Cima del Lago - Cima Redentore

VETTORETTO (m 2052)

PUNTA DI PRATO PULITO (m 2373)

CIMA DEL LAGO (m 2422)

CIMA DEL REDENTORE (m 2448)

PUNTA DEL DIAVOLO (m 2410)

CIMA DELL’OSSERVATORIO (m 2350)

A tratti affilata ed aerea, la lunga cresta culminante nella Cima del Redentore è percorsa da uno dei più spettacolari sentieri dell’Italia Centrale. L’ambiente d’alta montagna, il percorso aperto a panorami di enorme vastità, la straordinaria ricchezza della flora e la vista del sottostante Lago di Pilato fanno di questa escursione un’esperienza di straordinario impatto giustamente ambita e desiderata dai camminatori. Da rilevare la presenza di qualche tratto particolarmente sottile ed aereo nella percorrenza dell’esile crinale che unisce la Cima del Redentore alla Punta del Diavolo: questa frazione potrà essere omessa dagli escursionisti meno esperti decurtando l’avventura di una sola elevazione. E’ in ogni caso raccomandabile molta prudenza scegliendo per la salita una giornata dal tempo stabile. Trovandoci in pieno crinale appenninico il vento e la fitta nebbia sono spesso formidabili nemici, mentre i temporali sono assolutamente da evitare in quanto il percorso non presenta alcun riparo oltre ad essere estremamente esposto ai fulmini. La neve di norma non costituisce un problema nel periodo compreso tra giugno e ottobre. Mentre la conca del Lago di Pilato può presentarsi innevata anche ad inizio estate, il nostro percorso si svolge invece in piena cresta dove il vento e il sole ne determinano la scomparsa solitamente già a partire da maggio inoltrato. Semmai sono da evitare le giornate più calde ed afose in quanto la salita sino alla Sella delle Ciaule è del tutto rivolta verso il sole di mezzogiorno senza alcun tratto d’ombra e senza fonti d’acqua. In coda alla descrizione trovate un ampio resoconto della flora davvero unica che caratterizza queste vette: non a caso la salita si svolge all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, istituito per salvaguardare l’unicità della fauna e delle entità floreali della catena.

Dati tecnici:

Dalla Forca di Presta (m 1574): Difficoltà: EE  (Suddivisione difficoltà in base ai tratti: E sino alla Sella delle Ciaule – EE nel tratto in salita dalla Sella delle Ciaule alla Punta di Prato Pulito dove il sentiero è scosceso e poco evidente – EE l’affilata ed esposta cresta che unisce la Cima del Redentore alla Punta del Diavolo: è richiesto piede fermo e assenza di vertigini. – E tutte le altre frazioni in cresta anche se a tratti un po’ stretta ed aerea) (Vai alla scala delle difficoltà). - Segnaletica: totale, sebbene per lunghi tratti sia poco evidente e da tempo non curata (estate 2012); l’orientamento in caso di buona visibilità appare comunque molto facile in quanto il percorso segue in prevalenza il filo di cresta - Dislivello assoluto: m 874 – Dislivello reale nettamente superiore per via dei numerosi saliscendi nel tratto in cresta compreso tra la Punta di Prato Pulito e la Cima dell’Osservatorio – Acqua: del tutto assente con l’unico rifugio gestito in prossimità della partenza.

Accesso:

Da Ascoli Piceno seguiamo la SS n° 4 verso occidente transitando per Acquasanta Terme. Appena superato il paese di Trisungo, in prossimità di Arquata del Tronto, volgiamo dapprima a destra sulla SP n° 89 che manteniamo per pochi km transitando per le frazioni di Piedilama e Pretare. Ad un ulteriore bivio passiamo a sinistra sulla S.P 34 che conduce alla Forca di Presta (m 1574), alto valico di montagna in pieno crinale appenninico al confine di regione tra Marche ed Umbria (province di Ascoli Piceno e di Perugia). Numerose le possibilità di parcheggio con spiazzi molto ampi ai lati della strada. La Forca di Presta può naturalmente essere raggiunta anche dal versante umbro salendo da Castelluccio di Norcia al valico con la SP n°477.

