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CORNO ALLE
SCALE (m 1945)
E’ la massima cima dell’Appennino bolognese e si trova leggermente spostata verso nord (poche centinaia di metri) rispetto al crinale spartiacque dell’Appennino Tosco Emiliano che passa per i passi del Cancellino, dello Strofinatolo e dei Tre Termini; per questo motivo si torva interamente in territorio bolognese. E’ caratterizzata da tre culmini: da nord verso sud abbiamo Punta Sofia (m 1939), il Corno alle Scale propriamente detto (m 1945) e Punta Giorgina (m 1927) la più bassa e la più vicina al crinale principale. E’ una montagna dalle molteplici facce: l’erboso versante occidentale, assai rovinato da seggiovie e skilift per gli sport invernali, contrasta fortemente con la ripidissima parete orientale, assai impervia e per gran parte boscata fino a 1500-1700 m di quota circa spesso sconosciuta anche agli escursionisti stessi. Sul versante settentrionale abbiamo una bellissima conca d’origine glaciale (Cavone) dominata da Punta Sofia e che ha mantenuto inalterate le sue caratteristiche naturali. Sempre verso settentrione scendendo da Punta Sofia abbiamo il crinale dei Balzi dell’Ora particolarmente impervio ed aspro ad offrire una salita alla cima spettacolare ed in parte esposta. Nel valutare quando salire in vetta al Corno alle Scale occorre considerare l’innevamento spesso consistente sino a tutto aprile (singoli nevai possono permanere addirittura in giugno ed eccezionalmente in luglio come è avvenuto nell’estate 2009 a seguito di un inverno da ricordare per l’estrema nevosità). Di seguito andiamo a descrivervi uno splendido itinerario ad anello che permette di raggiungere le tre cime del Corno e altre importanti vette nell’immediato circondario. Seguono ulteriori indicazioni per risalire il Corno da vie diverse. ITINERARIO AD ANELLO Dati tecnici: Dal lago Cavone (m 1415): Difficoltà: EE (Vai alla scala delle difficoltà). Suddivisione delle difficoltà in base ai tratti: dal Lago Cavone al Passo del Vallone: E – Dal Passo del Vallone al Corno alle Scale: EE – Dal Corno alle Scale al lago Scaffaiolo: E – Discesa dal Lago Scaffaiolo alla partenza: T. Segnaletica: totale. Dislivello complessivo: 530 m. Acqua: alla partenza presso il Rif. Cavone; nella conca glaciale a 25’ dalla partenza (torrente); presso il Rifugio Sasseto con una breve deviazione di 10 minuti dal Passo dello Strofinatoio; sotto la cima del Cornaccio lungo il sentiero 00; alla fonte Polla sotto le Malghe Baggioledo. Accesso alla partenza: Provenendo da Bologna si risale la statale Porrettana passando per Sasso Marconi, Marzabotto, Vergato e Riola. Presso Silla la deviazione segnalata indica a destra la provinciale per Lizzano in Belvedere. Provenendo da Pistoia si segue la Porrettana passando per Porretta Terme sino a raggiungere Silla e volgendo infine a sinistra per Lizzano. Tre km oltre Lizzano nella piccola frazione di Villaggio Europa troviamo l’ulteriore bivio a sinistra che conduce a Vidiciatico, La Cà e infine a Madonna dell’Acero, in pratica l’ultimo paese prima di portarci nel settore dell’alto Appennino subito sotto il crinale tosco emiliano. Oltre il paese procediamo solo per un paio di chilometri sino all’ampio parcheggio presso il lago del Cavone (m 1415) dove abbandoniamo l’auto per procedere a piedi. Descrizione del percorso: Dal parcheggio bordeggiamo il laghetto del Cavone portandoci sulla sponda opposta dove il sentiero 337 ha inizio nella ripida faggeta. In salita ben tracciata risaliamo la sinistra orografica del valloncello di Rio Piano mentendoci di poco alti rispetto al torrente. In breve il bosco comincia ad aprirsi e il sentiero guada più volte il ruscello sino a guadagnare d’improvviso la vasta conca glaciale di Rio Piano con il bosco che scompare lasciando spazio alla prateria d’altitudine (m 1563 – ore 0,25 dalla