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MANGART (MANGRT - m 2679)
La prima volta che vedemmo il Mangart eravamo sulla sponda del Lago superiore di Fusine: l’aspetto era quello di una muraglia inconquistabile di calcare bianco, quasi abbagliante sotto il sole di una radiosa giornata d’agosto. L’anno successivo eccolo di nuovo, questa volta dal Monte Lussari, appariscente e slanciato quasi a voler raggiungere il cielo. Provare a salirlo era quasi “un dovere”, dopo averlo visto superbo ed imponente a dominare le altre cime del circondario. E così, il giorno successivo ci trovammo incuriositi e perché no, un po’ intimoriti, sul versante sloveno, alla base di questo colosso di pietra. Un certo timore, osservando il Mangart, non è fuori posto considerato l’impegno richiesto dalla via normale. Escursionisti esperti non incontreranno difficoltà insormontabili, tuttavia è saggio non prendere sotto gamba una via che presenta una lunga frazione attrezzata con funi metalliche e difficoltà che a tratti varcano il 1° grado. Occorre pazienza e buon senso per salire una montagna che dischiuderà, salendo, i suoi gioielli più inattesi: guglie e pinnacoli calcarei, meravigliosi fiori d’alta montagna, alcuni assai rari nonchè la vista sui sottostanti laghi di Fusine che, immersi nel bosco di conifere, sembrano gemme smeraldine alla luce del sole estivo. Infine si è in cima e la sensazione che abbiamo provato è quella di perdersi nell’infinito osservando lontane catene e cime a perdita d’occhio. Auguriamo a tutti voi le nostre stesse emozioni, non ultimo il senso di libertà che abbiamo provato su questa cima, una delle poche tra le maggiori delle Alpi Giulie ad essere abbordabile per ogni buon escursionista. Raccomandiamo la salita nei mesi estivi, possibilmente in agosto o in settembre per evitare residui di neve spesso presenti nel settore rivolto a nord. Nel periodo di ferragosto il Mangart è molto (troppo) frequentato, specie nei fine settimana, ed è quindi conveniente partire molto presto al mattino per non trovarsi in coda nei tratti attrezzati del percorso. Dati tecnici: Partenza dal parcheggio poco a monte del Rifugio Koča na Mangrtskem sedlu (m 1906): Difficoltà: EEA (Vai alla scala delle difficoltà). Lunga frazione attrezzata con funi metalliche fisse e con passaggi intorno al 1° grado. Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: circa m 800. Acqua: assente. Accesso: Si accede alla partenza da Tarvisio seguendo la strada per Cave del Predil. Superiamo il paese quindi bordeggiamo l’estremità settentrionale del bellissimo Lago del Predil. Proseguiamo con un breve tratto più ripido che permette di raggiungere il confine di stato in coincidenza del Passo del Predil. Dal valico divalliamo in territorio sloveno per circa 1,4 km sino al bivio a sinistra con indicazioni per il Mangart. Seguiamo ora la stretta stradina a pagamento lunga circa 11 km che fu costruita dai militari italiani tra la prima e la seconda guerra mondiale. Si tratta della strada più alta della Slovenia: prestando attenzione alle gallerie non illuminate e alla carreggiata a tratti molto stretta la seguiamo fino al suo termine a circa 2000 metri di quota. E’ possibile parcheggiare ai lati della strada. Da notare, lungo il tratto sommitale della strada, il grandioso panorama sull’immensa mole calcarea del Mangart che si erige imponente dominando i prati d’altitudine. Volendo inserire un rifugio al percorso di salita è possibile dare inizio all’escursione circa un km prima del culmine della strada. Si lascia la macchina in una delle tante piazzole per proseguire a piedi lungo la salita indicata dal cartello per il Rifugio Koča na Mangrtskem sedlu (m 1906); lo raggiungiamo in pochi minuti per poi procedere su facile percorso sino ad