Cima Carega

CIMA CAREGA (m 2259)

Cima Carega è il punto culminante dell’omonimo gruppo montuoso. A dispetto della quota contenuta sono montagne dall’aspetto imponente, caratterizzate da grandiose guglie e pareti dolomitiche: un magnifico mondo di montagna a quattro passi dalla pianura veneta. In quest’ottica è sorprendente la facilità con cui si può guadagnare il punto più alto della catena. La salita altro non è che un’innocua escursione su largo sentiero. Non sarebbe tuttavia corretto definire l’ascensione una passeggiata: per quanto semplice richiede comunque almeno tre ore di buon cammino. Non mancano poi i motivi d’interesse sia dal punto di vista paesaggistico che naturalistico grazie ad una fauna e a una flora davvero ricche. Un ulteriore motivo di sicurezza è dato dai numerosi rifugi presenti lungo il tracciato, sempre aperti nella bella stagione. Massima attenzione dev’essere prestata in ogni caso alle condizioni meteorologiche; la pianura è molto vicina, di conseguenza il calore che ascende dal fondo valle condensa facilmente generando fitte nebbie e temporali che si sviluppano con sorprendente rapidità. Sono senz’altro da preferire le fresche e stabili giornate di giugno oppure il periodo autunnale (settembre, ottobre) evitando i giorni estivi più caldi nonché il periodo primaverile in quanto l’innevamento è quasi sempre molto abbondante.

L’escursione in breve:

Albergo Alpino Revolto (m 1336) – Rifugio Passo Pertica (m 1573) – Alpe Campobrun – Rifugio Pompeo Scalorbi (m 1767) – Bocchetta Mosca (m 2029) – Rifugio Fraccaroli (m 2230) – Cima Carega (m 2259)

Dati tecnici:

Partenza dall’Albergo Alpino Revolto (m 1336): Difficoltà: E (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 923. Acqua: al bivio con il sentiero 108bis dopo circa un’ora di cammino. Il sentiero presenta comunque, lungo il suo tracciato, numerosi rifugi aperti da giugno a settembre per un eventuale approvvigionamento.

Accesso:

L’uscita autostradale più adatta per raggiungere la partenza è senz’altro quella di Soave, posizionata sull’A4 subito a est di Verona. Si segue quindi la SR11 in direzione Verona per circa 6 km sino a raggiungere il bivio con la SP10. Volgiamo a destra sulla provinciale risalendo per intero la Val d’Illasi. Superiamo una serie di piccoli paesi; nell’ordine Illasi, Tregnago, Badia Calavena, Selva di Progno e infine Giazza. Superata quest’ultima frazione la strada diviene di montagna; prestando attenzione alla carreggiata a tratti piuttosto stretta guadagniamo quota sino al termine del tratto transitabile in automobile, nelle immediate vicinanze dell’Albergo Alpino Revolto (parcheggio a lato della strada).

Descrizione del percorso:

Il percorso ricalca, per lunghi tratti, il proseguo chiuso al traffico della strada che conduce al Rifugio Scalorbi. E’ tuttavia possibile evitare parecchi tornanti della stessa grazie ad alcune sezioni di sentiero. E’ il caso della prima frazione dove, in coincidenza dell’Albergo Alpino Revolto, lasciamo la strada per seguire il segnavia che ha inizio in coincidenza della struttura. Ignoriamo il segnavia G10 che cala verso la località “Lago Secco” procedendo su fondo ripido ma ben tracciato nel folto del bosco. Intercettiamo per due volte la succitata strada guadagnando rapidamente quota su fondo visibilmente artefatto. Più in alto riprendiamo la carrareccia militare e la seguiamo verso destra, in pratica senza dislivello, con ampie aperture verso la sottostante vallata. Da notare le possenti rupi rocciose poste a sinistra del piano stradale. Poco oltre siamo in vista della marcata insellatura del Passo Pertica ove è posto l’omonimo rifugio. Non esitiamo ancora una volta a seguire il breve sentierino che si stacca a sinistra evitando i tornanti della strada che raggiungerebbe il passo con percorso un po’ più lungo. In breve siamo presso il rifugio (m 1573 – ore 0,35 dalla partenza) posto alla base della strapiombante Cengia di Pertica. Da notare il camino verticale che incide la parete all’interno del quale si sviluppa la via ferrata Biasin.

