Focoletta - Tambura

FOCOLETTA (m 1672)

TAMBURA (m 1890)

Imponente e grandioso, il Monte Tambura stupisce sempre per il suo profilo roccioso e quel suo aspetto impervio e selvaggio. Si tratta della seconda cima più alta delle Alpi Apuane ma nonostante ciò è ben raggiungibile dagli escursionisti soprattutto salendo dal Passo della Focolaccia. Nella descrizione che segue si suggerisce tuttavia una via di salita diversa dalla classica. Avrete modo di conoscere il versante più incontaminato e primordiale della montagna evitando le antiestetiche cave di marmo della Focolaccia che nel corso degli anni stanno sempre più devastando il profilo del crinale. Se si eccettua il breve passaggio per l’ormai abbandonata Cava Formignacola, l’intera salita sorprende per l’aspetto ancora naturale e per l’imponenza delle pendici risalite. Si sfrutta per un tratto il tracciato dell’antica “Via Vandelli” realizzata addirittura tra il 1738 e 1781 nell’ambito di quello che, all’epoca, era il Ducato di Modena. Suggeriamo la salita per i mesi di maggio, giugno oppure in autunno evitando il caldo intenso del periodo estivo e l’innevamento che spesso interessa il settore sommitale per buona parte della primavera.

L’escursione in breve:

Campocatino (m 1006) - S.Viano (m 1090) - Cava Formignacola - innesto sentiero 35 - Passo della Tambura (m 1620) - Monte Focoletta (m 1672) - Passo della Tambura (m 1620) - Monte Tambura (m 1890)

Dati tecnici:

Partenza da Campocatino (m 1006): Difficoltà: EEA (Suddivisione in base ai tratti: da Campocatino alla Cava Formignacola: EEA con breve tratto attrezzato esposto; dalla Cava Formignacola al Passo della Tambura: E; dal Passo della Tambura al Monte Focoletta: EE con passaggi di 1° grado; dal Passo della Tambura al Monte Tambura: E) (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 884. Acqua: alla partenza e appena 50 metri sotto il Passo della Tambura dopo un paio d’ore di cammino.

Accesso:

Si accede alla partenza da Castenuovo Garfagnana seguendo per 7,5 km la vecchia statale in direzione nordovest (verso la testata della valle). In località Poggio si volge a sinistra risalendo lo stretto solco vallivo scavato dal Torrente Edron. Si raggiunge il Lago artificiale di Vagli e si procede fino al paese di Vagli di Sopra. Volgiamo a destra risalendo su strada stretta ma in buone condizioni sino alla minuscola frazione di Campocatino dove la strada ha termine. L’ambiente è particolarmente suggestivo: il minuscolo villaggio pastorale appare dominato dall’impressionante parete della Roccandagia. Lo stesso paese di Campocatino desta ammirazione: le vecchie case di pietra sono state ristrutturate in modo eccellente; è inoltre presente un punto di ristoro aperto nella bella stagione. Le possibilità di parcheggio sono piuttosto limitate è quindi bene raggiungere la frazione abbastanza presto altrimenti si dovrà parcheggiare nei rari spiazzi presenti lungo la strada d’accesso.

Descrizione del percorso:

Dal parcheggio si raggiunge in pochi metri la minuscola piazzetta di Campocatino (m 1006). Tralasciamo il proseguo per il Passo della Focolaccia (sentiero n°177) volgendo a sinistra, con indicazioni per il Passo della Tambura (segnavia n°147). La mulattiera prende quota tra i prati offrendo immediatamente un bel colpo d’occhio in direzione del sottostante, non lontano Lago di Vagli. Alle spalle apprezziamo come Campocatino sia posto attorno ad un’ampia e verdeggiante conca prativa. Poco sopra intercettiamo e seguiamo verso sinistra un’ampia strada bianca chiusa al traffico dalla quale abbiamo uno scorcio in direzione della soprastante Penna di Campocatino. Il tratto su carrareccia è tuttavia breve: abbandoniamo il proseguo che condurrebbe in qualche minuto alla chiesa di S. Viano per passare sul sentiero segnato che rimonta il pendio a destra. Siamo ora nel folto del bosco con il sentiero che serpeggia tra la vegetazione che a tratti arriva quasi a soffocare il percorso. In compenso la salita lascia spazio ad una sequenza di saliscendi con scarsi dislivelli. Si tratta in effetti di un lungo traverso a mezza costa con il percorso che asseconda i canaloni che incidono il pendio. Tra i passaggi che interrompono la monotonia del bosco ricordiamo, nel tratto iniziale, una breve discesa con grande costone roccioso sulla destra dove si è insediata la rara ed endemica Pinguicula apuanae. Si incontrano poi due recinzioni metalliche che vengono scavalcate grazie ad altrettante scale in legno. Dopo circa un’ora di cammino il sentiero si porta sul ciglio di un impressionante salto verticale. Provvidenzialmente è stato aggiunto un parapetto in legno che impedisce d’esporsi sul salto che precipita nella sottostante Valle d’Arnetola. Ancora una breve frazione boschiva (fune come corrimano in un breve tratto stretto) e siamo alla base di un ripidissimo canale terroso. Lo rimontiamo volgendo verso destra, molto ripidamente, sino a raggiungere la base di una parete rocciosa. Assecondiamo la rupe procedendo in diagonale ascendente, agevolati dalla presenza della fune metallica fissa, quindi il percorso volge con decisione a sinistra affrontando una serie di placche inclinate piuttosto esposte. La presenza della fune metallica si rivela provvidenziale: è in ogni caso necessaria molta attenzione, particolarmente se il fondo dovesse risultare bagnato, per via della roccia inclinata e scivolosa. Con piede fermo e molta cautela superiamo il breve tratto ferrato accedendo al soprastante terrazzo dove si apre la vista del crinale con la cima dell’Alto di Sella. L’alberatura cede il passo alle rocce della cava abbandonata di Formignacola. Osserviamo l’accecante marmo bianco che emerge nei tagli di cava: purtroppo la devastazione delle attività minerarie non può che rattristare. Fortunatamente si tratta dell’unico breve tratto della nostra salita ad essere danneggiato dall’intervento umano. Traversiamo oltre la cava sino al bivio con il sentiero 35 (ore 1,20 dalla partenza).

Seguiamo il segnavia 35 verso destra seguendo la famosa Via Vandelli: in moderata salita affrontiamo i tornanti del percorso permanendo nel bosco di faggi. Per lunghi tratti la mulattiera, ampia e comoda, è sostenuta dai muri a secco del progetto originario della Via Vandelli: rimandiamo in coda alla descrizione per ulteriori particolari su questo bellissimo percorso di grande importanza storica. Guadagnando quota il bosco diviene meno denso e a tratti attraversiamo pendii detritici privi di vegetazione. Siamo ora dominati dalle impressionanti pendici del Monte Tambura. In breve usciamo dalla fascia boschiva per procedere in ambiente roccioso selvaggio ed alpestre. Le soprastanti cime appaiono quasi opprimenti con la loro gigantesca mole di marmo: in questa frazione si può ben comprendere il perché dell’appellativo “Alpi” Apuane. La roccia appare infatti prevalente nonostante l’altitudine non così elevata. Guadagnando quota si aprono nuovi orizzonti: in particolare verso meridione appare l’inconfondibile mole del Monte Sumbra con, appena alla sua destra, la piramide erbosa del Monte Fiocca. Verso l’orizzonte orientale si staglia il lungo crinale appenninico tosco emiliano.

