dolomitiche se ammirato da Campogrosso. L’escursione che vi proponiamo vi porterà alla scoperta del bellissimo sentiero che ne percorre in gran parte la cresta sommitale mostrandovi da vicino le guglie e i pinnacoli delle Piccole Dolomiti. L’itinerario è inoltre arricchito dall’ascensione alla Cima Mosca, elevazione ancora più alta e di rado salita dagli escursionisti: si tratta di uno straordinario belvedere sulla vicina Cima Carega. Gli amanti della flora resteranno entusiasti di un itinerario che porta alla scoperta di due grandi rarità: il Cypripedium calceolus, forse la più bella delle orchidee presenti in Italia, nonché la Primula recubariensis, pianta d’eccezionale rarità, endemica in senso stretto del Gruppo Carega e Catena delle Tre Croci. Come sempre trovate ulteriori particolari in coda alla descrizione. L’escursione in breve: Albergo Alpino Revolto (m 1336) – Lago Secco – Sentiero E5 – Alpe Campobrun – Malga Campobrun – Rifugio Pompeo Scalorbi (m 1776) – Passo dell’Obante (m 2010) – Obante – Bocchetta dei Fondi (m 2015) – Cima Mosca (m 2141) – Bocchetta Mosca (m 2029) – sentiero n°109 - Rifugio Pompeo Scalorbi (m 1776) - Rifugio Passo Pertica (m 1573) – Albergo Alpino Revolto (m 1336). Dati tecnici: Partenza dall’Albergo Alpino Revolto (m 1336): Difficoltà: EE (E per gran parte; EE nel tratto sommitale compreso tra il Passo Obante, la Bocchetta dei Fondi e la Bocchetta Mosca: il sentiero seppure evidente è a tratti piuttosto aereo e richiede piede fermo. Un brevissimo salto roccioso di pochi metri è ben appigliato e non esposto con difficoltà intorno al 1° grado) (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale; non segnalato tuttavia il bivio per il Passo dell’Obante (vedi descrizione). Dislivello assoluto: m 861. Acqua: nel ritorno tra il Rifugio Scalorbi e Passo Pertica al bivio con il sentiero 108bis. E’ comunque presente alla partenza l’Albergo Alpino Revolto e il Rifugio Scalorbi dopo ore 1,30 di cammino come punti d’appoggio per un eventuale approvvigionamento. Accesso: L’uscita autostradale più adatta per raggiungere la partenza è senz’altro quella di Soave, posizionata sull’A4 subito a est di Verona. Si segue quindi la SR11 in direzione Verona per circa 6 km sino a raggiungere il bivio con la SP10. Volgiamo a destra sulla provinciale risalendo per intero la Val d’Illasi. Superiamo una serie di piccoli paesi; nell’ordine Illasi, Tregnago, Badia Calavena, Selva di Progno e infine Giazza. Superata quest’ultima frazione la strada diviene di montagna; prestando attenzione alla carreggiata a tratti piuttosto stretta guadagniamo quota sino al termine del tratto transitabile in automobile, nelle immediate vicinanze dell’Albergo Alpino Revolto (parcheggio a lato della strada). Descrizione del percorso: In coincidenza dell’Albergo Alpino Revolto (m 1336) seguiamo il sentiero G10 (cartello indicatore) che cala ripidamente nel bosco in direzione della sottostante località “Lago Secco”. La discesa impegna per un quarto d’ora circa e porta al punto più basso dell’escursione (m 1280). Al bivio segnalato dai cartelli volgiamo a sinistra con indicazione per il Rifugio Scalorbi (sentiero E5). Nella vegetazione attraversiamo le deboli ondulazioni della località denominata “Lago Secco”: un tempo la conca era realmente occupata dall’acqua. Oggi la zona è caratterizzata da fitta vegetazione e in particolare è da segnalare la presenza dell’orchidea Cypripedium calceolus che nel periodo della fioritura vi offrirà un paesaggio straordinario quanto inconsueto grazie alla presenza di centinaia di piante. Oltrepassato il tratto piano cominciamo a seguire la salita che si articola sulla sinistra orografica della vallata. Restiamo in un primo momento