Il nostro cammino procede oltre, permanendo dapprima sulla strada militare. Poco oltre, ancora una volta, seguiamo il sentiero, questa volta a destra, che si separa dalla strada evitando alcuni tornanti e un tunnel artificiale. Subito al di sopra andiamo a riprendere l’ampia carrareccia con il panorama che comincia ad aprirsi in una bella visione della verdeggiante Alpe di Campobrun. Sulla destra appare la tozza sagoma del Monte Plische profondamente incisa da stretti canaloni dove la neve permane sino ad inizio estate. Nel proseguo il percorso diviene più piacevole: le rupi calcaree lasciano spazio ad ampi prati e a fitta mugheta. Incontriamo una bella fonte d’acqua potabile e, in coincidenza della sorgente, trascuriamo il sentiero 108 bis che si separa a sinistra conducendo alla Cima Carega per il “Vallone della teleferica”. La mulattiera prosegue in direzione della testata della valle dove non fatichiamo a scorgere il Rifugio Scalorbi e la sottostante Malga Campobrun. Quest’ultima può essere raggiunta con una breve digressione seguendo la deviazione segnalata a destra. L’intera Alpe di Campobrun appare particolarmente suggestiva: oltre alla malga è presente un piccolo specchio d’acqua; nelle ondulazioni prative circostanti è molto facile osservare, nella bella stagione, le marmotte alla ricerca d’erba.

In debolissima salita descriviamo un ampio semicerchio attorno alla conca muovendo in direzione del ben evidente Rifugio Scalorbi. Da notare che la deviazione segnalata per Cima Carega è posta sulla sinistra e precede di qualche minuto l’arrivo al rifugio; chi lo desidera potrà tuttavia guadagnare ugualmente la costruzione con un’aggiunta di tempo minima. Oltre ad essere un eccellente punto d’appoggio il Rifugio Scalorbi (m 1767 – ore 2 dalla partenza), è posto a pochi metri dal Passo di Pelagatta: in coincidenza della sella possiamo affacciarci ad oriente in una vista che, nei giorni limpidi, si perde lontano fino alla Pianura Veneta.

Possiamo ora affrontare la salita di Cima Carega. Per chi ha raggiunto il rifugio si tratta di tornare per qualche minuto sui propri passi sino al bivio prima citato per altro ben segnalato dai cartelli. Lasciamo così la lunga frazione su larga strada bianca per seguire il bel sentiero (segnavia G12) che rimonta le soprastanti facili ondulazioni prative. Lo sguardo è inevitabilmente attratto dal grande dente calcareo che copre per il momento la vista della cima vera e propria. Sulla cresta di questo erto rilievo roccioso si sviluppa la via ferrata Campalani, un’alternativa più impegnativa per la vetta che sarà apprezzata dagli amanti delle vie attrezzate. Il nostro sentiero procede, semplice e comodo, tra spazi prativi e macchia di rododendri. Risaliamo in moderata salita un piccolo valloncello: notiamo di fronte a noi le pendici calcaree di Cima Mosca. Raggiungiamo un’apertura sovrastata dallo sperone calcareo prima citato; cominciamo a scorgere la dentellata cresta che cala direttamente da Cima Carega verso est. Osserviamo il facile proseguo del nostro percorso: il sentiero taglia diagonalmente le pendici di Cima Mosca con tracciato che ascende ancora una volta con moderazione. Non è raro in queste frazioni incontrare nevai residui sino ad inizio estate, tuttavia la pendenza mai eccessiva e l’assoluta assenza d’esposizione fanno sì che non vi siano problemi nel procedere. Traversiamo lungamente sino a guadagnare il marcato intaglio della Bocchetta Mosca (m 2029 – ore 0,40 dal Rifugio Scalorbi – ore 2,40 complessive).

