Ferrara

SPALLA DEL FERRARA (m 2222)

MONTE FERRARA (m 2258)

Le Dolomiti Friulane, tutelate da un parco istituito nel 1996, offrono un ambiente straordinariamente selvaggio e in sostanziali condizioni di integrità dove risulta ancora possibile camminare per ore senza incontrare persone. Nulla a che vedere con i più famosi gruppi delle Dolomiti, presi d’assalto dai turisti nella bella stagione. Le forme particolarmente aspre delle cime, caratterizzate da guglie e pinnacoli rocciosi, riducono moltissimo le possibilità per gli escursionisti di raggiungere le cime circostanti. Le eccezioni sono poche e tra esse merita speciale menzione il Monte Ferrara. Questa bella cima è raggiunta da un sentiero che attraversa zone di rara bellezza e solitudine. Consigliamo l’ascesa in estate e ad inizio autunno evitando i periodi nei quali l’innevamento è abbondante. Le difficoltà sono contenute e si limitano ad una leggera esposizione nel tratto che unisce la Spalla del Ferrara al Monte Ferrara.

L’escursione in breve:

Parcheggio in Val Meluzzo (m 1163) – innesto sentiero 370 – Val Sciol De Mont – Forcella della Lama (m 1935) – Spalla del Ferrara (m 2222) – Monte Ferrara (m 2258)

Dati tecnici:

Partenza dal parcheggio in Val Meluzzo (m 1163): Difficoltà: EE (E sino alla Forcella della Lama; EE nel tratto successivo con qualche tratto su detrito leggermente esposto) (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale con segnavia sino alla Forcella della Lama; ometti di pietre e qualche segnavia nel tratto successivo su percorso comunque ben evidente. Dislivello assoluto: m 1103. Acqua sul percorso: assente.

Accesso alla partenza:

Chi utilizza l’autostrada dovrà percorrere interamente la A27 sino al suo termine in località Pian di Vedoia per poi procedere sulla SS 51 d’Alemagna in direzione di Cortina d’Ampezzo. Raggiunto il paese di Longarone si abbandona la statale seguendo a destra le indicazioni per Claut. La strada bordeggia la Diga del Vajont, tristemente nota per i fatti che portarono alla morte di quasi 2000 persone nella notte del 9 ottobre 1963. Procediamo oltre superando il paese di Erto per poi scavalcare il Passo di S.Osvaldo e raggiungere Cimolais (PN). Ignoriamo il proseguo per Claut abbandonando la strada principale per seguire a sinistra le indicazioni relative al Rifugio Pordenone. La strada, dapprima asfaltata, raggiunge rapidamente una sbarra con pedaggio. Superata la barriera la carreggiata prosegue cieca, per oltre 10 km, alternando frazioni cementate ad altre a fondo naturale. Da notare l’ambiente straordinario in cui si articola la forestale in quanto la valle a tratti si stringe in una forra scavata dalle impetuose e limpidissime acque del Torrente Cimoliana. E’ senz’altro sconsigliabile percorrere la strada a seguito di grandi piogge in quanto essa supera il letto di alcuni torrenti in grado d’invadere completamente il piano stradale. Una telefonata al Rifugio Pordenone è senz’altro consigliata per avere informazioni aggiornate. Si risale fin quasi al termine della strada dove troviamo diverse aree di parcheggio. Un tabellone in legno e una sbarra chiudono la diramazione per la Val Meluzzo, prosecuzione naturale della strada.

N.B. Sebbene sia non necessario ai fini dell’escursione chi lo desidera può, con l’automobile, proseguire per poche centinaia di metri fino al termine della strada dove troviamo il sentiero che in una decina di minuti raggiunge il Rifugio Pordenone. Ribadiamo che si tratta di una diramazione esterna al percorso descritto che può tuttavia rivelarsi utile se si desidera inserire una struttura gestita al percorso.

Descrizione del percorso:

Ignoriamo la salita a sinistra che conduce in poche centinaia di metri al termine della strada poco a valle del Rifugio Pordenone. Allo stesso modo tralasciamo il proseguo chiuso al traffico della strada bianca che si sviluppa sul fondo della Val Meluzzo muovendo in direzione dell’omonima casera. Nel nostro caso volgiamo a destra seguendo su ampia mulattiera il segnavia 370 che si porta, pressoché in piano, sull’opposto versante orografico del solco vallivo tra bassa vegetazione cespugliosa. Cominciamo a risalire, tra rado bosco di conifere, il grande vallone denominato Sciol de Mont; da rilevare, nel mese di giugno, la ricca fioritura, nel sottobosco, della rara Scarpetta di Venere, forse la più bella tra le orchidee spontanee presenti in Italia. In breve la vegetazione lascia posto ad un vasto ghiaione detritico profondamente incassato tra le alte pareti dolomitiche che bordeggiano la valle. Occorre prestare attenzione agli ometti di pietra che indicano il punto in cui si passa dal lato sinistro a quello destro della valle. La sensazione è quella di una distesa caratterizzata da ghiaie e sedimenti in continuo movimento sotto l’influenza delle intemperie; forse per questa ragione la segnaletica non è, in questo tratto, così chiara; crediamo che il sentiero subisca continue modifiche da un anno all’altro per effetto delle piene legate allo scioglimento delle nevi e ai forti temporali estivi.