nel folto della boscaglia per poi cominciare a scorgere le prime aperture a sinistra sulle rocce calcaree che caratterizzano i pendii sottostanti il Passo Pertica. Da notare, alle spalle, lo scorcio verso Monte Trappola, massima elevazione dei Monti Lessini. Il percorso, facile e ben marcato, esce progressivamente allo scoperto per poi tagliare su cengetta alcune pareti rocciose. Il tracciato ampio e ben curato, annulla ogni difficoltà derivante dall’esposizione. Assecondiamo una serie di canaloni e nell’unico punto prominente sul sottostante salto è stato aggiunto un comodo corrimano in fune metallica ad assicurare il breve passaggio. Nel proseguo transitiamo tra pendii rivestiti a pino mugo quindi usciamo nella bellissima conca prativa dell’Alpe di Campobrun. Le rupi calcaree lasciano spazio al morbido tappeto erboso nel quale non è difficile scorgere, nelle ore più calde, un gran numero di marmotte. Siamo in vista della Malga Campobrun che resta alla nostra sinistra ma che può essere raggiunta con una breve digressione. Da rilevare inoltre la presenza di un piccolo specchio d’acqua. Possiamo ora osservare il Rifugio Scalorbi che raggiungiamo con un’ultima breve frazione erbosa in moderata salita (m 1767 – ore 1,30 dalla partenza). Siamo a pochi metri dal Passo di Pelagatta (m 1776); in coincidenza della sella possiamo ammirare ad oriente una vista che, nei giorni limpidi, si perde fino alla lontana Pianura Veneta. Affrontiamo ora la parte più interessante della nostra escursione: seguiamo il segnavia n°109 per Bocchetta Mosca facendo attenzione a non confonderci con il sentiero G12 che conduce anch’esso alla forcella scostandosi tuttavia più a sinistra e quindi più lontano dalle pendici dell’Obante. Nel settore inferiore il percorso segue un’ampia mulattiera militare che guadagna quota con una serie di facili tornanti. Il percorso, comodo e ben tracciato, taglia il pendio a pino mugo quindi traversa sul versante di Recoaro Terme. Un ripido sentierino che ignoriamo si stacca a destra calando ripidamente sotto alcuni poderosi bastioni calcarei. Procediamo restando appena a sinistra del crinale andando a sfiorare una piccola sella dove ancora una volta ci possiamo affacciare sulle pareti rocciose poste a destra. Siamo ora alla base della tozza struttura sommitale dell’Obante. Per rimontarne le pendici procediamo per poche decine di metri quindi abbandoniamo l’ampia mulattiera segnata per rimontare un ripidissimo canale franoso posto a destra. Malauguratamente, in occasione del nostro transito (luglio 2013), il bivio non era per nulla indicato e solo con occhio attento si scorgeva un segnavia molto in alto, nell’ambito del canale. La salita che ne segue è breve ma molto faticosa, su fondo detritico, e in breve permette l’accesso al Passo dell’Obante (m 2010 – ore 0,45 dal Rifugio Scalorbi – ore 2,15 complessive). Siamo ad un’importante biforcazione: il sentiero procederebbe traversando, a tratti assai esposto, in direzione delle Guglie del Fumante. Scegliamo invece di volgere a sinistra rimontando la cresta sommitale dell’Obante. Un brevissimo tratto in salita e la traccia si scosta a sinistra del crinaletto altrimenti impervio ed impraticabile. Passiamo appena a sinistra di una stretta fenditura posta tra il sentiero e la soprastante linea di crinale. Quella che sembrerebbe una modesta cavità, sporgendosi con molta cautela si rivela invece un profondo canalone esposto. Sulle pareti laterali del solco, in posizione comunque irraggiungibile, noterete, nel periodo della fioritura, la più preziosa tra le piante endemiche locali. Si tratta della bellissima Primula di Recoaro (Primula recubariensis) dalle corolle violette che sembrano scaturire