Siamo sul crinale discendente dalla vetta e si aprono ai nostri occhi nuovi orizzonti: verso nord il panorama si allarga in direzione del Pasubio mentre dalla forcella precipita a settentrione lo stretto canalone denominato Vajo dei Colori, teatro di una via di salita per esperti. Verso destra spicca l’aguzza sagoma di Cima Mosca mentre a sinistra siamo ora dominati dal tozzo profilo di Cima Carega, obiettivo della nostra ascensione.

Il percorso segue ora il vecchio sentiero militare che sale verso la cima con una lunga ed evidente sequenza di tornanti. Siamo nella frazione più attraente dal punto di vista panoramico. La vegetazione, dopo gli ultimi pini mughi contorti dalle intemperie presenti presso la Bocchetta Mosca, lascia spazio ad un manto erboso povero ed irregolare per via della quota e del forte innevamento. Alle nostre spalle compare, al di là della Cima Mosca, il possente, lungo crinale roccioso del Monte Obante. Possiamo inoltre apprezzare le due facce del Gruppo Carega: il nostro versante di salita, mite e rassicurante, contrasta con il versante settentrionale dove le forme sono invece caratterizzate da grandiose pareti strapiombanti non così lontane nell’aspetto dalle più rinomate pareti dolomitiche. Non è casuale, evidentemente, la denominazione “Piccole Dolomiti” per questo settore prealpino. Su percorso palesemente artefatto guadagniamo progressivamente quota con il tracciato che manterrà inalterate sino all’ultimo le sue caratteristiche di moderata pendenza con fondo facile e battuto. Gli ultimi tornanti tagliano un pendio particolarmente inclinato dove la neve tende a permanere più a lungo: qualche problema potrebbe manifestarsi ad inizio stagione sebbene sia generalmente presente sulla neve una buona traccia. Si traversa infine verso sinistra in ambiente calcareo d’altitudine. Raggiungiamo in breve l’ampia sella che divide Cima Carega sulla destra dallo sperone roccioso ove si sviluppa la ferrata Campalani sulla sinistra. Il paesaggio verso Obante e Cima Mosca appare più che mai suggestivo e sorprendente per le sue similitudini con montagne d’alta quota più rinomate.

Volgiamo a destra dominando dall’alto il grande Vallone della Teleferica e andando a raggiungere, in poche decine di metri, il Rifugio Fraccaroli (m 2230 – ore 0,35 dalla Bocchetta Mosca – ore 3,05 complessive). Cima Carega è ormai a portata di mano: restano gli ultimi 10 minuti di salita rimontando le balze rocciose della facile cresta sud. Prestando attenzione a non smuovere detriti raggiungiamo facilmente il punto più alto (m 2259 – ore 3,15 complessive – libro di vetta). Vastissimo appare il panorama nei gironi limpidi: siamo nel punto culminante del Gruppo Carega, di conseguenza osserviamo tutte le principali cime del circondario. Ad oriente Cima Mosca e Obante; verso sud lo sperone roccioso su cui si sviluppa la ferrata Campalani e, appena alla sua destra ma sullo sfondo il Monte Plische. Verso sudovest, al di là del Rifugio Fraccaroli, il lungo crinale che conduce alla Cima Madonnina. Ad occidente i Monti Lessini e verso nord ovest la vicine cime Cherlong e Posta. Ripercorrendo a ritroso l’itinerario l’escursione impegna per circa ore 6,30.

Cenni sulla flora:

La regione prealpina lombardo veneta è ben nota per l’abbondanza floreale osservabile nel periodo estivo (giugno – agosto). Non mancano alcune entità particolarmente preziose in quanto endemiche. La zona è ricca di piante che prediligono un substrato calcareo essendo il gruppo Carega caratterizzato da roccia dolomitica. Segue una selezione delle principali entità osservate in occasione della nostra salita.