partenza). Siamo in un vallone panoramicamente parlando eccezionale, sovrastato com’è dalla cima di Punta Sofia, la vetta più settentrionale del Corno alle Scale. L’esposizione verso nord conserva in questo versante accumuli di neve che talvolta resistono fino a prima estate. Nel bel mezzo della conca ignoriamo il bivio a destra ben indicato da cartelli per il Passo della Porticciola mentre il nostro percorso mantiene la sinistra raggiungendo l’estremità orientale del vasto altipiano prativo. Il tracciato torna per un breve tratto all’ombra della faggeta riprendendo nel contempo a guadagnare quota. La salita diviene ripida e l’alberatura torna a diradarsi concedendo alle spalle una bella visione di Punta Sofia; in ultimo guadagniamo il crinale che divide il Corno alle Scale da Monte Nuda in coincidenza del Passo del Vallone (m 1698). Sono trascorsi 50 minuti dalla partenza e siamo definitivamente all’aperto con l’alberatura che cede il passo alla prateria d’altitudine. Il panorama è uno dei più avvincenti del circondario con impressionante precipizio sul versante della Valle del Silla. La via di salita al Corno alle Scale appare a questo punto logica ed evidente: ignoriamo il crinale erboso che conduce a sinistra al Monte Nuda per volgere invece verso destra sull’esile filo di cresta che conduce sino al punto più alto (Balzi dell’Ora). Si tratta della frazione più spettacolare dell’intera escursione: dapprima il sentiero evita un tratto di cresta più impervio debordando a destra sul versante del vallone di Rio Piano e del Cavone. L’itinerario volge infine verso sinistra sino a raggiungere il crinaletto che appare in questo tratto particolarmente sottile e dirupato. Il passaggio è esposto su entrambi i versanti, ma ben appigliato grazie alla roccia solida e stabile; si tratta di pochi metri quindi il crinale si allarga e il sentiero torna ad essere un’esile striscia su fondo terroso battuto entro la prateria. Ogni tanto ci affacciamo a sinistra a cogliere l’impressionante scarpata che cala ad oriente verso il fondo della Valle del Silla mentre alle spalle osserviamo l’intero sviluppo del sentiero percorso dal Passo del Vallone in poi. L’itinerario riprende a salire con maggior decisione e in breve affrontiamo il settore più impegnativo dei Balzi dell’Ora: il fondo prativo lascia spazio ad alcune roccette e ad alcuni salti. E’ richiesta un minimo d’agilità per superare qualche balza rocciosa un po’ alta, mentre in alcuni brevi tratti il sentiero si affaccia sul burrone che precipita in Val Silla rendendo necessario piede fermo e assenza di vertigini (le funi metalliche poste nel dopoguerra sono state ormai rimosse da molti anni). Da notare le strapiombanti stratificazioni rocciose sovrapposte dalle quali trae origine il toponimo di Corno “alle Scale”. In ultimo il sentiero volge a destra abbandonando il settore più esposto salendo infine, con un tratto ben gradinato, alla Punta Sofia (m 1939 – cima più settentrionale del Corno alle Scale). Immensa la vista verso nord con bella visione d’insieme dei Balzi dell’Ora appena risalti in un panorama spettacolare che pare ingigantire la reale difficoltà del percorso. Il panorama è aperto ad occidente sull’Alpe di Rocca Corneta: un vasto ed inclinato tavolato prativo che scende direttamente dalla vetta verso la Valle del Dardagna. In inverno quest’ampia prateria con poche ondulazioni si trasforma in un carosello di sciatori. Il Corno alle Scale è difatti l’unica stazione sciistica della provincia di Bologna. Si osserva anche il sottostante Rifugio Rocce dal quale parte la seggiovia funzionante in inverno che raggiunge direttamente la vetta del Corno alle Scale. Si tratta purtroppo del settore più rovinato della montagna e contrasta moltissimo con la splendida ascensione eseguita lungo i Balzi dell’Ora dove fortunatamente l’ambiente naturale è rimasto integro. Dalla