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CIMA SUDOVEST DELLE CORONELLE (m 2781)
Potrebbe apparire surreale l’idea di effettuare una salita nel Gruppo del Catinaccio in ambiente selvaggio e solitario; si tratta infatti di una tra le zone delle Dolomiti maggiormente servite da rifugi, sentieri e impianti di risalita. Eppure la buona notizia è l’esistenza di alcune eccezioni. La Cima delle Coronelle vive una sua esistenza del tutto appartata e la via di salita, dopo una prima parte che segue il frequentatissimo sentiero che unisce i rifugi Paolina e Roda di Vael, rimonta successivamente pendii erbosi e detritici in ambiente molto isolato. Capita con frequenza, anche nel mese di agosto, di eseguire l’ultima parte dell’ascesa in assoluta solitudine e questo non è certo un difetto: bisogna piuttosto parlare di una qualità rara, di un ambiente da salvaguardare. Per noi sono queste le vere Dolomiti! Inutile rimarcare l’importanza di scegliere una giornata stabile per eseguire la salita: il settore sommitale dell’escursione richiede buona visibilità e fondo asciutto trattandosi di una frazione del tutto priva di segnaletica dove occorre quindi buon senso e capacità d’orientamento. Un escursionista capace raggiungerà senz’altro il punto più alto e con un po’ di fortuna potrà osservare mufloni e camosci che popolano la zona grazie al suo isolamento. Un particolare tecnico: la cima principale delle Coronelle è appena più alta (m 2797) e dista in linea d’aria poche decine di metri dalla vetta della cima sudovest, tuttavia gli escursionisti scelgono senz’altro quest’ultima in quanto le difficoltà restano contenute e non vi sono da effettuare passaggi d’arrampicata. Consigliamo la salita nel periodo compreso tra luglio e ottobre per scongiurare la possibilità di trovare tratti innevati o ghiacciati. L’escursione in breve: Rifugio Paolina (m 2125) – Monumento a Christomannos (m 2349) – Rifugio Roda di Vael (m 2280) – sentiero n° 541 – innesto sentiero n° 551 (m 2343) – Gran Busa di Vael – Cima SW delle Coronelle (m 2781) Dati tecnici: Partenza dal Rifugio Paolina (m 2125): Difficoltà: EE. (Vai alla scala delle difficoltà). In prevalenza E sino alla Gran Busa di Vael se si eccettua la risalita dell’angusto canalone detritico che permette l’accesso alla Gran Busa stessa. Nel proseguo la difficoltà diviene valutabile come EE per l’assenza di segnaletica e di una traccia definita. L’itinerario è quindi adatto a persone dotate di buon senso dell’orientamento e con la capacità di muoversi su terreno scosceso a tratti un po’ instabile. Segnaletica: totale sino alla Gran Busa di Vael; qualche raro ometto di pietre nella Gran Busa di Vael quindi segnaletica del tutto assente nel tratto successivo che conduce alla vetta. Dislivello assoluto: m 656. Acqua sul percorso: assente. Accesso alla partenza: Si accede alla partenza dall’abitato di Carezza, raggiungibile da Bolzano risalendo la Val d’Ega. Il paese è posto a monte dell’omonimo lago. Un’altra possibilità consiste nel raggiungere la partenza dalla Val Fassa. In questo caso, in coincidenza del paese di Vigo di Fassa si abbandona la statale che risale la valle per volgere verso occidente a scavalcare il Passo di Costalunga per poi calare fino all’abitato. Da Carezza una comoda funivia, aperta nella stagione estiva, conduce al Rif. Paolina (m 2125) dove la nostra escursione ha inizio. Descrizione del percorso: Il panorama che si gode dalla stazione a monte della funivia, in coincidenza del Rifugio Paolina, è un buon anticipo di quanto potremo osservare nel proseguo: panorami a perdita d’occhio e visioni prative idilliache. Verso occidente, nei giorni più tersi, scorgiamo addirittura i lontani ghiacciai del Cevedale e dell’Ortles mentre verso meridione, nelle immediate vicinanze, il nostro sguardo è attratto dalle rocciose cime del Latemar. Tra meravigliosi prati fioriti seguiamo il sentiero che, in moderata pendenza, sale verso destra. In breve giungiamo a sovrastare dall’alto il Passo di Costalunga con il panorama che si allarga ad oriente verso la Val Fassa e le distanti cime delle Pale di S.Martino. La facile salita procede sino ad immetterci nel soprastante sentiero 549. Lo seguiamo quasi in piano verso destra, in direzione del Rifugio Roda di Vael, raggiungendo in breve il monumento a Christomannos (m 2349 – ore 0,20 dalla partenza). Una grande aquila di bronzo ricorda, come