Piante endemiche:

1)       Primula meravigliosa (Primula spectabilis), dalle bellissime corolle tra il rosso e il violetto. E’ un endemismo insubrico con areale esteso dalla Val Camonica sino ai monti del Grappa. Lungo questo itinerario appare a tratti abbondantissima. E’ il caso, ad esempio, dei prati circostanti il Rifugio Scalorbi nonché nel tratto compreso tra il rifugio e la Bocchetta Mosca.

2)       Carice del Monte Baldo (Carex baldensis), inconfondibile per la sua curiosa infiorescenza a spiga di colore bianco. E’ un endemismo insubrico con areale esteso dalle Grigne ai Monti Lessini e con una presenza secondaria in Engadina.

3)       Raponzolo chiomoso (Physoplexis comosa). Bellissimo endemismo insubrico tipico delle pareti calcaree verticali. L’inconfondibile infiorescenza adorna in luglio – agosto le rupi strapiombanti che sovrastano il tratto di carrareccia compreso tra Passo Pertica e l’Alpe di Campobrun.

4)       Bonarota comune (Paederota bonarota). Endemica del nordest condivide l’habitat con la precedente. In giugno – luglio è facile osservarne le belle infiorescenze di colore blu.

5)       Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum). Endemico di un ampio areale centrato essenzialmente sulle Alpi Orientali, è facilmente riconoscibile dal più comune Rododendro ferrugineo per l’evidente pelosità che ne riveste le foglie.

6)       Rododendro nano (Rhodothamnus chamaecistus). Altra pianta endemica del nord-est, dal fiore particolarmente bello e appariscente per la sua splendida colorazione rosata. E’ presente con frequenza nel lungo tratto compreso tra Passo Pertica e Bocchetta Mosca.

7)       Iberidella grassa (Thlaspi rotundifolium). Endemica dell’arco alpino, è una tipica pianta dei ghiaioni instabili. I fiori sono di colore violetto.

8) Androsace di Hausmann (Androsace hausmannii). L’osservazione di questo endemismo davvero raro del nordest non richiede prolungate ricerche in quanto posizionato proprio in coincidenza della vetta di Cima Carega. La piccola dimensione dei fiori la rende tuttavia non facile da identificare.

9) Ambretta del Garda (Knautia persicifolia). Endemica delle Alpi sudorientali, con areale centrato per lo più sui monti attorno al lago di Garda, è osservabile a lato della strada bianca che sale dal Rifugio Passo Pertica al Rifugio Scalorbi.

Altre piante:

1)       Stella alpina (Leontopodium alpinum). La pianta simbolo delle Alpi è presente sulle pendici sommitali di Cima Carega.

2)  Godiera (Goodyera repens). Orchidea molto rara, dei climi freddi, di taglia ridotta e quindi poco osservabile in quanto predilige, per giunta, posizioni molto ombreggiate nei boschi di pino nero o pino silvestre. Lungo il percorso decritto è segnalata nella prima parte di sentiero tra l'Albergo Alpino Revolto e l'innesto sulla forestale per il Rifugio Passo Pertica.

3)       Camedrio alpino (Dryas octopetala)

4)       Primula orecchia d’orso (Primula auricula), dalle inconfondibili foglie farinose. E’ presente in abbondanza nelle rupi verticali e nei prati calcarei compresi tra Passo Pertica e il Rifugio Scalorbi.

5)       Ranuncolo alpestre (Ranunculus alpestris), presente tra i detriti nella frazione compresa tra Bocchetta Mosca e il Rifugio Fraccaroli.

6)       Vedovella celeste (Globularia cordifolia) a tratti abbondante, ad esempio presso Passo Pertica.

7)       Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata)

8)       Sassifraga aranciata (Saxifraga mutata) nelle rupi strapiombanti che sovrastano il tratto di carrareccia compreso tra Passo Pertica e l’Alpe di Campobrun.