vetta di Punta Sofia il nostro cammino procede in direzione della cima più alta del Corno alle Scale. La vetta è infatti a portata di mano: si tratta di pochi minuti di cammino mantenendosi subito a destra del filo di cresta (evidente tratturo scavato nella prateria). In breve guadagniamo il punto più alto (m 1945 – 1 ora circa dal Passo del Vallone – pochi minuti da Punta Sofia - circa 2 ore dalla partenza). Siamo anche nel punto più elevato della provincia di Bologna e il panorama per vastità trova pochi eguali in questo settore dell’Appennino. Verso nord abbiamo Punta Sofia in primo piano ma se la giornata è molto limpida lo sfondo appare spettacolare con gran parte dell’arco alpino innevato a sovrastare un ampio settore della Val Padana. Una giornata molto chiara permette inoltre di scorgere a sudovest il Mar Tirreno e addirittura l’Isola d’Elba e le cime della Corsica proprio all’orizzonte. Con minore difficoltà sono ben visibili le Alpi Apuane e un ampio settore dell’Appennino modenese con il monte Cupolino a sovrastare il piccolo Lago Scaffaiolo, il monte Spigolino, il Libro Aperto e Monte Cimone, massima cima emiliana e di tutto l’Appennino Settentrionale. Ad oriente il crinale si abbassa con il Monte Gennaio come ultima grande cima scoperta dopodiché la linea di displuviale si abbassa e le montagne appaiono rivestite di alberi sino alla sommità. Riprende il nostro cammino per raggiungere in una decina di minuti la terza e ultima cima che caratterizza il Corno alle Scale. Caliamo seguendo il sentiero segnato verso meridione sino alla selletta che divide la vetta più alta da Punta Giorgina. Per guadagnare quest’ultima sommità si abbandona con una breve digressione il sentiero in coincidenza della sella per salire in pochi istanti, su fondo prativo, sino al punto più elevato (m 1927). Dopo questa breve deviazione ritorniamo alla sella e mantenendo il sentiero segnato volgiamo in discesa sino ad un breve tratto più accidentato. Calando incontriamo qualche balza su detriti un po’ instabili sino a raggiungere la marcata insellatura del Passo dello Strofinatoio (m 1847), in pieno crinale appenninico (confine di regione tra Emilia e Toscana – confine tra le province di Bologna e Pistoia – ore 0,15 dalla cima del Corno alle Scale). Da notare il sentiero che cala a destra sul versante emiliano in direzione del già visibile Rifugio Sasseto (m 1800): può essere una digressione utile nel caso si abbia necessità d’acqua in quanto è presente un abbondante fonte proprio presso la struttura. L’eventuale deviazione in discesa dal Passo Strofinatoio al Rifugio Sasseto richiede una decina di minuti circa dopodichè si risale al passo per proseguire la nostra escursione. Procediamo infatti lungo il sentiero di crinale o displuviale (segnavia 00): lo seguiamo verso destra attraversando la densa prateria a mirtillo. Il tracciato è ampio e quasi in piano con panoramiche particolarmente vaste; andiamo in effetti a descrivere un ampio semicerchio attorno alla testata della Valle del Dardagna. Aggiriamo la vetta del Monte Cornaccio (m 1881) sottopassandola sul versante emiliano; la cima può essere facilmente aggiunta all’itinerario risalendo liberamente l’ampio dorso prativo a sinistra senza incontrare alcuna difficoltà (si tratta della seconda cima più alta della provincia di Bologna). Il sentiero 00 mantiene invece inalterate le sue caratteristiche rivelandosi dolce e uniforme con un piccolo solco ad interromperne la continuità: da notare nello spacco la sorprendente fonte Cornaccio, non molto abbondante ma notevole in quanto è la più alta della zona. Siamo infatti poco oltre i 1800 metri di quota e il soprastante Cornaccio non raggiunge i 1900, ragion per cui la risorgiva ha meno di 100 metri di dislivello per poter raccogliere acqua dalle viscere della montagna. Il nostro cammino volge a questo punto verso destra, in