intercettare l’arrivo a monte della strada asfaltata. Scegliendo questa variante si aggiungono circa 20 minuti di cammino. Descrizione del percorso: L’escursione ha inizio al culmine della strada asfaltata, appena sotto il crinale. Vale la pena di raggiungere, in qualche minuto, la Forcella della Lavina Bianca (Klanška škrbina - m 2055), confine di stato tra Slovenia e Italia. Da questa ampia sella prativa si ha un vasto ed inatteso panorama in direzione della conca che ospita i Laghi di Fusine. Siamo inoltre attratti, verso nordovest, dalle curiose guglie e dai pinnacoli di roccia che fanno da quinte al Picco di Mezzodì mentre ancora più a sinistra siamo sovrastati dalle pendici del Monte Skala. La nostra escursione si articola ora verso destra, in direzione dell’evidente struttura del Mangart. Per un tratto seguiamo l’ampio crinale sul quale è disegnato il confine di stato. I due versanti presentano caratteristiche del tutto differenti: a sinistra, sul lato italiano, è presente un impressionante salto di roccia a strapiombo che ha termine 1000 metri più in basso nella conca dei laghi di Fusine. Il lato sloveno presenta invece, almeno in questo primo tratto, ampi spazi prativi e non è un caso se il nostro sentiero si mantiene in questo versante, appena a lato del profondo salto. Su tracciato ben evidente, scavato nel manto erboso, aggiriamo alcuni dossi in ambiente, soprattutto alle spalle, vasto e luminoso. Compare, a sinistra del Mangart, l’appariscente guglia rocciosa del Travnik. Si tratta di un ostacolo invalicabile che il sentiero deve forzatamente aggirare sul versante sloveno: il comodo fondo prativo lascia quindi spazio a ghiaie e detriti sino a portarsi sotto la verticale della cima. Ignoriamo la traccia che si separa a sinistra e che sale diagonalmente a raggiungere in qualche minuto il crinale in coincidenza della Forcella del Mangart (Mangartsko sedlo - m 2160) per calare poi al Bivacco Nogara. Il nostro percorso prosegue invece restando alla base delle impressionanti rupi verticali che caratterizzano il Travnik. In questo mondo così inospitale di roccia all’apparenza nuda e senza vita, un occhio attento riuscirà a cogliere, nel mese di agosto, la presenza della bellissima Campanula zoysii, pianta endemica delle rupi strapiombanti delle Alpi Giulie, dalle inconfondibili corolle cilindriche di colore azzurro. Contornando la bastionata di roccia calcarea siamo infine ad un salto più impegnativo da superare in salita ma ben attrezzato con funi metalliche fisse. Scavalcato l’ostacolo riprende il sentiero terminando l’aggiramento della soprastante guglia; un ultimo breve tratto a tornantini riporta in pieno crinale. Il panorama verso nord si apre vasto ed appagante ma sono sempre i laghi di Fusine ad offrire lo scorcio più bello. Lasciamo ora l’ardita sagoma del Travnik alle spalle per risalire le ripide rampe settentrionali del Mangart. La prima frazione rimonta le fastidiose ed instabili ghiaie che si accumulano alla base della cuspide sommitale. Questi detriti sono rallegrati, in agosto, dalla presenza di un altro bellissimo fiore endemico: si tratta del Papaver julicum dalla grande corolla bianca. Ignoriamo la deviazione a destra per la ferrata slovena che conduce alla cima per un ripido canale roccioso. Poco oltre trascuriamo allo stesso modo il bivio a sinistra dal quale arrivano gli alpinisti che hanno percorso la ferrata italiana. In ultimo termina il tratto su detrito e siamo ora alla base delle rocce che la montagna rivolge a nord. Ha ora inizio la frazione più impegnativa della via di salita, trattandosi di un lungo settore attrezzato con funi metalliche fisse. Con piede fermo e molta attenzione seguiamo le attrezzature sfruttando costole e cenge inclinate. In forte pendenza ma con appigli sicuri