9)       Petrocallide dei Pirenei (Petrocallis pyrenaica). Splendida pianta che forma cuscinetti trapuntati da numerosi, piccoli fiori rosa. Rara per lunghi tratti delle Alpi, è presente sul gruppo Carega con particolare abbondanza. E’ facilmente osservabile sia presso la cima che sulle rocce a lato del sentiero che sale dalla Bocchetta Mosca.

10)   Vedovella alpina (Globularia nudicaulis), presente nei prati presso il Rifugio Scalorbi; da non confondere con Globularia cordifolia, anch’essa presente lungo questo itinerario.

11)   Primula odorosa (Primula veris)

12)   Viola gialla (Viola biflora)

13)   Ranuncolo erba-tora (Ranunculus thora)

14)   Vulneraria (Anthyllis vulneraria)

15)   Pinguicola alpina (Pinguicula alpina)

16)   Pero corvino (Amelanchier ovalis)

17)   Poligala comune (Polygala vulgaris)

18)   Farfaro (Tussilago farfara)

19)   Colombina gialla (Pseudofumaria lutea)

20)   Biscutella montanina (Biscutella leavigata)

21)   Arabetta stellata (Arabis bellidifolia)

22)   Clematide alpina (Clematis alpina)

23)   Nontiscordardimé (Myosotis alpestris)

24)   Genzianella (Gentiana verna)

25)   Genziana di Clusius (Gentiana clusii)

26)   Soldanella alpina (Soldanella alpina)

27)   Soldanella del calcare (Soldanella minima), da non confondersi con la precedente dalla quale si distingue per le minori dimensioni, la colorazione bianca della corolla e lo stilo non sporgente.

28)   Arabetta alpina (Arabis alpina)

29)   Iberidella alpina (Hornungia alpina)

30)   Ormino dei Pirenei (Horminum pyrenaicum)

31)   Erica carnea (Erica carnea)

32)   Aquilegia scura (Aquilegia atrata)

33)   Anemone alpino (Pulsatilla alpina)

34)   Bosso strisciante (Polygala chamaebuxus)

35)   Croco (Crocus vernus)

36)   Valeriana delle rupi (Valeriana saxatilis)

37)   Nido d’uccello (Neottia nidus-avis), presente nei boschi della frazione iniziale, tra l’Albergo Alpino Revolto e Passo Pertica.

38)   Orchide macchiata (Dactylorhiza maculata), presente nei boschi della frazione iniziale, tra l’Albergo Alpino Revolto e Passo Pertica.

39)   Listera maggiore (Listera ovata), presente nei boschi della frazione iniziale, tra l’Albergo Alpino Revolto e Passo Pertica.

40)   Platantera comune (Platanthera bifolia), presente nei boschi della frazione iniziale, tra l’Albergo Alpino Revolto e Passo Pertica.

41)   Uva di volpe (Paris quadrifolia), presente nei boschi della frazione iniziale, tra l’Albergo Alpino Revolto e Passo Pertica.

42)   Giglio martagone (Lilium martagon), alla partenza nel sottobosco presso l’Albergo Alpino Revolto.

43)   Giglio di S.Giovanni (Lilium bulbiferum) presso la partenza, nei prati sottostanti l’Albergo Alpino Revolto.

44)   Campanula barbata (Campanula barbata)

45)   Dafne rosea (Daphne striata)

46)   Pepe di montagna (Daphne mezereum)

47)   Draba gialla (Draba aizoides)

48)   Carice minore (Carex humilis)

49)   Fragola di bosco (Fragaria vesca)

50)   Genziana alata (Gentiana utriculosa)

51)   Ginestra stellata (Genista radiata), nei pendii soleggiati subito oltre Passo Pertica.

52)   Scrofularia comune (Scrophularia canina) lungo la carrareccia subito oltre Passo Pertica.

53) Minuartia sedoide (Minuartia sedoides)

54) Laserpizio sermontano (Laserpitium siler)

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