Cima dell'Avrinone - Cima Tuflungo

CORNO DELL’AVRINONE (m 1524)

CIMA TUFLUNGO (m 1715)

Posta sul confine settentrionale del Parco Regionale dell’Alto Garda Bresciano, al confine tra Lombardia e Trentino, la Cima Tuflungo è, a torto, raramente salita. Il panorama di vetta è invece di insospettabile ampiezza, esteso a gran parte delle Alpi di Ledro con l’omonimo lago in bella vista mentre in lontananza arriviamo ad ammirare il Gruppo dell’Adamello con particolare riferimento alla piramide del Carè Alto. Sono zone che furono interessate dalla prima guerra mondiale; ne restano numerose, evidenti testimonianze nelle trincee e negli appostamenti ancora visibili proprio in piena cresta. La via di salita ricalca la bella strada forestale chiusa al traffico che dal Passo di Nota sale al Passo Tremalzo. Purtroppo una parte del percorso attraversa zone che sono state colpite nell’ottobre 2017 da un terribile incendio di natura dolosa. Il danno ambientale è stato molto notevole per una zona in cui abbondano animali selvatici e rari endemismi botanici. In attesa che la natura possa riprendersi gli spazi rubati dal fuoco resta negli occhi dell’escursionista la visione delle principali montagne del Trentino meridionale e della zona del Garda. L’ascensione comprende la salita al modesto Corno dell’Avrinone posto a breve distanza dal Passo Prà della Rosa. Consigliamo l’ascensione nel periodo compreso tra maggio e novembre mentre in inverno la neve si accumula in grande quantità nel settore superiore della salita.

L’escursione in breve:

Passo Nota (m 1208) – Passo Prà della Rosa (m 1446) – Corno dell’Avrinone (m 1524) – Passo Prà della Rosa (m 1446) – Passo dei Gatòn (m 1637) – Cima Tuflungo (m 1715)

Dati tecnici:

Partenza dal Passo Nota (m 1208): Difficoltà: E (in prevalenza T; brevi tratti E nelle deviazioni alle cime). (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale lungo la strada militare; assente nelle deviazioni al Corno d’Avrinone e alla Cima Tuflungo. Dislivello assoluto: m 507. Acqua sul percorso: assente.

Accesso alla partenza:

L’escursione ha inizio in coincidenza di Passo Nota che si raggiunge su strada stretta ma asfaltata che sale dal paese di Vesio. Chi proviene da nord può raggiungere Vesio da Limone sul Garda su comoda provinciale. Arrivando da sud si segue la Gardesana Occidentale superando Salò, Gardone Riviera, Toscolano Maderno, Gargnano e Campione sul Garda. Un paio di km dopo il bivio per Campione si raggiunge la deviazione, a sinistra, per Pieve di Tremosine. La strada risale spettacolarmente la stretta Forra di Brasa sino all’altopiano ove è posto il paese di Pieve. Volgiamo a destra con la provinciale che da Pieve raggiunge senza difficoltà la frazione di Vesio. Sia che si provenga da nord o da sud, una volta raggiunto il paese di Vesio si seguono le indicazioni per Passo Nota risalendo la valle di Bondo. La strada è stretta ma asfaltata e ben tenuta. Con una lunga serie di tornanti si guadagna quota sino a raggiungere il valico. Ignoriamo il proseguo, per altro proibito ai mezzi motorizzati, per il Passo di Tremalzo dove si articolerà la nostra salita a piedi. Chi lo desidera può proseguire per altri 200 metri verso destra sino al parcheggio presso il Rifugio degli Alpini dove si lascia l’automezzo.

Descrizione del percorso:

Come anticipato, gran parte della nostra escursione ricalca il tracciato della strada a fondo naturale che fu costruita durante la prima guerra mondiale salendo con decine di tornanti lungo le pendici dei monti Nota, Tuflungo e Corno della Marogna. Inutile dire che il tracciato si presenta molto comodo e con tutta probabilità non mancherete di incontrare numerosi appassionati di mountain bike.

Nella prima parte ci innalziamo rispetto ai prati che accolgono il Rifugio degli Alpini. Nonostante l’alberatura per lo più a conifere il panorama ha modo immediatamente di estendersi abbracciando la vicina sagoma del Monte Carone e il più distante Monte Altissimo di Nago che, come noto, è posizionato ad oriente del lago di Garda. Stupisce l’eccellente stato di conservazione della strada che, alla fine del secolo scorso, era ancora percorribile in automobile, impresa che doveva essere non priva di rischi tenendo conto della carreggiata stretta e dell’assenza di parapetto in molti tratti esposti. Provvidenziale fu posto il divieto di transito non solo per la pericolosità del tracciato ma anche, e soprattutto, per il grande valore dal punto di vista ambientale della zona. Da allora il percorso è esclusivo appannaggio dei ciclisti e degli escursionisti.