Nel settore superiore della salita l’ambiente roccioso concede una tregua: sono infatti presenti alcune conche prative che, ad inizio estate, si colorano delle meravigliose fioriture delle primule e delle genziane. Questi modesti prati d’altitudine sembrano essere un’oasi in un universo di pietra nuda e desolata. In ambiente suggestivo ed impressionante per le sue similitudini con quello alpino guadagniamo una sorgente, l’unica dell’intero percorso: siamo a meno di 50 metri di dislivello dal soprastante Passo della Tambura che appare ormai a portata di mano. Il sentiero accosta dapprima la grande parete orientale del Monte Focoletta. Trascurato il bivio segnalato a sinistra per la Foce dell’Acqua Fredda guadagniamo infine il Passo della Tambura (m 1620 – ore 2,20 dalla partenza) dove per la prima volta possiamo affacciarci sul versante versiliese. Notiamo il litorale toscano mentre svetta verso nordovest l’inconfondibile profilo del Monte Sagro. Possiamo ora salire due distinte vette: il Monte Tambura e il Focoletta. Segue la descrizione d’entrambe le salite.

Salita al Monte Tambura:

Dal Passo della Tambura possiamo già osservare il lungo e sinuoso crinale che conduce al punto più alto assecondando due risalti della cresta prima di accedere alla cupola sommitale. Seguiamo il sentiero, stretto ma estremamente panoramico, che in pratica mantiene la linea di displuviale discostandosi brevemente sul versante garfagnino nei tratti più impervi. La vista, sia alle spalle verso l’Alto di Sella e il Sumbra che verso settentrione ammirando il Monte Sagro, ci accompagnerà sino in vetta. Nonostante la pendenza a tratti marcata non vi sono da rilevare difficoltà di alcun genere. Nelle giornate serene l’ascensione è un vero piacere offrendo panoramiche sempre più vaste ed estese: a destra del Sagro appaiono, progressivamente, le pendici del Monte Contrario e del Monte Cavallo. Un soggetto particolarmente attraente è dato dalla vista del bel Lago di Vagli.

Guadagniamo il primo risalto di crinale dal quale la cima della Tambura appare più che mai attraente. Con un sottile gioco d’equilibri procediamo lungo la displuviale che sorprende, passo dopo passo, per la facilità con cui può essere percorsa. Il sentiero, sconnesso ma mai esposto, raggiunge un secondo culmine secondario proprio di fronte alla cupola sommitale. L’ultimo tratto d’ascensione deborda ora sul versante versiliese sino a guadagnare infine l’ampia cima rocciosa (m 1890 – ore 1 dal Passo della Tambura - ore 3,20 dalla partenza). Vasto ed avvincente appare il panorama, senz’altro uno dei più completi dell’intero gruppo montuoso. Verso settentrione è visibile la massima cima delle Alpi Apuane, il Monte Pisanino con, alla sua sinistra, la lunga cresta del Monte Cavallo. Subito sotto la cima si apre il vasto altipiano d’assorbimento carsico detto Carcaraia mentre un ardito crinale, partendo dalla Tambura, si sviluppa esile e roccioso sino alla cima della Roccandagia. La catena appenninica chiude l’orizzonte orientale. Da notare la visione, sul versante garfagnino, del Lago di Gramolazzo e del Lago di Vagli.

Salita al Monte Focoletta:

Per salire al Focoletta occorre rientrare a ritroso al Passo della Tambura (m 1620). Si scende pochi metri sotto al valico sino al bivio già incontrato in salita per la Foce dell’Acqua Fredda. Abbandoniamo la Via Vandelli per scegliere questa opportunità salendo ripidamente lungo i prati che fanno da quinte al versante orientale del Focoletta. Raggiunto il soprastante culmine prativo abbandoniamo il sentiero che procederebbe scendendo lungo l’esile crinale (bel panorama verso l’Alto di Sella). Passiamo a destra, senza tracce né segnaletica, ma con la sommità ben visibile in quanto posizionata a breve distanza. Aggiriamo a sinistra un paio di risalti rocciosi del crinaletto raggiungendo dopo pochi metri la selletta posizionata subito sotto la cima. Restano una ventina di metri di dislivello da risalire per mezzo di un ripido canale franoso posto sulla destra (versante della Garfagnana). Il fondo è un po’ instabile ma con attenzione lo si rimonta sino a riprendere il filo di cresta. Gli ultimi metri sono su roccia solida un po’ esposta ma in arrampicata non difficile (intorno al 1° grado). Si accede così al culmine del Focoletta, montagna in generale poco nota e poco salita in quanto considerata una modesta elevazione di transito fra l’Alto di Sella e il Monte Tambura (m 1672 – ore 0,20 dal Passo della Tambura). Il rientro avviene a ritroso.