anticipato, Theodor Christomannos (1854 – 1911), colui che per primo ebbe l’intuizione di costruire la grande strada delle Dolomiti unendo Bolzano a Cortina d’Ampezzo e aprendo di fatto la zona al turismo. Superato il monumento la mulattiera prosegue pressoché piana con esposizione al sole di mezzogiorno per poi volgere tra splendidi prati verso nordest. Alla sinistra siamo sovrastati dalle quinte dolomitiche della Punta del Masarè mentre verso settentrione notiamo la lontana, precipite parete meridionale della Marmolada. In ambiente idilliaco assecondiamo le deboli pendenze del sentiero sino a guadagnare l’assolato terrazzo ove sorge il Rifugio Roda di Vael (m 2280 – ore 0,45 dalla partenza). Si tratta di un ottimo punto d’appoggio che invita alla sosta, sempre aperto e gestito nella bella stagione. Parecchi sentieri convergono alla struttura che non a caso è un crocevia assai frequentato e conosciuto nei periodi di massimo afflusso turistico. Da notare il marcato cocuzzolo roccioso del Ciampac che sovrasta a destra il rifugio. Il panorama regala inoltre uno splendido colpo d’occhio sulla sottostante Val di Fassa sino a scorgere l’altopiano roccioso del Sella e l’inconfondibile piramide sommitale del Piz Boè. La nostra escursione prosegue lungo il segnavia 541 lasciando alle spalle il rifugio per addentrarsi nel cuore del gruppo montuoso Roda di Vael – Mugoni. Le pendenze restano poco significative con i prati che cedono il posto ad un ambiente detritico caratterizzato da ghiaioni e grandi massi rocciosi. Aggiriamo verso sinistra un roccione prominente per proseguire in una sorta di vallone desolato e selvaggio sovrastato dall’inconfondibile profilo della Sforcella di fronte a noi e dalla Roda di Vael alla sinistra. Un occhio allenato non faticherà, alle spalle, nel riconoscere ancora una volta la lontana silhouette del Cimon della Pala. Il sentiero prende ora quota sempre senza difficoltà, dominato dalle rocce strapiombanti dei cosiddetti Mugoni. In breve guadagniamo il soprastante altipiano prativo ove troviamo un’importante biforcazione (m 2343). Il sentiero 541 prosegue in modo evidente traversando alla base dei Mugoni per poi salire al Passo delle Zigolade; sulla sinistra si separa invece il “nostro” segnavia 551 con indicazione per il Passo del Vajolon, segnalato a 50 minuti di cammino. Proseguiamo in questa direzione traversando in qualche minuto il pianoro erboso: subito oltre prendiamo quota ripidamente muovendo verso il canalone detritico posto alla sinistra dei Mugoni. Alle spalle notiamo, oltre all’immane muraglia della Roda di Vael, l’ardito picco, che pare indicare il cielo, del Croz di S.Giuliana. In breve siamo alla base inferiore del canalone: la traccia prosegue rimontandolo interamente tenendosi tendenzialmente sulla sinistra per evitare i settori più instabili ed esposti. Con cautela, guidati dal segnavia, saliamo tra massi e detriti prestando molta attenzione al fondo e non esitando, in un paio di passaggi, ad usare le mani sulla roccia per avere un miglior equilibrio; caratteristico è il passaggio presso uno slanciato spuntone roccioso inclinato. In circa 15 minuti rimontiamo l’angusto canale di sfasciumi uscendo da ogni difficoltà in coincidenza della vasta conca superiore (Gran Busa di Vael) dominata dalla Cima Coronelle. L’ambiente appare caratterizzato dalla roccia e dalle ghiaie complice la quota ormai prossima ai 2500 metri e la conseguente vegetazione ridotta a poche zolle d’erba sottosposte all’incessante soffiare del vento. Abbandoniamo il proseguo del sentiero che obliqua in salita verso sinistra in direzione della Sforcella; passiamo a destra dapprima su esile traccia non segnata che poco oltre si perde tra i sassi, quindi su terreno detritico libero nell’ambito del grande piano della Gran Busa di Vael. Di fronte a noi abbiamo le Cime delle Coronelle con, a destra, il marcato Passo dei Mugoni e la cima Mugoni. Procediamo nell’altipiano con qualche raro ometto di pietre obliquando verso occidente in direzione della base della Cima delle Coronelle. Cerchiamo d’intuire dove si articolerà l’ascensione: la vetta poggia su un’ampia ed estesa rupe invalicabile mentre subito alla sinistra delle rocce si osserva un ripidissimo colatoio ghiaioso con, al suo fianco, un altrettanto ripido pendio detritico con magre zolle erbose. E’ questo l’unico passaggio possibile per salire in vetta con