Descrizione del percorso:

Dalla Forca di Presta (m 1574) seguiamo l’ampia mulattiera che sale ripida verso settentrione. Caratteristica di questa escursione sono le panoramiche davvero immense e aperte a grande distanza complice la totale assenza di alberatura sin dall’inizio del cammino. Pochi minuti di salita e immediatamente dominiamo sul versante umbro la Piana Grande e il paesino di Castelluccio di Norcia. La Piana Grande è in effetti un grande altipiano in quota (1250 – 1300 metri di quota circa), in parte coltivato per ottenere le famose lenticchie di Norcia: nel mese di luglio gli appezzamenti di terreno votati a questa coltivazione spiccano a grande distanza grazie alla moltitudine di fiori gialli che li caratterizzano.

La salita è nel complesso uniforme e costante, senza notevoli cambi di pendenza, permettendo di mantenere un passo regolare e continuo. Si segue grosso modo la linea di crinale (marciando quindi lungo il confine di regione), con il panorama dominato a nord dall’immensa mole della Cima del Redentore, uno degli obiettivi della nostra salita: osserviamo chiaramente il ripido pendio che dalla cima precipita verso occidente per oltre 1000 metri sulla sottostante Piana Grande. Più a destra della Cima Redentore scorgiamo la sommità del Vettore, massima elevazione dei Monti Sibillini. Guadagniamo progressivamente quota e la sensazione iniziale di un terreno arido e bruciato dal sole estivo si rivela sbagliata: nonostante la vegetazione bassa osserviamo una moltitudine di fiori con una flora che diviene progressivamente d’alta montagna. Ad un’ora dalla partenza il tracciato raggiunge un falsopiano: traversiamo a destra nella prateria aggirando un dosso erboso per poi riprendere l’ampio crinale con la vista verso nord sulla Cima del Redentore sempre più imponente. Si tratta di un breve pianetto quindi la mulattiera si impenna, questa volta molto ripidamente, risalendo in diagonale il pendio a destra. Nel mezzo della salita transitiamo presso la Croce Zilioli (m 1922) quindi nel proseguo osserviamo a sinistra un panorama d’insieme particolarmente avvincente e completo in direzione della Piana di Norcia. La salita si attenua sino a guadagnare un’ampia sella in parte ghiaiosa. Abbandoniamo momentaneamente il sentiero per volgere a destra e raggiungere in pochi passi il primo obiettivo della giornata: siamo sulla sommità arrotondata del Vettoretto (m 2052 – ore 1,30 dalla partenza) con ampio panorama verso sud esteso ai Monti della Laga e alla grandiosa sommità del Gran Sasso; da notare il ripido pendio che ricade in direzione della sottostante Forca di Presta. Verso nordest notiamo il proseguo della nostra ascensione con il sentiero che volge in salita verso il Rifugio Zilioli; possiamo già osservare distintamente la costruzione stagliarsi sulla cresta. Per raggiungere il rifugio ritorniamo brevemente sui nostri passi andando a riprendere la mulattiera, quindi volgiamo a destra con pendenza a tratti marcata andando a tagliare il pendio noto come Pratopulito. L’ultimo tratto prima del soprastante crinaletto è il più ripido con fondo detritico a tratti instabile; un ultimo sforzo e raggiungiamo il Rifugio Zilioli (m 2233) che precede di pochi metri la marcata sella denominata Forca delle Ciaule (m 2240 – ore 2,10 dalla partenza). Occorre osservare che il Rifugio Zilioli non è gestito e ha funzione unicamente di ricovero d’emergenza in caso di necessità legate ad esempio ad un eventuale cambiamento delle condizioni meteorologiche.