Proseguiamo con la pendenza che diviene decisamente più sostenuta: faticosamente guadagniamo quota con il tracciato ora più evidente e soprattutto ben segnato. Alla sinistra restiamo colpiti dalle imponenti quinte dolomitiche della Cima Sboada. Il grande pendio ghiaioso lascia ora spazio ad ampie frazioni a pino mugo. Il sentierino serpeggia tra la bassa vegetazione quindi volge con decisione verso destra abbandonando il fondo del vallone per rimontare il ripido pendio soprastante. Un occhio attento noterà la lontana, ardita guglia del Campanile di Val Montanaia. Se le Dolomiti Friulane sono montagne schive e poco conosciute, è altrettanto vero che il Campanile ne è in ogni caso la formazione più conosciuta, sulla quale sono state scritte importanti pagine di storia del moderno alpinismo.

Il nostro cammino prosegue in faticosa salita nel fitto bosco ignorando la deviazione a destra per il Ricovero Casera Roncada. Procediamo oltre sino ad accedere ad uno splendido piano dove il lariceto lascia spazio ad una schiarita. Appare magnifico il paesaggio sulle vicine quinte rocciose del Monte Ferrara rivolto in nostra direzione con il suo versante nordoccidentale. Proseguiamo per un breve tratto su fondo prativo pianeggiante quindi riprendiamo a salire nel rado lariceto con pendenza moderata. Poco oltre siamo ad un altro bivio ben segnalato dai cartelli. Ancora una volta si separa a destra una traccia per Casera Roncada. Nel nostro caso manteniamo il segnavia sino al soprastante piano erboso con splendido panorama aperto ad occidente verso le montagne poste sulla destra orografica della Val Cimoliana.  Da rilevare la presenza, a lato del sentiero, dei primi esemplari della rara ed endemica Primula di Wulfen che avremo modo di osservare, con maggior abbondanza, sulla cresta sommitale. In ambiente prativo idilliaco guadagniamo in breve la Forcella della Lama (m 1965 – ore 2,15 dalla partenza).

Andiamo ad abbandonare il segnavia 370, che prosegue in direzione della Casera Bregolina Grande, per volgere invece lungo l’ampia cresta per lo più boscata che sale a sinistra. La traccia, nel tratto iniziale, non è così evidente sebbene siano presenti alcuni sbiaditi segnavia. Superiamo un caratteristico solco roccioso quindi procediamo tra le conifere che in ogni caso non impediscono, alle spalle, di osservare un magnifico panorama in direzione delle vette circostanti. Notiamo nello specifico i culmini di Cima Laste, Cima dei Preti e Monte Duranno, le più alte elevazioni delle Dolomiti Friulane mentre più a nord osserviamo le vette che fanno da quinte al Campanile di Val Montanaia. La pendenza si fa più sostenuta; lasciamo alle nostre spalle la zona alberata affrontando il settore superiore della montagna tra prati aridi e affioramenti detritici. Di fronte a noi osserviamo le nostre mete: il Monte Ferrara e, alla sua destra, la Spalla del Ferrara. La salita diviene molto faticosa, complice la forte pendenza e un fondo ghiaioso e pietroso molto instabile, con il sentiero che taglia i detriti affacciandosi a sinistra in un pendio roccioso inclinato lievemente esposto. In vista del crinale la pendenza decresce con il percorso che taglia una modesta conca erbosa dove spesso la neve persiste sino ad inizio estate. Muoviamo in direzione della cresta raggiungendola nel punto più comodo, immediatamente a destra della Spalla del Ferrara.

Affrontiamo ora il tratto più emozionante dell’ascensione andando a superare le poche difficoltà dell’avventura. Il percorso ricalca in pratica il filo dello spartiacque che si sviluppa ripido e roccioso alla sinistra, caratterizzato dalla presenza del pino mugo nel versante che cala a destra. Il percorso appare a tratti affilato ma l’esposizione non è mai tale da impensierire un escursionista di media esperienza. Il tratto più impegnativo è dato da pochi metri di cengetta esposta a sinistra per aggirare un punto appena più impervio. Una breve frazione di innocuo sentierino precede il raggiungimento della Spalla del Ferrara (m 2222 – ore 2,50 dalla partenza), il primo magnifico culmine dell’escursione.