direttamente dalla roccia viva. Si tratta di una pianta rarissima ma non esitiamo a rivelarvi questa piccola stazione: le piante sono infatti al sicuro dalle mani dei gitanti e degli irresponsabili grazie alla forte esposizione del salto. Il sentiero procede, piuttosto aereo, accostando nuovamente la linea di crinale. Mentre a sinistra dominiamo dall’alto l’Alpe di Campobrun, sulla destra, subito al di là del piccolo muretto creato dalle rocce di cresta, notiamo uno splendido scorcio sulle slanciate Guglie del Fumante. Debordiamo nuovamente a sinistra dello spartiacque scendendo su fondo detritico e facili roccette. A tratti intercettiamo il crinale con nuovi scorci in direzione di Campogrosso. Nel proseguo raggiungiamo l’orlo di un salto roccioso alto alcuni metri che richiede attenzione. Aiutandoci con le mani caliamo nello stretto solco: con pazienza non è difficile individuare appigli e appoggi per i piedi (1° grado inferiore). Il tratto non è inoltre esposto e in breve siamo alla sua base. Subito oltre siamo ad un caratteristico passaggio tra la parete a destra e un curioso spuntone di roccia calcarea a sinistra in coincidenza del quale troviamo il libro di vetta (m 2020). Da notare che la cima dell’Obante (m 2072), facilmente riconoscibile per l’ometto di pietre posto in cima, viene solo sfiorata in quanto il sentiero resta circa 50 metri più basso della sommità. Superata questa sorta di forcella osserviamo l’intero proseguo del percorso: il sentiero mantiene in linea di massima la cresta aggirando sul versante dell’Alpe di Campobrun i più tratti impervi. I panorami più belli si hanno tuttavia in direzione nordest dove svettano, ardite ed esili, le Guglie del Fumante. Non fatichiamo a capire il perché della denominazione “Piccole Dolomiti”: le pareti strapiombanti di calcare bianco ne ricordano in effetti le più famose cime. L’orizzonte settentrionale è chiuso dalle pendici del Pasubio. L’ardito sentiero prosegue sfiorando pinnacoli e risalti del crinale. La zona è stata interessata, nella prima guerra mondiale, dalla linea del fronte. Ne restano parecchie testimonianze, abbiamo infatti modo di transitare davanti all’imbocco di alcune cavità artificiali che furono scavate a scopo difensivo. Da notare, il bellissimo scorcio in direzione di Cima Carega, massima elevazione del gruppo che può essere osservata nel varco compreso tra la Cima Mosca a destra e la marcata elevazione senza nome posizionata a sinistra. In ultimo ci abbassiamo siamo alla pronunciata Bocchetta dei Fondi (m 2015 – ore 0,30 dal Passo dell’Obante – ore 2,45 complessive). La nostra escursione prevede ora la salita alla Cima Mosca. Per raggiungerla ignoriamo il sentiero che dalla Bocchetta dei Fondi cala ripido a sinistra. Si tratta invece di procedere lungo il tracciato di crinale. Ufficialmente il percorso è chiuso dal 2009 quando, a seguito di un inverno eccezionale, il fondo fu rovinato dalla neve. In pratica il sentiero è ancora perfettamente percorribile: gli escursionisti locali lo sanno bene e non vi troverete soli nella sua percorrenza. Purtroppo sono state comunque rimosse le attrezzature: nel primo tratto si supera infatti una cengia dove in precedenza era presente una fune metallica come corrimano. Oggi non vi è più nulla, comunque con piede fermo e molta attenzione non si affrontano difficoltà insormontabili: si tratta di pochi metri e il sentiero non diviene mai così stretto da essere definibile molto esposto. Subito al di là di questo passaggio siamo in uno dei settori più belli dell’intera escursione. Il sentiero è scavato in un vasto pendio prativo mentre di fronte a noi svetta imponente l’ampia piramide di Cima Mosca con, appena più a sinistra, il crinale discendente