assecondiamo i salti rocciosi prestando la massima attenzione in caso di fondo umido e scivoloso. Sono continuamente presenti pianerottoli che permettono di osservare comodamente il panorama circostante; alle spalle spicca il “gigante” per eccellenza nell’area del tarvisiano: lo Jôf di Montasio con la sua grandiosa parete settentrionale. Verso nord non possiamo non rimanere estasiati dalla visione della grande conca glaciale racchiusa tra il Picco di Mezzodì, il Mangart e la Ponza Grande. I laghetti di Fusine impreziosiscono l’anfiteatro con le loro acque di colore turchese. Il percorso prosegue inerpicandosi con pioli e funi sull’inconfondibile calcare bianco che caratterizza il ripidissimo pendio. La pendenza infine decresce con la fune che in ultimo traversa orizzontalmente su cengetta. Un breve sbalzo in discesa di qualche metro costituisce la fine della frazione attrezzata dopodiché, su percorso finalmente privo d’attrezzature, traversiamo lungo il pendio detritico. Il sentiero è sufficientemente ampio, è comunque consigliabile la massima attenzione all’esposto salto sulla sinistra. E’ un settore dove, complice l’esposizione a nord, la neve tende a permanere a lungo. La presenza dell’eventuale nevaio rende delicato il traverso ed è bene tenerne conto per non trovarsi in difficoltà su terreno privo di assicurazioni. Con piede fermo e prudenza per il fondo detritico instabile, superiamo il caratteristico traverso per poi volgere progressivamente verso destra con l’esposizione che decresce rapidamente. Superiamo un settore caratterizzato da ghiaie e grandi massi aggirando a destra un profondo spacco tra le rocce dove la neve si conserva in pratica per tutto l’anno. In ultimo guadagniamo la spalla orientale del Mangart (m 2485). Si aprono verso est nuovi orizzonti con la comparsa in primo piano della struttura rocciosa dello Jalovec mentre in lontananza si scorge la massima cima della Slovenia: il Triglav (Monte Tricorno). Il percorso volge ora a destra con un tratto quasi piano su sottile cengia: ancora una volta è richiesto piede fermo sebbene la larghezza del percorso escluda difficoltà legate all’esposizione. Il sentiero si porta alla base di un ripidissimo canale franoso, chiave manifesta per accedere alla cima. Il segnavia guida lungo le roccette con un tratto ricco d’appoggi ma in forte pendenza. Prestando la debita attenzione ad alcune rocce smosse accediamo al settore superiore dove il percorso diviene più evidente. In ultimo la pendenza decresce raggiungendo infine il caratteristico pianoro detritico che contraddistingue il punto più alto (m 2679 – ore 2,30 dalla partenza – libro di vetta). Indimenticabile il panorama, grazie all’isolamento della cima rispetto alle altre elevazioni del gruppo. Da notare lo scorcio verso meridione sul gruppo del Canin a sovrastare un piccolo settore del Lago del Predil mentre, immediatamente alla sua destra, è presente la sagoma dello Jôf di Montasio. A oriente il paesaggio è un universo abbagliante di creste e cime di roccia calcarea bianca. Nessuna vetta raggiunge i 3000 metri; la più alta è il Triglav la cui sagoma, assieme a quella dello Jalovec, appare come detto in precedenza, ben visibile. Eppure, nonostante le altezze non eccelse, la sensazione è di trovarsi ben più in alto complice il fondo roccioso, la scarsa vegetazione e il clima particolarmente rigido che caratterizza questi settori. A settentrione, ancora una volta, osserviamo l’estremo angolo nordorientale d’Italia con gli straordinari Laghi di Fusine ai quali è senz’altro raccomandabile una visita. Il rientro avviene a ritroso e raccomandiamo la massima attenzione nei due tratti più impegnativi della salita: il ripidissimo canale franoso posto subito sotto la vetta e la lunga frazione attrezzata nel versante settentrionale della montagna. Cenni sulla flora:
La flora alpina che caratterizza le pendici del Mangart appare di grandissimo interesse per l’escursionista in quanto include entità rare ed endemiche. Elenchiamo una selezione delle principali osservate. Da notare che abbiamo percorso la via di salita a metà agosto, un periodo tutto sommato propizio per le fioriture essendo la stagione vegetativa assai ritardata in questo settore delle Alpi Giulie. L’area è caratterizzata infatti da temperature comparativamente parlando più basse, a parità di quota, in paragone alle Alpi Occidentali e Centrali. Entità endemiche: 1) Campanula di Zoys (Campanula zoysii); l’endemismo per eccellenza delle Alpi Giulie con areale esteso sia al versante italiano che a quello sloveno delle Alpi Giulie. E’ una tipica pianta dei detriti e soprattutto delle rocce calcaree, dove spesso si insedia in posizioni strapiombanti. La singolarissima forma della corolla la rende del tutto inconfondibile. Nonostante le dimensioni contenute del fiore è facilmente osservabile nelle rupi strapiombanti del Monte Travnik che sovrastano il sentiero nel tratto iniziale di salita. A favorirne l’avvistamento contribuisce la colorazione azzurro intensa dei petali a contrastare con le rocce bianche calcaree sulle quali cresce. La fioritura è di solito ritardata (agosto e talvolta settembre). 2) Papavero delle Alpi Giulie (Papaver julicum); splendido endemismo dai grandi fiori bianchi con areale diviso in due parti. E’ presente principalmente su Alpi e Prealpi Giulie mentre un secondo areale interessa l’Appennino Centrale (ad esempio sul Gran Sasso). Come indicato nella descrizione è presente con diversi esemplari nel pendio detritico grosso modo presso il bivio con le ferrate italiana e slovena. Altri esemplari sono osservabili nel traverso esposto immediatamente successivo al termine della frazione attrezzata. 3) Bonarota gialla (Paederota lutea); endemica del nordest (Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli) ama i ghiaioni e soprattutto le rocce calcaree anche strapiombanti. Nella salita al Mangart condivide il suo habitat con la Campanula zoysii. E’ presente pertanto sulle pendici del Monte Travnik e in particolare nel breve tratto che sale dalla via normale al Mangart alla Forcella del Mangart. 4) Millefoglio di Clavena (Achillea clavenae); Tipica pianta di praterie, ghiaioni e pendii aridi su substrato calcareo. E’ un endemismo alpino – dinarico con areale esteso in Italia dalla Lombardia al Friuli. Altre piante osservate: 1) Graminia di Parnasso (Parnassia palustris) 2) Genziana nivale (Gentiana nivalis) 3) Genziana germanica (Gentiana germanica) 4) Poligono viviparo (Polygonum viviparum) 5) Potentilla lucida (Potentilla nitida); presente ad esempio nel solco franoso subito sotto la vetta. 6) Iberidella alpina (Hornungia alpina) 7) Arabetta alpina (Arabis alpina) 8) Luparia (Aconitum lycoctonum) nei prati presso la partenza. 9) Celoglosso (Coeloglossum viride) 10) Sassifraga solcata (Saxifraga exarata) 11) Sassifraga gialla (Saxifraga aizoides) 12) Sassifraga verde azzurro (Saxifraga caesia) 13) Cardo spinosissimo (Cirsium spinosissimum) 14) Primula orecchia d’orso (Primula auricula) sulle pareti calcaree strapiombanti del Travnik. 15) Camedrio (Dryas octopetala) 16) Cavolaccio alpino (Adenostyles alliariae) 17) Moehringia cigliata (Moehringia ciliata) 18) Iberidella grassa (Thlaspi rotundifolium) 19) Genzianella peduncolata (Gentiana tenella) 20) Sassifraga stellata (Saxifraga stellaris) 21) Sassifraga incrostata (Saxifraga crustata) 22) Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata) 23) Silene a cuscinetto (Silene acaulis) 24) Silene alpestre (Heliosperma alpestre)
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