difficoltà alla portata di un non alpinista. Prestando molta attenzione all’orientamento muoviamo in questa direzione solcando l’ultimo tratto in piano tra ghiaie e clasti mobili. Terminato l’attraversamento della Gran Busa di Vael cominciamo a rimontare il pendio con pendenza estremamente accentuata. Valutando sul posto la via migliore cerchiamo di mantenere l’equilibrio in questa ripidissima frazione sfruttando preferibilmente i pochi tratti erbosi. Con panorama alle spalle che diviene grandioso osserviamo la pendenza diminuire sino ad accedere ad un bel piano immediatamente alla base della Sforcella e a breve distanza dal soprastante crinale. Il percorso cambia ora direzione: non muoviamo verso la cresta; piuttosto obliquiamo a destra salendo di nuovo ripidamente tra balze erbose, dove la difficoltà appare visivamente inferiore. Occorre tuttavia scavalcare un evidente colatoio roccioso che solca in due parti il pendio prativo. Per superarlo rimontiamo alla sinistra lungo il bordo del solco trovando più in alto una posizione adatta al passaggio sulla destra. L’ascensione prosegue su ripidissimo fondo che alterna zolle erbose ad affioramenti detritici. Con intuito, restando a debita distanza dal pericoloso salto che si affaccia a destra, rimontiamo il pendio. La quota e la particolare angolazione permette una grandiosa visione dei Mugoni e un particolare scorcio in direzione della Roda di Vael immediatamente a sinistra della Sforcella nonché sulla slanciata ed affusolata sagoma del Croz di S.Giuliana. In massima pendenza guadagniamo la base delle roccette sommitali; le contorniamo restando alla loro base spostandoci ulteriormente a destra per poi rimontare l’ultimo breve tratto erboso sino ad accedere alla cresta sommitale. Pochi metri e siamo sull’esile pulpito della cima sudoccidentale delle Coronelle (m 2781 – ore 1,45 dal Rifugio Roda di Vael - ore 2,30 complessive – libro di vetta). Nonostante ci troviamo su un’elevazione considerata a torto secondaria il panorama è di una vasità impressionante. Verso nord troneggia la vetta del Catinaccio con, alla sua sinistra, l’altipiano di Siusi. Sullo sfondo, verso nordovest scintillano, nelle giornate più terse, i grandi ghiacciai del crinale principale delle Alpi. Spostandoci ad ovest e a sudovest l’orizzonte è occupato dalla Presanella e dall’Adamello con le loro grandiose vedrette mentre a distanza più contenuta osserviamo le quinte rocciose del Latemar parzialmente occultate dalle prospicienti pareti sommitali della Sforcella. Verso sudest intravediamo un settore della Val di Fassa sovrastato dalle Pale di San Martino con, sotto la nostra verticale, il pianoro detritico della Gran Busa di Vael precedentemente attraversato per raggiungere la cima. Verso oriente osserviamo l’inconfondibile sagoma della Marmolada con in evidenza la cresta ovest, in parte ghiacciata, della Marmolada di Penia. Il giro d’orizzonte si conclude con le distanti cime delle Tofane e il Gruppo Sella che raggiunge il suo culmine nell’inconfondibile piramide del Piz Boè. Solamente un brevissimo tratto di panorama verso nord è occultato in quanto, a qualche decina di metri in linea d’aria, siamo sovrastati dalla rocciosa e inaccessibile (per un escursionista) cima principale delle Coronelle (m 2797). Il rientro avviene a ritroso prestando la massima attenzione alle frazioni più ripide ed instabili. Da notare come nel tratto compreso tra la Gran Busa di Vael e la cima sia frequente l’incontro con i camosci e con i mufloni. Poche sono le aree delle Dolomiti dove questo tipo d’incontro è frequente ad ulteriore riprova dell’integrità e dell’isolamento dell’area. Cenni sulla flora:
Abbiamo percorso questo itinerario tra i mesi di luglio e agosto riscontrando una grande ricchezza di specie, alcune delle quali endemiche. Segue una breve lista delle principali entità osservate. Piante endemiche: 1) Bonarota comune (Paederota bonarota). Specie rupicola per eccellenza, ama le pareti calcaree dolomitiche verticali. E’ un endemismo del nordest italiano caratterizzato in luglio da belle infiorescenze di colore blu. Si può osservare nelle grandi rocce a lato del sentiero tra il Monumento a Christomannos e il Rifugio Roda di Vael. 2) Sassifraga delle Dolomiti (Saxifraga squarrosa); endemica delle Alpi sud orientali appare molto simile, nell’aspetto, a Saxifraga caesia. La distinzione tra le due specie non è affatto semplice e non è d’aiuto l’osservazione dei fiori che in pratica sono quasi identici. Un elemento distintivo risiede nelle foglie, incurvate solo all’apice in S.squarrosa, curve e aperte su tutta la lunghezza in S.caesia. 