La salita appare in moderata pendenza grazie ai numerosi tornanti. La vista progressivamente si estende arrivando ad includere la parte più meridionale del Lago di Garda oltre ad un lungo tratto della catena del Monte Baldo con in evidenza il Monte Altissimo di Nago. In direzione opposta notiamo le pendici rocciose del Monte Caplone e il vicino Monte Tombea. Nel proseguo entriamo nella zona interessata dal rovinoso incendio dell’ottobre 2017. E’ una sofferenza osservare i tronchi contorti ed anneriti dalle fiamme: purtroppo serviranno molti decenni per recuperare quanto è andato perduto. In lontananza scorgiamo un piccolo tratto del Lago di Garda sovrastato dalla catena del Baldo mentre nelle immediate vicinanze compaiono alcuni caratteristici pinnacoli calcarei nei quali si è insediata una rara flora endemica alla quale faremo riferimento in coda alla descrizione. In moderata pendenza raggiungiamo il Passo Prà della Rosa dove siamo accolti da un’ampia radura erbosa (m 1446 – cartello con toponimo – ore 0,40 dalla partenza).

Vale la pena d’abbandonare momentaneamente la strada militare per eseguire una breve digressione che permetterà di raggiungere in pochi minuti la vetta del Corno dell’Avrinone. Lasciamo alla nostra sinistra l’ampio sentiero con indicazione per Malga Corno e Malga Cita seguendo, appena più a destra, la vecchia mulattiera militare che raggiunge in qualche minuto un modesto capanno di caccia. Proseguiamo oltre con il tracciato che diviene un’esile striscia nel manto erboso accedendo infine al culmine del Corno dell’Avrinone (m 1524 – ore 0,20 dal Passo Prà della Rosa – ore 1 dalla partenza). D’assoluto rilievo appare il panorama esteso verso nord alla testata della Val Concei e alle principali cime delle Alpi di Ledro con in evidenza la dorsale culminante nella Cima Parì e nella Cima d’Oro. Più distanti, verso nordest, notiamo le cime del Bondone e il Monte Stivo mentre ad oriente l’orizzonte è sempre dominato dal Monte Baldo. Nelle immediate vicinanze cominciamo ad osservare l’inconfondibile parete del Monte Tremalzo caratterizzata da una serie di stratificazioni rocciose sovrapposte mentre più lontane svettano alcune cime delle Alpi Giudicarie.

Rientriamo a ritroso sino al Passo Prà della Rosa (ore 0,15 dalla cima) andando a riprendere l’ampia strada militare chiusa al traffico che continuiamo a seguire in direzione del Passo Tremalzo. La pendenza resta moderata e il percorso affronta alcune brevi gallerie per scavalcare alcuni costoni rocciosi strapiombanti. Lasciamo alle spalle l’ancora visibile Corno dell’Avrinone quindi aggiriamo le pendici meridionali della Cima Tuflungo con un lungo tratto a mezzacosta (breve tratto in debole discesa). Il paesaggio appare sempre ampio, aperto ad oriente e quindi ben illuminato sin dal mattino. Cominciamo a scorgere le vette dei Monti Lessini al di là dell’ampia depressione compresa tra il Monte Altissimo di Nago e la parte centrale della catena del Monte Baldo. Colpisce ancora una volta l’incredibile tracciato della strada militare che permette, transitando tra picchi, guglie e pareti calcaree strapiombanti, di transitare in una zona altrimenti assai impervia ed isolata. Compaiono alcune conifere a testimoniare l’aumento di quota quindi affrontiamo una lunga sequenza di tornanti per vincere il pendio ora più ripido e faticoso. Complice l’altitudine restano spesso, in questo tratto, resti di neve sino a metà primavera. Siamo infine al Passo dei Gatòn (m 1637 – ore 0,45 dal Passo Prà della Rosa - ore 2 dalla partenza).

Molto travagliata appare la storia del toponimo più volte storpiato senza ragione e reso in alcune mappe Passo Gattum o addirittura Passo dei Gattini. Il valico appare poco evidente in quanto non segnalato da alcun cartello. Per riconoscerlo tenete conto che in sua coincidenza abbandoniamo la strada militare per il Passo Tremalzo che continuerebbe volgendo in ulteriore salita verso sinistra. Sulla destra si separa infatti un ampio sentiero erboso che seguiamo, tra pino mugo, andando a sfiorare il punto più alto della Cima Tuflungo (m 1715 – ore 0,15 dal Passo dei Gatòn – ore 2,15 dalla partenza). Dal punto più alto il panorama è in parte ostacolato dalla vegetazione. Poco prima della cima si separa tuttavia, sulla sinistra, un’esile traccia nella vegetazione che traversa lungo il fianco rivolto a meridione restando poco al di sotto della vetta. In pochi minuti, prestando la debita attenzione al tracciato stretto e a qualche balza rocciosa, guadagniamo un pulpito che regala un favoloso paesaggio aperto verso nord. E’ la vista migliore dell’intera avventura.