dalla Cima Carega. Il percorso si abbassa, in parte tra i mughi, sino ad una marcata sella del crinale dalla quale possiamo apprezzare le singolari stratificazioni rocciose rivolte verso nord. Il percorso, visibilmente costruito ad arte, procede oltre la sella tagliando in pratica senza dislivelli il versante meridionale della Cima Mosca. Per raggiungere la cima dobbiamo tuttavia abbandonare il sentiero per salire evidentemente a destra. Possiamo farlo lungo il filo del crinale orientale oppure, procedendo nel traverso, si individuano poco oltre delle deboli e labili tracce che rimontano il pendio erboso. Entrambe le possibilità non sono indicate in alcun modo, il percorso tuttavia non è obbligato e, a dispetto delle apparenze, non vi sono difficoltà né tanto meno esposizione. Nel settore superiore della salita bisogna in ogni caso spostarsi verso destra lungo il crinale roccioso accedendo, senza problemi, al pianoro sommitale (m 2141 – ore 0,30 dalla Bocchetta dei Fondi – ore 3,15 complessive). Vasto ed appagante appare il panorama. Nello specifico siamo in posizione privilegiata per ammirare le pendici di Cima Carega ad occidente e ancora una volta il Fumante ad est. Osserviamo inoltre la cresta del Cornetto a nordest e le pendici del Pasubio. Verso meridione scorgiamo il Rifugio Scalorbi e il soprastante Monte Plische. Il rientro avviene a ritroso sino a riprendere in una decina di minuti dalla cima il marcato sentiero che unisce la Bocchetta dei Fondi alla Bocchetta Mosca. Procediamo verso quest’ultima forcella traversando verso destra. Ancora una volta il percorso, dapprima nell’erba, si assottiglia sino a divenire una stretta cengia su fondo roccioso. Anche in questa frazione, che richiede piede fermo, sono state eliminate le preesistenti attrezzature. Con molta cautela procediamo nel traverso raggiungendo in ultimo la marcata Bocchetta Mosca (m 2029 – ore 0,20 da Cima Mosca – ore 3,35 complessive). Sono in pratica terminate tutte le difficoltà: affrontiamo ora il lungo ma facile rientro a valle. Per descrivere un interessante itinerario circolare volgiamo a sinistra sul segnavia 109 traversando praticamente senza dislivelli ben al di sotto dell’itinerario di cresta appena percorso. Su fondo comodo e ben battuto procediamo senza rischio d’errore. Tralasciamo a sinistra la deviazione che permetterebbe di ritornare in pieno crinale in coincidenza della Bocchetta dei Fondi. Ben al di sotto dell’Obante cominciamo a perdere quota sino a riprendere il bivio non segnalato che avevamo preso all’andata per salire al Passo dell’Obante. L’ultima frazione di discesa sino al Rifugio Scalorbi è comune alla salita (m 1767 - ore 0,50 dalla Bocchetta Mosca – ore 4,25 complessive). Dal Rifugio Scalorbi il rientro alla partenza può avvenire seguendo la comoda strada militare chiusa al traffico che aggira la verdeggiante Alpe di Campobrun. Per quanto sbrigativa, la facile discesa concede una splendida vista sulla sottostante conca dominata dalla vetta del Monte Plische. La strada militare cala, traversando sotto alcune paretine calcaree sino a raggiungere Passo Pertica con l’omonimo rifugio (m 1573). Poco prima della struttura è possibile tagliare in alcuni punti la strada seguendo sulla sinistra brevi frazioni di sentiero che evitano i tornanti della carrareccia. Dal Rifugio Passo Pertica resta l’ultima frazione di strada (ancora una volta con tratti di sentiero ad evitarne alcune curve) sino a riportarci alla partenza presso l’Albergo Alpino Revolto (m 1336 – ore 1,15 dal Rifugio Scalorbi - ore 5,40 complessive). Cenni sulla flora:
La regione prealpina lombardo veneta è ben nota per l’abbondanza floreale osservabile nel periodo estivo (giugno – agosto). Non mancano alcune entità particolarmente preziose in quanto endemiche. La zona è ricca di piante che prediligono un substrato calcareo essendo il gruppo Carega caratterizzato da roccia dolomitica. Segue una selezione delle principali entità osservate in occasione della nostra salita non dimenticando la più spiccatamente endemica: la bellissima Primula di Recoaro. Piante endemiche: 1) Primula di Recoaro (Primula recubariensis). Si tratta di una pianta straordinaria in quanto endemica in senso stretto del Gruppo Carega – Catena delle Tre Croci. L’areale di distribuzione, da nord verso sud, raggiunge appena 7 km di lunghezza (dal Boale dei Fondi a nord al Passo della Porta a sud) all’interno dei quali la specie è presente solamente su rupi dolomitiche strapiombanti rivolte verso nord, in anfratti freddi ed ombrosi. E’ in assoluto la primula che presenta l’areale più stretto tra quelle conosciute in Italia. Non è un caso se la sua scoperta risale appena al 1998. Nella soprastante descrizione del percorso trovate indicata la posizione di un angusto e assai esposto spacco nelle cui pareti si è insediata questa piccola meraviglia. Si tratta della stazione conosciuta più alta per la pianta in oggetto (m 2030). Le corolle violette permettono di distinguere facilmente P.recubariensis dalla più frequente P.spectabilis; quest’ultima è in zona particolarmente diffusa, anch’essa endemica ma di un’areale ben più vasto e con petali nettamente più rossastri. 2) Primula meravigliosa (Primula spectabilis), come anticipato dalle bellissime corolle tra il rosso e il violetto. E’ un endemismo insubrico con areale esteso dalla Val Camonica sino ai monti del Grappa. Lungo questo itinerario appare a tratti abbondantissima. E’ il caso, ad esempio, dei prati circostanti il Rifugio Scalorbi nonché nel tratto compreso tra la Bocchetta Mosca e il Rifugio Scalorbi. 3) Carice del Monte Baldo (Carex baldensis), inconfondibile per la sua curiosa infiorescenza a spiga di colore bianco. E’ un endemismo insubrico con areale esteso dalle Grigne ai Monti Lessini e con una presenza secondaria in Engadina. 4) Raponzolo chiomoso (Physoplexis comosa). Bellissimo endemismo insubrico tipico delle pareti calcaree verticali. L’inconfondibile infiorescenza adorna in luglio – agosto le rupi strapiombanti lungo il sentiero E5 nonché le pareti sovrastanti il tratto di carrareccia compreso tra l’Alpe di Campobrun e il Passo Pertica. 5) Bonarota comune (Paederota bonarota). Endemica del nordest condivide l’habitat con la precedente. In giugno – luglio è facile osservarne le belle infiorescenze di colore blu. 6) Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum). Endemico di un ampio areale centrato essenzialmente sulle Alpi Orientali, è facilmente riconoscibile dal più comune Rododendro ferrugineo per l’evidente pelosità che ne riveste le foglie. 7) Rododendro nano (Rhodothamnus chamaecistus). Altra pianta endemica del nord-est, dal fiore particolarmente bello e appariscente per la sua splendida colorazione rosata. E’ presente con frequenza nel lungo tratto compreso tra Bocchetta Mosca e il Rifugio Scalorbi nonché sulle rocce che sovrastano il sentiero E5. 8) Iberidella grassa (Thlaspi rotundifolium). Endemica dell’arco alpino, è una tipica pianta dei ghiaioni instabili. I fiori sono di colore violetto. Altre piante: 1) Stella alpina (Leontopodium alpinum). La pianta simbolo delle Alpi è presente ad esempio sulle pendici sommitali di Cima Mosca. 2) Camedrio alpino (Dryas octopetala) 3) Primula orecchia d’orso (Primula auricula), dalle inconfondibili foglie farinose. E’ presente in abbondanza nelle rupi verticali e nei prati calcarei compresi tra Passo Pertica e il Rifugio Scalorbi. 