discesa moderata, con vista aperta di fronte a noi sul rilievo conico del Monte Cupolino. Caliamo sino alla sella subito ai piedi del Cupolino: siamo al Passo dei Tre Termini (m 1785); si tratta di una sella che riveste particolare importanza in quanto è il punto in cui si uniscono e dividono le province di Bologna, Modena e Pistoia. Ancora più importante si rivelò questa sella prima dell’unione d’Italia quando fu confine addirittura di tre diverse nazioni: lo Stato della Chiesa, il Ducato di Modena e il Granducato di Toscana. Ancora oggi un antico cippo confinario in pietra serena è presente al Passo Tre Termini quale muto testimone del tempo che passa e delle assurde divisioni politiche operate dall’uomo nei secoli. Dal valico il sentiero 00 passa in territorio modenese traversando a destra nel vaccinieto e sottopassando il Cupolino. L’eventuale salita a quest’ultima cima (m 1853) è molto ripida ma semplice ed evidente lungo il tratturo che segue l’esile filo di cresta partendo dal Passo Tre Termini e richiedendo un’aggiunta di 10 – 15 minuti al massimo. Mantenendo il sentiero segnato di crinale raggiungiamo in pochi minuti il Rifugio Duca degli Abruzzi (m 1800 – ore 1,10 dal Corno alle Scale senza considerare eventuali deviazioni al Cornaccio e al Rifugio Sasseto – ore 3,10 complessive); terminiamo così l’ampio semicerchio attorno alla testata della Valle del Dardagna godendo di uno splendido panorama sull’ormai distante cima del Corno alle Scale. Subito sotto al rifugio, (ottimo punto d’appoggio sempre aperto nella bella stagione e nei fine settimana degli altri periodi), si apre la vista del piccolo ma particolarissimo Lago Scaffaiolo (m 1775) che a differenza d’altri specchi d’acqua nell’alto Appennino Settentrionale non è d’origine glaciale. Le acque si mantengono grazie alle precipitazioni, all’abbondantissimo innevamento (da novembre sino ad aprile, maggio) e alle nebbie che caratterizzano spesso la fascia di crinale. Le precipitazioni raggiungono i 3500 mm annui rendendo la zona dello Scaffaiolo una delle più piovose ed instabili d’Italia. E’ ora giunto il momento del rientro a valle tuttavia, chi desidera prolungare ulteriormente l’escursione può valutare la possibilità di raggiungere un’ultima cima, il Monte Spigolino che trae il suo toponimo dall’aspetto affilato della cresta orientale. Per quest’ultima vetta si mantiene il sentiero di crinale oltre lo Scaffaiolo proseguendo su tracciato sempre facile e ben marcato nella prateria spellata e battuta dai venti. Si cala al Passo della Calanca (m 1737) per poi abbandonare il sentiero principale e passare a destra sull’esile tratturo che risale sino in vetta allo Spigolino (ore 0,30 dal Rifugio Duca degli Abruzzi). Magnifico il panorama verso oriente in direzione del Corno alle Scale e del Cupolino, mentre ad occidente osserviamo il crinale scendere all’ampio avvallamento del Passo della Croce Arcana caratterizzato da numerosi ripetitori (è il più alto valico rotabile dell’Appennino Settentrionale). Verso nord, dalla cima dello Spigolino si diparte un importante crinale che divide la Valle del Dardagna dalla Valle del Leo passando per diverse cime minori la prima delle quali è il Cinghio Sermidiano. Il rientro dallo Spigolino al Lago Scaffaiolo avviene a ritroso godendo ancora una volta della bella visione del lago. La discesa a valle è a questo punto scontata e sbrigativa, si tratta infatti della parte meno interessante del trekking: si segue l’ampia carrareccia gipponabile utilizzata per raggiungere il Rifugio Duca degli Abruzzi (comunque chiusa al traffico). Si scende alle Malghe Baggioledo (m 1620), punto di ristoro aperto solo nella stagione sciistica, per poi procedere sino alla briglia in cemento costruita per regolare le acque delle prime vene del Dardagna. Oltre la diga il sentiero diviene un’ampia carrareccia ghiaiosa che in