In coincidenza della Forca delle Ciaule ci affacciamo per la prima volta sul versante nord con il panorama che cambia completamente fisionomia aprendosi in una vasta conca circondata ad anfiteatro dalle montagne. A destra, partendo dalla Forca delle Ciaule, il crinale si impenna sino alla grande cima del Monte Vettore, massima elevazione delle Marche; verso sinistra il crinale si innalza invece in una bella sequenza di elevazioni la prima delle quali è la Punta del Prato Pulito per poi proseguire attraverso la Cima del Lago sino alla Cima del Redentore e al Pizzo del Diavolo. Questa lunga ed affilata cresta sarà teatro del proseguo della nostra escursione: cominciamo infatti a muovere verso sinistra in direzione della prima vetta. Il sentiero ricalca inizialmente il crinale battuto dai venti come evidente dalla vegetazione strisciante. Salendo si apre per la prima volta, sulla destra, un bel panorama in direzione della sottostante conca del Lago Pilato famoso in quanto, nella seconda parte della stagione, tende a dividersi in due parti distinte. Nel proseguo il crinale diviene più arduo e ripido: il sentiero, in questo breve tratto non molto marcato e con segnavia scoloriti, deborda a sinistra aggirando sotto cresta il tratto più sottile ed impervio. Prestando la debita attenzione a questo tratto dal fondo più instabile e smosso saliamo infine alla sommità della Punta di Prato Pulito (m 2373). Il panorama è più che mai ampio ed avvincente, sempre dominato alle spalle dal Monte Vettore e a nord dalla Punta del Diavolo a vigilare sulle acque del Lago Pilato.

Il proseguo del crinale appare più dolce e in parte erboso: la cima successiva dista infatti pochi minuti di cammino. Seguiamo l’evidente sentierino lungo il filo del facile crinale accedendo comodamente alla Cima del Lago (m 2422 – ometto di pietre sul punto più alto). La visione che si gode dalla sommità è davvero meritevole essendo la vetta prominente e precipite sul versante settentrionale. Il sèguito del crinale appare ora particolarmente dirupato, ridotto ad un’esile striscia esposta che sale sinuosa in direzione della Cima del Redentore. L’esposizione è in realtà meno accentuata delle apparenze: calando dalla cima alla sottostante sella notiamo con piacere come il tracciato sia infatti meno affilato del previsto. Nonostante il fondo per lo più roccioso e detritico non vi sono salti o balze impegnative ed in breve accediamo alla sottostante, marcata Forcella del Lago (m 2380) con bel colpo d’occhio in particolare verso il Monte Vettore. Proseguiamo riprendendo quota: descriviamo in effetti un ampio semicerchio attorno alla profonda conca del Lago Pilato. Passo dopo passo assecondiamo i modesti risalti dello spartiacque su percorso aereo ma in nessun caso tanto esposto da impedire il proseguo agli escursionisti. Il fondo permane detritico e a tratti attraversiamo fasce rocciose nelle quali si è insediata una tipica flora d’alta montagna, specializzata nell’affrontare i rigori legati all’altitudine e ai forti venti. La sensazione d’altitudine è acuita dalla profondità dei pendii che discendono dalla cresta: a sinistra il fianco della montagna precipita per circa 1000 metri prima di raggiungere la sottostante Piana Grande con il paese di Castelluccio mentre a destra si precipita, quasi a strapiombo, prima di raggiungere, 500 metri più in basso, la conca del Lago Pilato. Caratteristiche sono le fasce rocciose che tagliano trasversalmente le rocce sommitali di questo tratto di crinale. La vetta del Redentore appare ormai vicinissima: raggiungiamo un modesto risalto di cresta quindi perdiamo pochi metri per poi risalire l’ultimo breve strappo che permette l’accesso alla vetta (m 2448 – ore 3 dalla partenza). Siamo sulla massima elevazione dell’Umbria (provincia di Perugia), mentre il prospiciente Vettore è sì più alto, ma posto interamente in territorio marchigiano (provincia di Ascoli Piceno). La Cima del Redentore è in ogni caso la seconda vetta dei Monti Sibillini nonché un punto panoramico straordinario sulla sottostante piana di Castelluccio e sul lungo tratto di crinale fin qui percorso.

Il “cacciatore” di cime non si lascerà sfuggire l’occasione, a questo punto, per aggiungere altre due elevazioni alla già appagante camminata.