Il Monte Ferrara, meta finale della salita, è ora proprio di fronte a noi diviso dalla Spalla del Ferrara da un’esile forcellina dopo la quale il crinale si innalza esile e sinuoso sino al punto più alto. Il proseguo appare in effetti più arduo ed esposto di quanto sia in realtà. Come anticipato caliamo senza alcun problema sino alla sottostante sella seguendo il sentierino che ricalca l’elegante filo del crinale. Subito oltre il percorso si impenna in una ripida scarpata detritica proprio sull’orlo del salto ricadente verso sinistra. Al di sopra il filo di cresta diviene impraticabile di conseguenza il sentiero traversa verso destra su roccette e sfasciumi. Il tratto è stretto ed instabile ma con piede fermo la difficoltà resta ragionevolmente contenuta sino a portarsi al centro di un ripido canalone, in gran parte erboso, che discende direttamente dalla cima. Il percorso riesce ad addomesticare il ripidissimo pendio rimontandolo con una sequenza di tornanti nel complesso meno esposti ed impegnativi delle attese. Magnifico il colpo d’occhio sulla retrostante Spalla del Ferrara. Ritroviamo rocce e detriti nell’ultimissimo tratto di percorso sino ad accedere al piccolo pianoro di vetta (m 2258 – ore 3,15 dalla partenza – libro di vetta).

Notevolissimo il panorama che si apre verso est in direzione del Monte Pramaggiore. La vista appare comunque a 360° grazie al relativo isolamento della montagna. Ad oriente osserviamo un tratto della Val Cimoliana in un contesto di cime e ardite guglie dolomitiche che non possono fare altro che destare l’ammirazione degli escursionisti. Sempre evidente appare il Campanile di Val Montanaia mentre più distanti appaiono le Dolomiti Bellunesi con in evidenza l’inconfondibile, grandiosa struttura del Monte Pelmo. Il rientro avviene a ritroso per un totale di circa 5,45 ore di cammino.

Cenni sulla flora:

Come anticipato nel paragrafo introduttivo, l’escursione si articola in una zona selvaggia e per lo più ancora poco conosciuta. L’influenza marginale dell’uomo ha salvaguardato una flora eccezionale che comprende un numero considerevole di entità endemiche o comunque assai rare. Segue una lista delle entità più rilevanti osservate in occasione della nostra salita, avvenuta nel mese di giugno.

Specie endemiche:

1)      Primula di Wulfen (Primula wulfeniana). Raro endemismo delle Alpi Orientali che in Italia limita la sua presenza ad una ristretta area delle Alpi e Prealpi Carniche. Lungo il percorso descritto, si incontrano i primi esemplari nel traverso prativo che precede l’accesso alla Forcella della Lama. Parecchi esemplari si osservano in tutto il settore successivo sino alle creste sommitali. 

2)      Aquilegia di Einsele (Aquilegia einseleana). Endemismo delle Alpi sudorientali con areale esteso in Italia dalla Lombardia al Friuli.

3)      Rododendro nano (Rhodothamnus chamaecistus), pianta endemica del nord-est, dal fiore particolarmente bello e appariscente per la sua splendida colorazione rosata. E’ presente in gran parte del percorso fino alle creste sommitali.

4)      Bonarota gialla (Paederota lutea); endemica del nordest (Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli) ama i ghiaioni e soprattutto le rocce calcaree anche strapiombanti.

5)      Bonarota comune (Paederota bonarota). Specie rupicola per eccellenza, ama le pareti calcaree dolomitiche verticali. E’ un endemismo delle Alpi Orientali caratterizzato in luglio da belle infiorescenze di colore blu.

6)      Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum). Endemico di un ampio areale centrato essenzialmente sulle Alpi Orientali, è facilmente riconoscibile dal più comune Rododendro ferrugineo per l’evidente pelosità che ne riveste le foglie.

7)      Sassifraga delle Dolomiti (Saxifraga squarrosa); endemica delle Alpi sud orientali appare molto simile, nell’aspetto, a Saxifraga caesia. La distinzione tra le due specie non è affatto semplice e non è d’aiuto l’osservazione dei fiori che in pratica sono quasi identici. Un elemento distintivo risiede nelle foglie, incurvate solo all’apice in S.squarrosa, curve ed aperte su tutta la lunghezza in S.caesia.