La salita al Focoletta, considerata l’esposizione e il fondo instabile è da consigliarsi ad escursionisti esperti e privi di vertigini. Per i meno esperti la salita può essere omessa limitandosi alla scalata del Monte Tambura. Da notare che l’intera escursione, includendo entrambe le vette, impegna, considerando l’andata e il ritorno, per circa 7 ore.

La “Via Vandelli”

Una parte del percorso descritto sfrutta, come accennato nella descrizione, il tracciato dell’antica Via Vandelli. Realizzata tra il 1738 e il 1781 fu ideata dall’ingegnere Domenico Vandelli. La zona era infatti, all’epoca, sotto la dominazione del Ducato di Modena il cui territorio interessava le province di Modena, Reggio Emilia oltre alla Garfagnana e al tratto di costa oggi appartenente alla provincia di Massa Carrara. Per motivazioni di natura militare ed economica fu all’epoca finanziato il progetto di costruzione della strada che doveva permettere un accesso sicuro al mare unendo Modena a Massa. Considerati i mezzi dell’epoca si trattò di un’opera straordinaria. Il punto più elevato della strada è dato proprio dal Passo della Tambura, valico toccato nella nostra escursione. Malgrado le intemperie e il peso del tempo, per lunghi tratti è ancora in essere il tracciato originario della strada. Questo è particolarmente vero nell’ambito delle Alpi Apuane dove le robuste massicciate di pietre a secco del progetto originario si sono perfettamente conservate e anzi, la realizzazione del sentiero CAI n° 35 ne permette l’osservazione come in un grande museo a cielo aperto percorribile a piedi o a cavallo.

Cenni sulla flora:

Le Alpi Apuane sono ben note per la grande ricchezza floreale che ne caratterizza le pendici. Non mancano alcuni elementi endemici senz’altro legati all’esclusività di quest’area, molto vicina al mare ma con caratteristiche d’alta montagna nei settori sommitali. Elenchiamo di seguito alcune delle principali entità osservate in occasione della salita.

Dalla partenza sino alla Cava Formignacola:

1)       Pinguicola delle Apuane (Pinguicula apuana). Entità endemica stretta delle Alpi Apuane, presente nelle rupi a destra del sentiero poco oltre il bivio per San Viano dopo meno di mezz’ora dalla partenza.

2)       Cerastio apuano (Cerastium apuanum), entità endemica delle Alpi Apuane dai petali bianchi profondamente divisi.

3)       Erba perla rupestre (Moltkia suffruticosa). Subendemismo apuano dalle inconfondibili infiorescenze blu; al di fuori delle Alpi Apuane è conosciuto solamente per la zona dei Monti del Grappa (Veneto).

4)       Sassifraga a foglie rotonde (Saxifraga rotundifolia)

5)       Sassifraga bulbifera (Saxifraga bulbifera)

6)       Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata)

7)       Sassifraga meridionale (Saxifraga lingulata) presente con particolare abbondanza nelle rupi verticali presso la Cava Formignacola. Spettacolare, nel mese di giugno, la ricchissima fioritura a grappolo.

8)       Sassifraga annuale (Saxifraga tridactylites)

9)       Silene fior di cuculo (Lichnis flos-cuculi)

10)   Garofano dei certosini (Dianthus carthusianorum), abbondante nei prati presso Campocatino.

11)   Moehringia muscosa (Moehringia muscosa)

12)   Dafne laurella (Daphne laureola)

13)   Silene sassifraga (Silene saxifraga)

14)   Carice minore (Carex humilis)

15)   Asfodelo montano (Asphodelus albus) nei prati presso il bivio per S.Viano.

