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COL DEL FER (o COL DE FER - m 2019)
Col de Fer, un nome che probabilmente non avete mai udito. Si tratta in effetti di un rilievo modesto, pressoché sconosciuto alla stragrande maggioranza degli escursionisti. Eppure esistono poche posizioni in grado di donare una vista migliore sulla colossale mole del Monte Pelmo. Stiamo parlando pertanto di una camminata in ambiente dolomitico di grandiosa ed insospettabile bellezza. Abbiamo effettuato questa ascensione ad inizio estate provando stupore e meraviglia per un itinerario che offre magnifici prati erbosi a contrastare con le vicine e strapiombanti pareti dolomitiche. Considerata la quota contenuta del percorso ne consigliamo la percorrenza in maggio, giugno oppure in autunno evitando i periodi più caldi. L’escursione in breve: Zoppè di Cadore – Sagui (m 1460) – sentiero 471 – innesto sentiero 493 (m 1799) – Passo di Rutorto (m 1931) – Rifugio Venezia A. De Luca (m 1946) – Passo di Rutorto (m 1931) – sentiero 475 (Campi di Rutorto) – Col del Fer (m 2019) Dati tecnici: Partenza dal Zoppè di Cadore (località Sagui - m 1460): Difficoltà: E (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale tranne nella breve deviazione alla vetta che avviene su traccia tra i mughi non segnata. Dislivello assoluto: m 559. Acqua sul percorso: assente Accesso: Si risale la Val di Zoldo sino ad incontrare, in prossimità di Forno di Zoldo, il bivio a destra con indicazioni per Zoppè di Cadore. La SP 7 sale fino a guadagnare il piccolo centro abitato. Il tratto percorribile in automobile procede poco oltre raggiungendo la borgata Sagui (m 1460) in coincidenza della quale ha inizio il nostro cammino. Descrizione del percorso: Poco prima del termine della strada (in localita Sagui) troviamo sulla destra un vecchio e malconcio cartello in legno pressochè illeggibile che indica l’esile sentierino che rimonta ripidamente il pendio. È l’unico punto dell’escursione non chiaro per la mancanza dei segnavia; nel proseguo non avremo alcun problema d’orientamento. Lasciamo alle nostre spalle le ultime case per salire nella vegetazione sino ad intercettare, dopo qualche minuto, una più ampia stradina forestale che seguiamo verso sinistra. Il segnavia 471 prosegue divenendo un buon sentiero. Guadiamo il torrente quindi in salita moderata entriamo nel denso lariceto. Affrontiamo una lunga salita nel bosco con il panorama precluso, nella prima parte, dalla fitta alberatura. Seguendo la chiara segnaletica prendiamo quota; cominciamo ad intravedere, tra la vegetazione, l’immensa mole del Monte Pelmo. Ad un’ora dalla partenza il sentiero nel bosco confluisce nell’ampia strada forestale chiusa al traffico turistico che sale da Zoppè di Cadore passando per il Tablà Belvedere. Siamo a 1799 metri di quota e si apre, alla nostra sinistra, una grandiosa veduta del Monte Pelmo. È una vista che diverrà una costante per gran parte del tratto successivo. Seguiamo la sterrata verso sinistra con pendenza che diviene contenuta. A differenza della frazione precedente si aprono splendide vedute sulle quinte dolomitiche circostanti. Il tracciato, sempre molto ampio e facile, traversa alla base delle cosiddette “Crode de Pena” caratterizzate da grandi rupi di dolomia strapiombanti con un suggestivo tratto letteralmente a picco sulla forestale. Sulla sinistra il paesaggio resta ampio, caratterizzato da grandi boschi di conifere mentre di fronte a noi è sempre il Pelmo a dominare completamente la scena con le sue ardite guglie e le immense pareti di dolomia. Nel proseguo raggiungiamo un ambiente idilliaco, caratterizzato da grandi spazi prativi debolmente ondulati. Il contrasto con le rocce del Pelmo è notevole e crea splendide occasioni per gli amanti della fotografia specie ad inizio stagione quando la vegetazione riprende vita dopo il lungo inverno alpino. La forestale attraversa queste magnifiche distese erbose in un paesaggio riposante di grande bellezza. Poco oltre la sterrata si restringe progressivamente lasciando spazio infine ad un buon sentiero che si sviluppa tra bosco rado con un breve tratto sostenuto da traverse in legno per scavalcare una piccola zona umida. Da rilevare la vista verso sudest in direzione del Monte Pena che pare emergere dal sottostante bosco di conifere. In salita moderata osserviamo il lariceto divenire meno denso lasciando spazio a macchie di pino mugo e a nuove frazioni prative fino ad accedere all’ampio Passo di Rutorto (m 1931), importante crocevia di numerosi sentieri segnati. La posizione appare estremamente panoramica aprendosi in una magnifica visione delle montagne del cortinese. Di particolare imponenza appare la vista del massiccio del Sorapiss e soprattutto della grande piramide del Monte Antelao, seconda vetta per altezza delle intere Dolomiti. Vale la pena di raggiungere, con una breve digressione di pochi minuti, il già visibile Rifugio Venezia (m 1946) posto in splendida posizione alla base di un grande ghiaione detritico appoggiato alle immense pareti del Monte Pelmo. Non è un caso se la struttura funge da punto di