Proseguo sino alla Cima dell’Osservatorio:

La Cima dell’Osservatorio è particolarmente facile da raggiungere in quanto viene guadagnata in discesa dalla Cima del Redentore in appena 15 minuti proseguendo lungo il crinale spartiacque. Da notare che il sentiero cambia parte delle sue caratteristiche divenendo decisamente più ampio e meno aereo. Al tratto sommitale su pietraia e detriti segue, più in basso, una breve frazione su comodo fondo erboso sino ad accedere alla sommità, comunque piuttosto anonima in quanto non identificata da nessun ometto di pietre né da cartelli indicatori (m 2350). Sempre avvincente appare il panorama che offre un particolare scorcio sulle rocce verticali della Punta del Diavolo, una bella visione del settore settentrionale del gruppo montuoso nonché un'ampia visione della Piana Grande con il paese di Castelluccio di Norcia.

Raggiungimento della Punta del Diavolo:

La seconda cima conquistabile è la Punta del Diavolo la cui via di salita ha inizio dalla Cima del Redentore. Per chi ha raggiunto la Cima dell’Osservatorio si tratta di tornare a ritroso sino alla massima elevazione dell’Umbria per poi abbandonare lo spartiacque principale seguendo il breve ma aereo crinale proteso verso oriente come un sottile istmo. Si tratta di un percorso ardito e a tratti assai esposto; l’escursionista meno esperto farà bene ad accontentarsi della salita alle cime precedentemente descritte mentre per i più esperti il raggiungimento della Punta del Diavolo costituisce il coronamento di un’avventura eccezionale. La natura sembra infatti aver creato ad arte un balcone naturale posto a picco sulla conca del Pilato. La Punta del Diavolo si erge infatti proprio sulla verticale del piccolo specchio d’acqua. Il percorso non presenta tratti d’arrampicata ma l’esposizione richiede piede fermo e assoluta assenza di vertigini.

Il primo tratto è in breve discesa dal Redentore per poi seguire fedelmente il sottile filo dell’esilissimo crinale. Il tracciato appare stretto ma in pratica piano e lineare con la Punta del Diavolo ben visibile di fronte a noi. Subito oltre la cresta diviene più articolata ed appare evidente che per guadagnare la cima dovremo transitare per un’anticima rocciosa. Scendiamo dapprima ad un’angusta forcelletta esposta: sul ripidissimo pendio che precipita dalla sella verso settentrione la neve permane per buona parte della stagione estiva. Prestando molta attenzione guadagniamo la succitata anticima, quindi assecondiamo la dirupata cresta aggirandola a destra per un breve tratto grazie ad una costola rocciosa esposta sul salto rivolto a meridione. Restano gli ultimi metri di salita: scavalchiamo un breve passaggio roccioso in pieno crinaletto particolarmente sottile ed esposto per accedere infine alla sommità (m 2410 – libro di vetta - ore 0,20 dalla Cima del Redentore – ore 3,50 complessive considerando l’andata e il ritorno alla Cima dell’Osservatorio). Il panorama appare ampio ed avvincente verso il Vettore ad oriente e sulle cime del crinale percorso in precedenza verso meridione e occidente. Per scorgere il Lago Pilato occorre esporsi oltre la cima protendendosi verso il vertiginoso salto che dalla vetta precipita ad oriente direttamente sulla verticale dello specchio d’acqua. Da notare che per arrivare a scorgere il lago bisogna scendere per alcuni metri dalla cima su fondo instabile e franoso: un errore sull’instabile pendio e… si precipita direttamente al lago, con il pendio che conduce direttamente al salto verticale e strapiombante sulla sottostante conca! E’ più che mai necessario piede fermo e assenza di vertigini altrimenti è meglio fermarsi in vetta e tornare a ritroso.

Tempi di percorrenza:

Considerando il ritorno alla partenza è possibile eseguire l’intero percorso descritto, comprese le aggiunte alla Cima dell’Osservatorio e alla Punta del Diavolo, in 7 ore circa. Decurtando l’itinerario delle due deviazioni i tempi si abbreviano considerevolmente: raggiungendo unicamente la Cima del Redentore sono sufficienti 5 ore circa di cammino (3 per l’andata e circa 2 per il ritorno).