16)   Erica carnea (Erica carnea)

17)   Listera maggiore (Listera ovata)

18)   Orchide macchiata (Dactylorhiza maculata)

19)   Erba roberta (Geranium robertianum)

20)   Pigamo colombino (Thalictrum aquilegifolium)

21)   Saponaria rossa (Saponaria ocymoides)

22)   Nontiscordardime (Myosotis alpestris)

Dalla Cava Formignacola al Passo della Tambura:

1)       Peonia selvatica (Paeonia officinalis) presente nella faggeta lungo la Via Vandelli. Spettacolari sono i grandi fiori fucsia nel periodo della fioritura che solitamente avviene, in questa zona, nel mese di giugno.

2)       Vedovella delle Apuane (Globularia incanescens); endemismo delle Alpi Apuane e dell’Appennino Tosco Emiliano dagli inconfondibili capolini globosi di colore blu che incanutiscono prima della completa sfioritura.

3)       Arenaria di Bertoloni (Arenaria bertolonii); endemismo appenninico che raggiunge in Toscana e in Emilia il limite settentrionale di diffusione. Cresce nelle rocce e presenta fiori di colore bianco.

4)       Dafne spatolata (Daphne oleoides)

5)       Primula odorosa (Primula veris)

6)       Primula orecchia d’orso (Primula auricula), presente nelle rocce a breve distanza dal Passo Tambura.

7)       Soldanella alpina (Soldanella alpina) nelle conche prative poco a valle del Passo della Tambura.

8)       Erba trinità (Hepatica nobilis)

9)       Anemone alpino (Pulsatilla alpina) nelle rocce presso il Passo della Tambura.

10)   Orchide maschia (Orchis mascula)

11)   Orchis colemanii (Orchis colemanii)

12)   Pepe di montagna (Daphne mezereum)

13)   Bosso strisciante (Polygala chamaebuxus)

14)   Cicerchia primaticcia (Lathyrus vernus)

15)   Scilla bifoglia (Scilla bifolia)

16)   Viola del pensiero (Viola tricolor)

17)   Cinquefoglia fragola-secca (Potentilla micrantha)

18)   Colombina bianco gialla (Corydalis ochroleuca)

Dal Passo della Tambura alla cima del Monte Tambura:

1)       Caglio delle Apuane (Galium paleoitalicum); splendido endemismo apuano rilevabile tra le rocce del crinale caratterizzato da cuscinetti molto compatti trapuntati da numerosi piccolissimi fiorellini a quattro petali.

2)       Silene lanuginosa (Silene lanuginosa); endemismo stretto dei più tipici delle Alpi Apuane, trae il suo nome dalla lanugine biancastra presente sul bordo delle foglie. Cresce sulle rocce ad esempio in prossimità del Passo della Tambura.

3)       Draba di Bertoloni (Draba aspera); endemismo delle Alpi Apuane molto simile nell’aspetto alla più comune Draba aizoides. Quest’ultima presenta tuttavia steli glabri mentre in Draba aspera si nota lungo gli steli una fitta pubescenza permettendo così una facile distinzione fra le due specie.

4)       Vedovella celeste (Globularia cordifolia) presente sull’intero arco alpino e sulle Alpi Apuane. Può essere confusa con Globularia incanescens anch’essa rilevata lungo il percorso descritto. Quest’ultima presenta tuttavia foglie di forma ben diversa (foglie spatolate).

5)       Sassifraga rossa (Saxifraga oppositifolia subsp.latina) presente con particolare abbondanza lungo l’intero crinale sommitale. La sottospecie “latina” è endemica delle Alpi Apuane e dell’Appennino centro – settentrionale.

6)       Iberidella alpina (Hornungia alpina)

7)       Genzianella (Gentiana verna)

8)       Genziana di Clusius (Gentiana clusii)

9)       Camedrio alpino (Dryas octopetala)

10)   Doronico di colonna (Doronicum columnae)

11)   Vulneraria montana (Anthyllis montana)

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