8)      Ranuncolo ibrido (Ranunculus hybridus). Endemismo delle Alpi Orientali che caratterizza pascoli e ghiaioni calcarei o dolomitici.

9)      Raponzolo chiomoso (Physoplexis comosa), senz’altro uno degli endemismi più spettacolari delle Alpi Orientali, con areale esteso dalle Grigne in Lombardia sino al Friuli Venezia Giulia e alla Carinzia. E’ un magnifico ornamento per le rupi calcaree strapiombanti. Lungo il nostro percorso è osservabile nelle rocce che sovrastano il sentiero nella parte inferiore della Val Sciol De Mont, in posizioni umide ed ombreggiate.

10)   Spirea cuneata (Spirea decumbens); endemica delle Alpi Orientali è osservabile, al pari della precedente, nelle rocce che sovrastano il sentiero nella parte inferiore della Val Sciol De Mont.

11)   Valeriana delle rupi (Valeriana saxatilis), subendemismo delle Alpi che predilige massi e rupi verticali.

Altre specie osservate:

1)      Scarpetta di Venere (Cypripedium calceolus). Da molti ritenuta la più bella tra le orchidee italiane, è presente con straordinaria abbondanza presso la partenza e nella parte inferiore della Val Sciol De Mont. Molti altri esemplari sono osservabili addirittura lunga la strada d’accesso, nel settore della Val Cimoliana che precede il raggiungimento del parcheggio dove ha inizio l’escursione. Ci raccomandiamo di non raccogliere nessun esemplare della pianta in oggetto in quanto protetta in tutte le regioni italiane in cui è segnalata.

2)      Sassifraga incrostata (Saxifraga crustata); presente in Italia sulle Alpi Orientali è osservabile, con alcuni esemplari, nelle tratto mediano della Val Sciol de Mont.

3)      Androsace appenninica (Androsace villosa); sebbene diffusa in diverse regioni resta ugualmente una pianta rara. Caratteristico è il suo aspetto a cuscinetto e la presenza, nei mesi di giugno – luglio, di moltissimi fiorellini con fauci di diverso colore sulla stessa pianta. In Italia è più abbondante lungo la catena appenninica mentre sulle Alpi risulta nel complesso assai infrequente. Lungo questo percorso è osservabile proprio nel settore sommitale con un buon numero di esemplari.

4)      Primula farinosa (Primula farinosa) presente in abbondanza nei prati presso la partenza.

5)      Pinguicola alpina (Pinguicula alpina). Una delle poche piante carnivore presenti in Italia; le sue foglie appiccicose sono una trappola per gli insetti più piccoli; la pianta produce poi enzimi atti a digerire le prede.

6)      Ormino dei Pirenei (Horminum pyrenaicum)

7)      Silene a cuscinetto (Silene acaulis)

8)     Camedrio alpino (Dryas octopetala)

9)      Linaiola d’alpe (Linaria alpina)

10)   Carlina segnatempo (Carlina acaulis)

11)   Campanula dei ghiaioni (Campanula cochlearifolia)

12)   Pepe di monte (Daphne mezereum)

13)   Moehringia cigliata (Moehringia ciliata)

14)   Soldanella del calcare (Soldanella minima)

15)   Soldanella alpina (Soldanella alpina)

16)   Genziana di Clusius (Gentiana clusii)

17)   Genzianella (Gentiana verna)

18)   Nontiscordardime (Myosotis alpestris)

19)   Pedicolare rosea (Pedicularis rosea)

20)   Viola gialla (Viola biflora)

21)   Acetosella (Oxalis acetosella)

22)   Bartsia alpina (Bartsia alpina)

23)   Botton d’oro (Trollius europaeus)

24)   Iberidella alpina (Hornungia alpina)

25)   Coclearia delle rupi (Kernera saxatilis)

26)   Biscutella montanina (Biscutella leavigata)

27)   Geranio selvatico (Geranium sylvaticum)

28)   Anemone alpino (Pulsatilla alpina)

29)   Salice reticolato (Salix reticulata)

30)   Uva di volpe (Paris quadrifolia)

31)   Poligono bistorta (Polygonum bistorta)

32)   Potentilla caulescente (Potentilla caulescens)

33) Anemone trifogliata (Anemone trifolia)

34)   Valeriana trifogliata (Valeriana tripteris)

35)   Clematide alpina (Clematis alpina)

36)   Vulneraria montana (Anthyllis montana)

37)   Nido d’uccello (Neottia nidus-avis)

38)   Erica carnea (Erica carnea)

39)   Piroletta a foglie rotonde (Pyrola rotundifolia)

40)   Sassifraga a foglie rotonde (Saxifraga rotundifolia)

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