moderata discesa si porta nella faggeta. Superata una sbarra metallica siamo infine sulla provinciale che, seguita verso destra, ci riporta in ultimo sino al parcheggio presso il Lago e il Rifugio Cavone (m 1420). E’ trascorsa meno di un’ora dal Lago Scaffaiolo e circa 4 ore complessive, soste escluse; considerando le deviazioni al Rifugio Sasseto, al Monte Cornaccio, al Cupolino e allo Spigolino, l’escursione richiede circa 6 ore scarse riempiendo perfettamente la giornata con il raggiungimento di ben 4 cime. VARIANTE PER EVITARE IL TRATTO ESPOSTO IN COINCIDENZA DEI BALZI DELL'ORA Escursionisti con pochissima esperienza o con bambini al seguito possono eventualmente eliminare nella salita a Punta Sofia il settore esposto in coincidenza dei Balzi dell’Ora. In questo caso si raggiunge come descritto in precedenza la vasta conca glaciale di Rio Piano (m 1563 – ore 0,25 dalla partenza). Al bivio ben indicato da cartelli seguiamo le indicazioni a destra per il Passo della Porticciola ignorando il sentiero 337 che porterebbe al Passo del Vallone e ai Balzi dell’Ora. La salita in questo caso taglia diagonalmente il pendio senza alcuna difficoltà innalzandosi rispetto al fondo della grande conca. In ultimo attraversiamo un boschetto di faggi per poi raggiungere la soprastante cresta in coincidenza dello stretto intaglio della Porticciola (m 1676). Accediamo così al vasto pendio prativo dell’Alpe di Rocca Corneta, sfruttato in inverno dalle piste sciistiche. Ignoriamo il traverso in direzione del vicino Rifugio Rocce per seguire il sentiero segnato a sinistra. Il percorso si sviluppa sull’orlo del precipizio che dall’Alpe di Rocca Corneta precipita sulla sottostante conca di Rio Piano. Senza alcuna difficoltà risaliamo nella prateria sino a guadagnare direttamente la cima di Punta Sofia (vetta più settentrionale del Corno alle Scale – ore 1 dalla conca di Rio Piano - ore 1,30 dalla partenza). Il proseguo dell’escursione ricalca quando descritto sopra. Nonostante si riveli una via meno spettacolare rispetto all’accesso per i Bialzi dell’Ora, è comunque panoramicamente interessante permettendo di osservare le forme modellate da un antico ghiacciaio oggi scomparso che occupava la conca di Rio Piano scendendo a valle probabilmente sino a Madonna dell’Acero. Bello anche il colpo d’occhio sul prospiciente Monte Nuda.
LA FLORA DEL CORNO ALLE SCALE:
La flora di questo itinerario è addirittura straordinaria, particolarmente nella zona dei Balzi dell’Ora per la presenza di specie tipicamente alpine che trovano rifugio nelle creste più alte dell’Appennino Settentrionale. A questo riguardo occorre sottolineare che il Corno alle Scale è un’importantissima soglia fitogeografica al punto che molte specie tipiche delle Alpi e dei più alti rilievi europei trovano il loro limite meridionale d’areale proprio nella massima cima del bolognese. In effetti procedendo oltre la zona del Corno alle Scale il crinale appenninico perde quota in direzione della Romagna e le condizioni climatiche cambiano non permettendo più la presenza di alcune specie tipicamente alpine. Lo stesso vaccinieto (brughiera a mirtilli) così comune sulle Alpi, interessa il crinale emiliano dal parmense ad ovest sino alla zona del Corno alle Scale – Monte Gennaio dove raggiunge il suo limite meridionale. Molti fiori che indicheremo tra breve presentano la medesima particolarità. Salendo dal Lago Cavone verso la conca di Rio Piano osserverete nel bosco di faggio la Sassifraga a foglie rotonde (Saxifraga rotundifolia L.) e lungo il torrente le infiorescenze gialle della Calta (Caltha palustris L.); abbondante appare la bella Orchidea macchiata (Dactylorhiza maculata (L.) Soò) oltre a qualche esemplare di Orchidea purpurea (Orchis purpurea Hudson). Raggiunta la conca di Rio Piano, sovrastata e dominata da Punta Sofia, noterete numerose piante di Giglio martagone (Lilium martagon L.) in piena fioritura a fine giugno - inizio luglio e che ritroveremo anche nel seguito della salita con particolare riferimento ai Balzi dell’Ora. Abbondante appare anche il Pepe di monte (Daphne mezereum L.) noto anche come Fior di stecco in quanto fiorisce precocemente quando la pianta ancora non ha sviluppato le foglie. I manicotti di fiori rosa sono così molto appariscenti mentre in estate sono sostituiti da velenose bacche di colore rosso vivo. In coincidenza del Passo del Vallone troviamo i primi esemplari di Semprevivo maggiore (Sempervivum tectorum L.) nonché la Betonica densiflora (Stachys pradica (Zantedeschi) Greuter e Pignatti) che ritroveremo sul versante orientale di Punta Giorgina. Presso la sella troviamo inoltre la Dafne spatolata (Daphne oleoides Schreb.) dall’aspetto cespuglioso con piccoli fiori a quattro petali bianchi. Affrontiamo ora i Balzi dell’Ora: l’affilata cresta che sale alla cima del Corno alle Scale può essere definita un vero e proprio giardino botanico con una sorprendente concentrazione di piante rare e talvolta endemiche. Fra tutte ricordiamo la bellissima Aquilegia alpina (Aquilegia alpina L.) dai grandi fiori azzurri, endemica delle Alpi Occidentali e dell’Appennino Settentrionale che raggiunge proprio qui il limite orientale di distribuzione. Al limite d’areale sono anche la Genziana di Koch (Gentiana acaulis L.), l’Astro alpino (Aster alpinus L.), dai petali violetti e la grande Genziana porporina (Gentiana purpurea L.), quest’ultima estremamente rara e con distribuzione puntiforme sul crinale appenninico presente sulla cima del Corno e nella parte superiore dei Balzi dell’Ora. Queste ultime tre entità non sono più presenti spostandosi verso l’Appennino Romagnolo. Un’altra specie che tocca sul Corno alle Scale il margine meridionale d’areale è il Semprevivo montano (Sempervivum montanum L.) presente subito sotto la vetta del Corno affacciandosi nel suo versante orientale. Attenzione tuttavia a non confonderlo con altri Sempervivum presenti lungo i Balzi dell’Ora che danno spesso vita a numerosi ibridi di difficile discriminazione. Sempervivum montanum è presente in pochi esemplari attestati come detto presso la cima molto spesso in posizioni impervie o addirittura su parete strapiombante. I Balzi dell’Ora sono il rifugio per altre tre specie endemiche molto rilevanti. Grosso modo a metà cresta una cengia esposta si dirama a sinistra della linea di crinale traversando lungo le fasce d’arenaria che caratterizzano ad oriente la montagna (le “scale” che danno nome alla montagna): un occhio attento noterà in questa posizione la Vedovella delle Apuane (Globularia incanescens Viv.) endemica delle Alpi Apuane e dell’Appennino Settentrionale dove raggiunge, nella zona del Corno alle Scale, il limite orientale di distribuzione della specie. Si riconosce per le foglie spatolate e per i capolini sferici di colore azzurro che tendono ad incanutire, ovvero a divenire bianchi quando il fiore invecchia, da cui la denominazione latina “incanescens”. Endemica appenninica, dalla Liguria alla Calabria, è anche l’Arenaria di Bertoloni (Arenaria bertolonii Fiori) presente non solo sui Balzi dell’Ora ma anche nelle stratificazioni arenacee presso il Lago Scaffaiolo e sulle rupi dello Spigolino. Endemico è infine il bellissimo Geranio argenteo (Geranium argenteum L.), vero e proprio relitto del terziario nonché autentica rarità ormai confinata in Italia a pochi gruppi montuosi. Si tratta di un’entità endemica delle Alpi Orientali e dell’Appennino Tosco Emiliano con pochi altri areali isolati nelle Alpi Occidentali e uno nelle Alpi Apuane. Sono terminati i principali endemismi ma non certo le rarità: i Balzi dell’Ora sono infatti l’unica stazione in Emilia Romagna per la Primula orecchia d’orso (Primula auricula L.) dalle inconfondibili foglie farinose ed in piena