Dominiamo dall’alto il bellissimo Lago di Ledro sovrastato dalla dorsale culminante nella Cima Parì, Cima Sclapa e Cima d’Oro. Volgendo verso occidente notiamo la val Concei, il Monte Cadria, massima cima delle Alpi di Ledro quindi le vette del Gruppo dell’Adamello a chiudere l’orizzonte con in evidenza l’inconfondibile piramide rocciosa del Carè Alto. Il giro d’orizzonte procede verso sudovest con la grande sagoma dalla forma trapezoidale del Monte Tremalzo caratterizzato da una serie di stratificazioni rocciose affioranti. Alla sua sinistra notiamo il Corno della Marogna e alla sua sinistra, più in basso, il tracciato della strada militare abbandonata per portarsi in vetta. Verso nordest il paesaggio è caratterizzato dalle catene montuose del Trentino meridionale e del Veneto con in evidenza la Lessinia e i più vicini Monte Altissimo di Nago, Monte Stivo e Monte Bondone. Il rientro avviene a ritroso per un totale di ore 4 di cammino.

Cenni sulla flora:

Il cammino si sviluppa all’interno di un’area di elevato valore naturalistico. Nonostante la devastazione determinata dall’incendio del 2017 restano presenti numerose specie botaniche endemiche. L’intera zona compresa tra il Lago di Garda, la Val di Ledro, le Valli Giudicarie e la Valvestino, nonostante sia impervia e in gran parte isolata, è molto nota agli esperti di botanica per la straordinaria concentrazione di piante endemiche, uniche al mondo, che trovano rifugio negli anfratti e sulle pareti calcaree. Si tratta di un settore che, durante le glaciazioni del quaternario, fu risparmiato dai ghiacci pertanto diverse specie altrove estinte trovarono rifugio proprio in queste aree. Parecchie piante, isolate all’epoca su queste cime, mutarono per resistere alle condizioni climatiche in nuove specie esclusive che ancora oggi sono osservabili con relativa facilità. Di seguito trovate un elenco succinto delle principali specie osservate in occasione della nostra salita avvenuta per altro molto in anticipo (mese di aprile), e quindi in un periodo non troppo favorevole per osservare le fioriture.

Endemismi:

1)     Dafne delle rocce (Daphne petraea); indubbiamente l’entità più preziosa tra quelle osservabili lungo questo percorso. E’ presente con sorprendente abbondanza nelle rocce dolomitiche strapiombanti che sovrastano la strada militare che sale dal Passo Nota al Tremalzo. I primi pulvini sono presenti poco a valle del Passo Prà della Rosa. Abbondantissima appare nel tratto successivo, salendo verso il Passo dei Gaton, Nel mese di maggio i cuscinetti della pianta si rivestono di numerosi fiorellini rosa rallegrando e dando vita alle rocce strapiombanti del settore. Come detto si tratta di una pianta endemica ad areale particolarmente ristretto: è nota unicamente per i monti della Val di Ledro, della Valvestino e per la zona della Corna Blacca – Cima Caldoline a cavallo tra la Val Sabbia e la Val Trompia. 

2)     Carice del Monte Baldo (Carex baldensis), inconfondibile per la sua curiosa infiorescenza a spiga di colore bianco. E’ un endemismo insubrico con areale esteso dalle Grigne ai Monti Lessini e con una presenza secondaria in Engadina.

3)     Primula meravigliosa (Primula spectabilis). Caratterizzata da un’appariscente corolla con petali tra il rosso e il violetto, è un endemismo insubrico con areale esteso dalla Val Camonica sino ai monti del Grappa.

4)     Moehringia verde glauca (Moehringia glaucovirens); raro endemismo ad areale molto ristretto diviso in due aree ben distinte. Una interessa il cortinese (provincia di Belluno), l’altra interessa buona parte delle Prealpi Bresciane. Si tratta di una pianta ombrofoba che mal tollera la pioggia e le intemperie. Non è un caso se trova rifugio nelle nicchie e nelle fessure alla base delle rocce calcaree verticali. E’ osservabile in un anfratto ombroso a destra della strada nel tratto compreso tra il Passo Prà della Rosa e il Passo dei Gaton.

Altre specie osservabili:

1)     Bosso strisciante (Polygala chamaebuxus)

2)     Rosa di Natale (Helleborus niger)

3)     Erica carnea (Erica carnea)

4)     Potentilla caulescente (Potentilla caulescens)

5)    Uva ursina (Arctostaphylos uva-ursi)

6)     Dente di cane (Erithronium dens-canis)

7)     Primula (Primula vulgaris)

8)     Primula odorosa (Primula veris)

9)     Primula orecchia d’orso (Primula auricula). Inconfondibile per le sue foglie farinose.

10) Erba trinità (Hepatica nobilis)

11)  Soldanella alpina (Soldanella alpina)

12) Croco (Crocus vernus)

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