4) Vedovella celeste (Globularia cordifolia) a tratti abbondante, ad esempio presso Passo Pertica. 5) Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata) 6) Sassifraga aranciata (Saxifraga mutata) nelle rupi strapiombanti che sovrastano il tratto di carrareccia compreso tra l’Alpe di Campobrun e Passo Pertica. 7) Petrocallide dei Pirenei (Petrocallis pyrenaica). Splendida pianta che forma cuscinetti trapuntati da numerosi, piccoli fiori rosa. Rara per lunghi tratti delle Alpi, è presente sul gruppo Carega con particolare abbondanza. 8) Scarpetta di Venere (Cypripedium calceolus). Da molti ritenuta la più bella tra le orchidee italiane, è presente con straordinaria abbondanza nella zona di Lago Secco. La sua fioritura è attesa anno dopo anno dai botanici di mezza Europa che possono osservare in questa stazione un paesaggio inconsueto di straordinaria bellezza. 9) Vedovella alpina (Globularia nudicaulis), presente nei prati presso il Rifugio Scalorbi; da non confondere con Globularia cordifolia, anch’essa presente lungo questo itinerario. 10) Primula odorosa (Primula veris) 11) Viola gialla (Viola biflora) 12) Ranuncolo erba-tora (Ranunculus thora) 13) Vulneraria (Anthyllis vulneraria) 14) Farfaro (Tussilago farfara) 15) Biscutella montanina (Biscutella leavigata) 16) Arabetta stellata (Arabis bellidifolia) 17) Clematide alpina (Clematis alpina) 18) Nontiscordardimé (Myosotis alpestris) 19) Genzianella (Gentiana verna) 20) Genziana di Clusius (Gentiana clusii) 21) Soldanella alpina (Soldanella alpina) 22) Soldanella del calcare (Soldanella minima), da non confondersi con la precedente dalla quale si distingue per le minori dimensioni, la colorazione bianca della corolla e lo stilo non sporgente. 23) Arabetta alpina (Arabis alpina) 24) Ormino dei Pirenei (Horminum pyrenaicum) 25) Erica carnea (Erica carnea) 26) Aquilegia scura (Aquilegia atrata) 27) Anemone alpino (Pulsatilla alpina) 28) Bosso strisciante (Polygala chamaebuxus) 29) Croco (Crocus vernus) 30) Valeriana delle rupi (Valeriana saxatilis) 31) Nido d’uccello (Neottia nidus-avis), presente nei boschi della frazione finale, tra Passo Pertica e l’Albergo Alpino Revolto. 32) Orchide macchiata (Dactylorhiza maculata), presente nei boschi della frazione finale, tra Passo Pertica e l’Albergo Alpino Revolto. 33) Listera maggiore (Listera ovata), presente nei boschi della frazione finale, tra Passo Pertica e l’Albergo Alpino Revolto. 34) Platantera comune (Platanthera bifolia), presente nei boschi della frazione finale, tra Passo Pertica e l’Albergo Alpino Revolto. 35) Uva di volpe (Paris quadrifolia), presente nei boschi della frazione finale, tra Passo Pertica e l’Albergo Alpino Revolto. 36) Giglio martagone (Lilium martagon), alla partenza nel sottobosco presso l’Albergo Alpino Revolto. 37) Giglio di S.Giovanni (Lilium bulbiferum) presso la partenza, nei prati sottostanti l’Albergo Alpino Revolto. 38) Campanula barbata (Campanula barbata) 39) Pigamo colombino (Thalictrum aquilegifolium), presente con particolare abbondanza nella zona di Lago Secco. 40) Spillone alpino (Armeria alpina) presente nei prati dell’Alpe Campobrun. 41) Nigritella rossa (Nigritella miniata) presente nei prati dell’Alpe Campobrun. 42) Tajola comune (Tofieldia calyculata) osservabile nei prati umidi lungo il sentiero E5. 43) Pepe di montagna (Daphne mezereum) 44) Draba gialla (Draba aizoides) 45) Carice minore (Carex humilis) 46) Fragola di bosco (Fragaria vesca) 47) Genziana alata (Gentiana utriculosa) 48) Ginestra stellata (Genista radiata), nei pendii soleggiati subito oltre Passo Pertica. 49) Scrofularia comune (Scrophularia canina) lungo la carrareccia subito oltre Passo Pertica.
VISUALIZZA QUI SOTTO LA PHOTOGALLERY DEL TREKKING
|