fioritura a maggio. Di recente sono stati segnalati alcuni esemplari nel vicino Monte Spigolino ma questo nulla toglie alla rarità della pianta in questione, frequente sulle Alpi ma non nell’Appennino Settentrionale. Molto rara è inoltre la Sassifraga rossa sottospecie latina (Saxifraga latina L.) presente a 1900 metri poco sotto la vetta di Punta Sofia. Questa specie, piuttosto comune nelle vicine Alpi Apuane, è invece presente in Emilia Romagna in pochissime stazioni sul crinale bolognese e modenese. Non mancano alcune specie d’orchidea seppure con pochi esemplari quali l’Orchide dei pascoli (Traunsteinera globosa (L.) Rchb.) e il Celoglosso (Coeloglossum viride (L.) Hartm.). Altre specie meno rare ma non meno belle presenti sulla linea dei Balzi dell’Ora sono la Genzianella (Gentiana verna L.), Scorzonera rosea (Scorzonera rosea Waldst. & Kit.), Pedicolare zolfina (Pedicularis tuberosa L.), Anemone narcissino (Anemone narcissiflora L.), Giglio Rosso di S.Giovanni (Lilium bulbiferum L.), Anemone alpino (Pulsatilla alpina (L.) Delarbre) e, sulle rupi rocciose, Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata Miller). Non endemica ma comunque infrequente in Emilia è anche la Silene sassifraga (Silene saxifraga L.) osservata nella cengia prima citata ove è presente la Vedovella delle Apuane. Terminiamo la nostra carrellata di endemismi con una specie endemica dell'Appennino Tosco Emiliano osservabile in grande quantità presso i prati e i pascoli compresi tra le Malghe Baggioledo e le pendici del Monte Cornaccio. Si tratta del Cardo di Bertoloni (Cirsium bertolonii Spreng.) inconfondibile per le sue spine acuminate e per la sua infiorescenza gialla. Abbiamo così indicato solo alcune delle specie più belle e appariscenti per l’escursionista ma non certo le uniche. Da notare, lo ribadiamo, che particolarmente la zona dei Balzi dell’Ora è da considerarsi eccezionale al punto che quasi tutte le specie indicate sopra sono riscontrabili in questo tratto di cresta nel complesso molto ridotto come estensione. I Balzi dell’Ora offrono la possibilità ad emiliani e toscani d’ammirare una flora tipicamente alpina senza portarsi a nord del Po e potrebbero meritare a giusta ragione l’appellativo di “Giardino botanico della provincia di Bologna”. A tutti voi che percorrerete questo crinale non possiamo fare altro che sollecitare il massimo rispetto per questi bellissimi fiori protetti ora salvaguardati dall’istituzione del Parco Regionale del Corno alle Scale. ALTRE VIE DI SALITA PER RAGGIUNGERE LA CIMA DEL CORNO ALLE SCALE 1) Via G. Ruffo al Poggio di Mezzo. Dati tecnici: Dal Rifugio Segavecchia (m 912): Difficoltà: EEA (Vai alla scala delle difficoltà). Breve tratto attrezzato con funi a poca distanza dalla sommità: necessario piede fermo e assenza di vertigini. Segnaletica: totale. Dislivello complessivo: 1033 m. Acqua: solo alla partenza. Accesso alla partenza: Salendo da Bologna si segue la statale Porrettana passando per Sasso Marconi, Marzabotto, Vergato e Riola. Presso Silla la deviazione segnalata indica a destra la provinciale per Lizzano in Belvedere. Provenendo da Pistoia si segue la Porrettana passando per Porretta Terme sino a raggiungere Silla e volgendo infine a sinistra per Lizzano. Appena un chilometro prima di Lizzano in Belvedere troviamo il bivio a sinistra per la piccola frazione di Pianaccio: la strada raggiunge il borgo per poi procedere, stretta e pericolosa ma comunque asfaltata per altri 4 km sino al suo termine in coincidenza del Rifugio Segavecchia (m 912 - parcheggio e fonte) dove una sbarra proibisce l'ulteriore transito. Descrizione del percorso: Dal rifugio Segavecchia (m 912) proseguiamo lungo la strada chiusa al traffico raggiungendo in pochi istanti il ponte sul torrente Silla. Subito prima del ponte troviamo, sulla destra,l’indicazione per la Via Ruffo (segnavia 119). Seguiamo