Nota per gli instancabili:

Chi lo desidera può, sulla via del ritorno, eseguire un’ulteriore deviazione per calare al Lago Pilato. Lo specchio d’acqua è famoso per essere l’unico lago naturale delle Marche e per l’esistenza nelle sue acque di un gamberetto endemico (Chirocefalo del Marchesoni) che trova in esso il suo habitat ideale. Si accede al lago in discesa dalla Forca delle Ciaule; per la descrizione del percorso e le relative fotografie rimandiamo alla descrizione della via di salita al Vettore.

Cenni sulla flora:

La flora osservabile lungo questo percorso merita un capitolo approfondito. Siamo nell’ambito del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, una zona protetta d’elevato valore naturalistico. Particolarmente sorprendente è la concentrazione, su queste montagne, di piante rare o endemiche ad impreziosire e caratterizzare la salita. Soprattutto l’escursionista abituato ad Alpi e Prealpi resterà sorpreso nell’osservare entità “nuove”, mai osservate o comunque molto rare al settentrione. Passiamo in rassegna le più evidenti anche per l’escursionista non esperto in materia.

Piante endemiche:

1) Stella alpina dell’Appennino (Leontopodium nivale); raro, splendido endemismo con areale ristretto al crinale Monte Vettore – Cima del Redentore oltre che ai gruppi del Gran Sasso e della Maiella in Abruzzo. Un tempo considerata sottospecie della Stella alpina, ne differisce per la pelosità più accentuata e le dimensioni minori. Nonostante l’areale estremamente ristretto è osservabile lungo il percorso descritto con relativa facilità; concentra la sua presenza oltre i 2000 metri, lungo i crinali sommitali, in particolare presso la Forca delle Ciaule e tra la Cima del Redentore e la Cima dell’Osservatorio.

2) Pedicolare appenninica (Pedicularis elegans); bella pianta endemica dell’Appennino Centro – Meridionale presente con i suoi fiori rosa – violetti sin dai prati aridi presso la partenza fino alla Forca delle Ciaule.

3) Glasto di Allioni (Isatis allioni); splendido endemismo dei ghiaioni e delle pietraie dell’Appennino Centrale con un areale disgiunto sulle Alpi Occidentali. Le belle fioriture gialle della pianta in questione caratterizzano in particolar modo le sponde del Lago Pilato. Sono comunque presenti alcuni esemplari anche lungo il percorso descritto ad esempio nel tratto di salita che dalla Forca delle Ciaule conduce alla Punta di Prato Pulito e presso la vetta della Punta del Diavolo.

4) Genepì appenninico (Artemisia eriantha); un altro raro endemismo concentrato essenzialmente su Sibillini, Gran Sasso e Majella con areale disgiunto sulle Alpi Marittime. Le splendide foglie vellutate della pianta in questione sono presenti nel settore di crinale tra la Forca delle Ciaule e la Cima dell’Osservatorio.

5) Viola di Eugenia (Viola eugeniae); endemica dell’Italia peninsulare dalla Romagna sino al Molise e alla Campania. E’ assai frequente lungo l’intero percorso compresa la fascia sommitale.

6) Campanula graminifolia (Edraianthus graminifolius); endemismo dell’Appennino Centro Meridionale tipico dei pascoli sassosi aridi d’alta montagna osservabile tra la partenza e la Croce di Zilioli.

7) Vedovella appenninica (Globularia meridionalis); endemismo dell’Italia peninsulare, dalle Marche alla Calabria, presente nei prati aridi subito a monte della Forca di Presta.

8) Violaciocca appenninica (Erysimum pseudorhaeticum); endemica dell’Appennino Centro Settentrionale colora, con le sue infiorescenze gialle, i prati aridi presso la Forca di Presta.