appoggio per gli alpinisti che vorranno salirne le pendici. Dalla costruzione possiamo osservare, immediatamente a destra del Monte Antelao, la cima caratterizzata da pini mughi del Col de Fer, obiettivo della nostra escursione. Per guadagnarne la sommità rientriamo a ritroso, in qualche minuto, sino al Passo di Rutorto. Il raggiungimento del modesto rilievo richiede inizialmente la percorrenza del sentiero 475 con cartelli in coincidenza del valico indicanti Malga Ciauta, Villanova e Borca di Cadore. Il percorso segnato segue l’evidente tratturo che taglia i verdeggianti “Campi di Rutorto”, affacciati ancora una volta sulle pendici del Monte Pena e del Pelmo. Pochi altri luoghi permettono una visione altrettanto ravvicinata del Monte Pelmo che, con le sue verticalità, determina un senso di potenza e di immensità con pochi eguali nelle Dolomiti. Paletti in legno indicano la giusta direzione con tracciato caratterizzato sostanzialmente da deboli ondulazioni nel manto prativo. Lasciato alla nostra destra l’avvallamento erboso alla base del Monte Pena, il sentiero raggiunge un culmine poco accentuato (m 1951) dopo il quale volge verso sinistra perdendo debolmente quota in direzione di un sottostante piano torboso come evidente dalla vegetazione tipica delle zone stagnanti. Senza calare nel prato acquitrinoso si abbandona il tracciato segnato per seguire l’esile traccia che resta sulla dorsale scostandosi a sinistra rispetto al sentiero 475. Non vi sono indicazioni di alcun genere, tuttavia l’orientamento non risulta difficile avendo l’accortezza di lasciare i prati acquitrinosi alla destra, sotto di noi. La traccia di sentiero risulta per altro abbastanza evidente affacciandosi su entrambi i versanti e serpeggiando tra cespugli di pino mugo e alberi di larice. Prestando attenzione a non perdere l’esile traccia rimontiamo il pendio in pendenza moderata con gli alberi che cedono definitivamente il passo al fitto intrico della mugheta. Il sentierino serpeggia stretto e angusto tra i coriacei tronchi dei mughi. La cima è ormai in vista: una breve frazione in salita porta ad uscire dalla vegetazione sino ad accedere all’esile radura che caratterizza la modesta sommità del Col de Fer (m 2019 – ore 2 dalla partenza). Il panorama di vetta è la dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto superficiale sia trascurare una montagna solo perché poco appariscente o inferiore rispetto alle altre del circondario. Soprattutto la Val d’Ampezzo appare visibile per un lungo tratto unitamente ai grandi massicci che si elevano sulla sua sinistra orografica (Sorapiss e Antelao). Si ripete la vista del Monte Pena con la sua inconfondibile sommità che appare da questa posizione quasi tabulare. La visione del Pelmo resta ancora una volta il motivo dominante di questa escursione anche dalla cima del Col de Fer. Il rientro avviene a ritroso per un totale complessivo di ore 3,30 di cammino. Cenni sulla flora:
Di seguito un estratto delle principali specie osservate in occasione della nostra salita avvenuta alla metà del mese di giugno. 1) Anemone trifogliata (Anemone trifolia) 2) Bugola (Ajuga reptans) 3) Genziana di Koch (Gentiana acaulis) 4) Genzianella (Gentiana verna) 5) Viola gialla (Viola biflora) 6) Botton d’oro (Trollius europaeus) 7) Pepe di monte (Daphne mezereum) 8) Primula farinosa (Primula farinosa) 9) Primula nana (Primula minima) endemica delle Alpi Orientali. 10) Biscutella montanina (Biscutella leavigata) 11) Pinguicola alpina (Pinguicula alpina). Una delle poche piante carnivore presenti in Italia; le sue foglie appiccicose sono una trappola per gli insetti più piccoli; la pianta produce poi enzimi atti a digerire le prede 12) Primula orecchia d’orso (Primula auricula), nelle rocce a monte del sentiero 493. 13) Valeriana delle rupi (Valeriana saxatilis) 14) Valeriana trifogliata (Valeriana tripteris) 15) Anemone alpino (Pulsatilla alpina) 16) Sassifraga incrostata (Saxifraga crustata) osservata lungo il sentiero 493. 17) Sassifraga verde azzurro (Saxifraga caesia) osservata presso la cima. 18) Rododendro nano (Rhodothamnus chamaecistus). Pianta endemica del nord-est, dal fiore particolarmente bello e appariscente per la sua splendida colorazione rosata. È presente proprio in coincidenza della vetta del Col de Fer. 19) Draba dubbia (Draba dubia) in coincidenza della cima del Col de Fer. 20) Camedrio alpino (Dryas octopetala) sulla cima del Col de Fer. 21) Rododendro ferrugineo (Rhododendron ferrugineum) 22) Clematide alpina (Clematis alpina) 23) Soldanella alpina (Soldanella alpina) 24) Soldanella della silice (Soldanella pusilla) 25) Acetosella (Oxalis acetosella) 26) Fragolina di bosco (Fragaria vesca) 27) Erica carnea (Erica carnea) 28) Polmonaria maggiore (Pulmonaria officinalis) 29) Croco (Crocus vernus) 30) Calta (Caltha palustris) 31) Citiso irsuto (Chamaecytisus hirsutus) nei prati presso la partenza. 32) Bartsia alpina (Bartsia alpina) 33) Nontiscordardime (Myosotis alpestris) 34) Arabetta stellata (Arabis bellidifolia) 35) Geranio stellato (Geranium phaeum)
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