la carrareccia per pochi minuti: trascurato a destra il bivio per la cima di M.Nuda, guadiamo 2 volte il torrente con l’ausilio di funi metalliche inoltrandoci quindi nel folto della faggeta. La salita è assai lunga e ripida ma facile ed ombrosa, sino all’uscita dal bosco (circa m 1600). Segue un ripidissimo tratto fra prateria d’alta quota in vista della cima del Corno alle Scale e di Punta Sofia. Segue un tratto su roccette particolarmente ripido e faticoso; per agevolare la progressione è stata aggiunta una fune metallica come corrimano che risulterà utile soprattutto con fondo bagnato. L'ultimo tratto è in forte pendenza ma non esposto e permette di accedere direttamente alla vetta (m 1945 - ore 3 dalla partenza). N.B. Si tratta di un itinerario particolarmente impervio in ambiente molto suggestivo e non modificato dall’uomo. Il percorso risale la ripida parete orientale del Corno con difficoltà nel complesso inferiori rispetto alle apparenze. Da evitarsi comunque prima di maggio per l’innevamento abbondante
2) Dal Rif. Segavecchia per il Passo del Cancellino. Dati tecnici: Dal Rifugio Segavecchia (m 912): Difficoltà: EE (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello complessivo: 1033 m. Acqua: alla partenza, alla Fonte Capannaccia e alla Fonte Castronaja. Con una breve deviazione anche presso il Rif. Sasseto, raggiungibile dal Passo dello Strofinatoio in pochi minuti. Accesso alla partenza: Come per la Via G.Ruffo al Poggio di Mezzo. Descrizione del percorso: Dal rifugio Segavecchia (m 912) si raggiunge, in pochi istanti, il ponte sul torrente Silla. Lo si scavalca trovando subito dopo, alla destra, il nostro sentiero (segnavia 121). In ore 0,40, nel folto della faggeta, raggiungiamo, prima in salita poi sul fondo del fosso, la Fonte Capannaccia (ottimo punto per fare rifornimento d’acqua). Ha ora inizio il tratto più erto, sempre nel bosco, con il sentiero che volge a sinistra portandosi sul crinaletto dove si può, sulla sinistra, scendere a Coventaccio (ore 1,15 dalla partenza). Seguendo la segnaletica (cartelli) manteniamo la destra bordeggiando la sommità di Monte Grosso (m 1427) e uscendo infine dal bosco (circa m 1500). Si transita presso Fonte Castronaja sfruttando il sentiero sostenuto a tratti da muretti di sostegno. Guadati due piccoli torrenti saliamo su vasto terreno prativo in ambiente selvaggio dominati dalla spettacolare visione della grande parete orientale del Corno alle Scale. Un segnavia in barra di ferro segnala il punto in cui il tracciato, scavato nella prateria, volge con decisione a sinistra sino a guadagnare il soprastante crinale in coincidenza del Passo del Cancellino (m 1634 – ore 2,30 dalla partenza – confine di regione tra Emilia e Toscana). Passiamo come detto sul sentiero di displuviale (segnavia 00) che seguiamo verso destra in ripida salita tra pietre e detriti sino alla marcata insellatura del Passo dello Strofinatoio (m 1847 – ore 0,40 dal Passo del Cancellino). Da qui abbandoniamo il proseguo del sentiero 00 per affrontare le facili roccette sulla destra, seguite poi da comodo sentiero. Raggiungiamo la selletta compresa tra Punta Giorgina e la vetta centrale del Corno dalla quale guadagnamo il punto più alto in meno di un quarto d’ora dal Passo dello Strofinatoio (ore 3,20 dalla partenza). N.B Questa è la via di salita più lunga al Corno alle Scale, ma forse la più bella in ambiente davvero selvaggio e inalterato. Chi conosce il Corno alle Scale per gli impianti sciistici resterà meravigliato da questo itinerario molto solitario e spesso poco conosciuto anche dagli escursionisti stessi. Un traverso presso Fonte Castronaja del tutto facile nella bella stagione, diviene un insidioso ed esposto pendio ghiacciato in presenza di neve: è quindi un percorso eseguibile solo da maggio in avanti.
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