9) Adonide curvata (Adonis distorta); uno degli endemismi più remoti dell'Appennino Centrale. La sua presenza si limita alle cime del Gran Sasso, Majella, Velino e Sibillini. Lungo l'itinerario descritto è presente nel tratto di crinale che dalla Cima del Redentore cala alla Cima dell'Osservatorio, nel versante rivolto verso il Lago di Pilato.

Altre specie di montagna non endemiche ma comunque rare o caratteristiche:

1)  Androsace appenninica (Androsace villosa); sebbene diffusa in diverse regioni resta ugualmente una pianta molto rara. Caratteristico è il suo aspetto a cuscinetto e la presenza, nei mesi di giugno – luglio, di moltissimi fiorellini con fauci di diverso colore anche sulla stessa pianta. Diversi pulvini sono osservabili in coincidenza e negli immediati dintorni della Sella delle Ciaule.

2) Genziana appenninica (Gentiana dinarica), dagli splendidi fiori di colore blu intenso. Una bella stazione è presente presso la cima del Vettoretto.

3)  Sassifraga rossa (Saxifraga oppositifolia subsp.latina). Un’altra pianta in grado di resistere ai rigori del clima grazie al suo portamento strisciante. E’ presente una piccola stazione lungo la cresta rocciosa compresa tra la Forcella del Lago e l’omonima sommità.

4)  Sassifraga granulosa (Saxifraga granulata) nei prati compresi tra la partenza e la Croce di Zilioli.

5)  Sassifraga bulbifera (Saxifraga bulbifera) nei prati compresi tra la partenza e la Croce di Zilioli.

6)  Genziana maggiore (Gentiana lutea) presente, con parecchi esemplari, nei prati subito a valle della Croce di Zilioli.

7) Dripide comune (Drypis spinosa) agli inconfondibili cespugli rotondeggianti costellati di fiori bianchi; è presente ad inizio percorso subito a monte della Forca di Presta.

8) Valeriana tuberosa (Valeriana tuberosa), in grandissima quantità nei prati compresi tra la partenza e Croce di Zilioli.

9)  Semprevivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum), dalle caratteristiche rosette coperte da sottilissimi fili che ricordano quelli di una ragnatela. Presente nei prati aridi tra Forca di Presta e Croce di Zilioli.

10) Genzianella (Gentiana verna) nei prati aridi tra Forca di Presta e Croce di Zilioli.

11) Orchidea sambucina (Dactylorhiza sambucina) nei prati aridi tra Forca di Presta e Croce di Zilioli.

Altre specie osservate:

1)  Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata).

2) Carice minore (Carex humilis).

3) Narciso selvatico (Narcissus poeticus).

4) Vulneraria montana (Anthyllis montana).

5) Scilla bifoglia (Scilla bifolia).

6) Draba gialla (Draba aizoides).

7) Silene a cuscinetto (Silene acaulis).

8) Anemone alpino (Pulsatilla alpina).

9) Senecio mezzano (Senecio doronicum).

10) Carlina segnatempo (Carlina acaulis).

11) Bugola (Ajuga reptans).

Orchidee presso Forca di Presta:

Meritano un cenno, anche se non attraversati dal sentiero descritto, i prati aridi immediatamente a valle della Forca di Presta, lungo la provinciale che sale da Arquata del Tronto. A meno di un km dal passo abbondano, tra la vegetazione rada, le orchidee. Una sosta è senz’altro raccomandabile a tutti gli amanti della flora. Fra le varie specie ricordiamo:

1) Orchidea screziata (Neotinea tridentata).

2) Orchide bruciacchiata (Neotinea ustulata). Sebbene diffusa in gran parte delle regioni italiane, resta per ampi tratti un’orchidea assai rara e di grande effetto dal punto di vista estetico.

3)  Neotinea tridentata x ustulata (Neotinea x dietrichiana). E’ l’ibrido derivante dalle due precedenti orchidee le quali sono strettamente imparentate. Negli stessi prati convivono tutte e tre le forme. L’ibrido si presenta in varie forme oscillanti verso l’una o l’altra specie.

4) Orchidea delle zanzare (Gymnadenia conopsea).

5) Orchide gialla (Orchis pauciflora).

6) Giglio caprino (Anacamptis morio).

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