3) Millefoglio di Clavena (Achillea clavenae). Tipica pianta di praterie, ghiaioni e pendii aridi su substrato calcareo. E’ un endemismo alpino – dinarico con areale esteso in Italia dalla Lombardia al Friuli. 4) Minuartia cherlerioide (Minuartia cherlerioides). Raro endemismo delle Alpi presente, lungo l’itinerario descritto, in pochi pulvini nei massi presso il Rifugio Roda di Vael. E’ molto simile nell’aspetto a Minuartia sediodes, anch’essa presente lungo il percorso, tuttavia la distinzione tra le due specie è abbastanza agevole in quanto M.cherlerioides presenta solo 4 petali e non 5. 5) Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum). Endemico di un ampio areale centrato essenzialmente sulle Alpi Orientali, è facilmente riconoscibile dal più comune Rododendro ferrugineo per l’evidente pelosità che ne riveste le foglie. 6) Iberidella grassa (Thlaspi rotundifolium), endemica delle Alpi, è facilmente reperibile nei ghaioni mobili. 7) Millefoglio dei macereti (Achillea barrelieri Ten. subsp.oxyloba) endemico delle Alpi centro orientali, presenta il fiore più grande fra le piante del genere Achillea. 8) Valeriana strisciante (Valeriana supina): endemica dell’arco alpino, predilige i ghiaioni rocciosi su substrato calcareo. 9) Campanula di Moretti (Campanula morettiana). Raro, bellissimo endemismo caratterizzato da appariscenti fiori violetti di forma campanulata. L’areale di distribuzione è ristretto a poche aree delle Dolomiti dove predilige le fessure spesso inaccessibili delle rupi calcaree strapiombanti. La sua predilezione per le rocce verticali fa sì che le piante più belle siano spesso raggiungibili solo da alpinisti provetti. Lungo il percorso descritto è osservabile nelle rupi che si incontrano dopo l’innesto nel sentiero 551. Si supera un tratto piano quindi si penetra nel ripidissimo canalone inciso tra le rupi che conduce alla soprastante Gran Busa di Vael. Nelle pareti strapiombanti alla sinistra si incontrano pochi esemplari in fioritura solitamente nei mesi di agosto e settembre. 10) Minuartia austriaca (Minuartia austriaca). Endemismo delle Alpi Orientali presente nei macereti e nei ghiaioni. Diversi esemplari sono presenti lungo il sentiero 541 subito oltre il Rifugio Roda di Vael. Altre specie osservate: 1) Vedovella celeste (Globularia cordifolia) 2) Androsace gelsomino (Androsace obtusifolia); questa pianta, nel complesso piuttosto rara, è presente con alcuni esemplari nella Gran Busa di Vael. 3) Stella alpina (Leontopodium alpinum) 4) Orchide dei pascoli (Traunsteinera globosa) osservabile nei prati del tratto iniziale tra il Rifugio Paolina e il Monumento a Christomannos. 5) Potentilla lucida (Potentilla nitida). Caratteristica nel suo portamento strisciante, offre alcune tra le fioriture più spettacolari delle Dolomiti. E’ presente, ad esempio grandi rocce a lato del sentiero tra il Monumento a Christomannos e il Rifugio Roda di Vael. 6) Papavero alpino retico (Papaver alpinum subsp.rhaeticum) 7) Veronica minore (Veronica aphylla) 8) Campanula dei ghiaioni (Campanula cochlearifolia) 9) Napello (Aconitum napellus) 10) Ormino dei Pirenei (Horminum pyrenaicum) 11) Camedrio alpino (Dryas octopetala) 12) Spillone alpino (Armeria alpina) 13) Crepide dorata (Crepis aurea) 14) Silene a cuscinetto (Silene acaulis) 15) Acino alpino (Acinos alpinus) 16) Sassifraga setolosa (Saxifraga sedoides) 17) Sassifraga gialla (Saxifraga aizoides) 18) Iberidella alpina (Hornungia alpina) 19) Veratro comune (Veratrum album) 20) Genzianella (Gentiana verna) 21) Nigritella comune (Nigritella nigra) 22) Borracina verde scura (Sedum atratum) 23) Geranio selvatico (Geranium sylvaticum) 24) Astro alpino (Aster alpinus) 25) Linaiola d’alpe (Linaria alpina) 26) Cardo spinosissimo (Cirsium spinosissimum) 27) Anemone alpino (Pulsatilla alpina) 28) Luparia (Aconitum lycoctonum) 29) Cariofillata montana (Geum montanum) 30) Gipsofila strisciante (Gypsophila repens) 31) Sulla alpina (Hedysarum hedysaroides) 32) Piede di gatto (Antennaria dioica) 33) Minuartia sedoide (Minuartia sedoides) 34) Pedicolare a spiga breve (Pedicularis rostratocapitata)
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