Avez

MONTE AVEZ (m 1897)

Posto sul confine tra Lombardia e Trentino, il Monte Avez è una delle più alte cime del Parco Alto Garda Bresciano; nonostante ciò è una delle vette più facili da raggiungere dell’intero circondario. La vicinanza del Passo di Tremalzo come punto di partenza riduce al minimo il dislivello da coprire; il percorso di salita ricalca inoltre ampie strade bianche che furono in gran parte costruite dai militari all’epoca del primo conflitto mondiale quando la zona era attraversata dal confine tra il Regno d’Italia e l’Impero Austro Ungarico. Il percorso è conosciuto dagli amanti della mountain bike ed è inoltre ben percorribile con le ciaspole nel periodo invernale quando l’innevamento è di solito consistente. Se la proposta può sembrarvi troppo breve esiste la possibilità di allungare a piacimento il cammino aggiungendo una o più cime del circondario fra le quali ricordiamo i circostanti Monte Tremalzo e il Corno della Marogna oppure, con percorso molto più lungo, il Monte Caplone e il Monte Tombea.

L’escursione in breve:

Albergo Garda (m 1702) - Passo di Tremalzo (m 1675) – Passo della Crocetta (m 1665) - Passo del Dil (m 1723) – Passo di Cap (m 1800) – Monte Avez (m 1897)

Dati tecnici:

Partenza dall’Albergo Garda (m 1702): Difficoltà: T (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: parziale ma non necessaria in quanto il percorso si sviluppa quasi interamente su ampie carrarecce. Dislivello assoluto: m 233. Acqua sul percorso: assente.

Accesso alla partenza:

Da Riva del Garda seguiamo la statale che conduce in Val di Ledro. Attraversate due lunghe gallerie (la seconda quasi 4 km) si penetra nello stretto solco vallivo. Risaliamo la valle attraversando il paese di Biacesa per poi raggiungere il Lago di Ledro in coincidenza del paese di Molina. La statale prosegue comoda lungo la sponda settentrionale del bellissimo specchio d’acqua. Raggiungiamo Pieve di Ledro, quindi procediamo oltre il lago toccando i paesi di Bezzecca, Tiarno di Sopra e Tiarno di Sotto. Siamo infine ad un secondo più piccolo specchio d’acqua posto alla sinistra della strada: si tratta del Lago d’Ampola, biotopo protetto per via della particolare flora e fauna presenti nelle acque e lungo la sponda. Subito oltre abbandoniamo la strada che procederebbe calando in direzione di Storo e delle Valli Giudicarie per volgere a sinistra con indicazioni per il Passo di Tremalzo. La provinciale sale con numerosi tornanti raggiungendo il valico in poco più di una decina di chilometri. Il tratto transitabile in automobile ha termine appena oltre il passo in coincidenza dell’Albergo Garda (m 1702) dove troviamo il divieto di transito a proibire il proseguo ai mezzi a motore. Sulla destra possiamo lasciare l’auto in un ampio parcheggio.

Descrizione del percorso:

Torniamo brevemente a ritroso lungo la provinciale raggiungendo in qualche minuto il Passo della Crocetta (m 1665) dal quale godiamo uno splendido panorama verso nordest in direzione del Monte di Tremalzo e del Corno della Marogna. La vista appare ancora più ampia verso ovest e nordovest andando a scorgere, nei giorni più limpidi, il Gruppo dell’Adamello con l’inconfondibile sagoma piramidale del Carè Alto.

In coincidenza del valico, una stretta strada asfaltata con cartello escursionistico indicante la Bocca di Lorina, si separa sulla sinistra (a destra salendo dal fondo valle); ne seguiamo il tracciato in moderata salita nel bosco sino a raggiungere il punto in cui essa volge con decisione verso sud. Da notare la vecchia casa a destra della strada ed un’altra costruzione in cemento sul poggio alla sinistra. La carrareccia prosegue con l’asfalto che lascia il posto ad uno sconnesso fondo sassoso. Procediamo in pratica senza dislivello bordeggiando un ampio spazio erboso nel quale è posto un acquitrino spesso asciutto a partire da metà estate. Da notare il soppalco d’osservazione in legno posto al margine del prato. Il percorso procede raggiungendo il poco marcato Passo del Dil (m 1723), in coincidenza del quale si supera il confine di regione passando dal Trentino alla Lombardia.

Il tracciato della strada bianca procede ora, con esposizione a mezzogiorno, restando poco sotto crinale. Osserviamo di fronte a noi la piramide del Monte Lavino, facilmente riconoscibile per la copertura a pino mugo che ne caratterizza la sommità; molto interessante appare inoltre la visione alle spalle estesa in direzione del lungo crinale del Monte Baldo e di un piccolo settore del Lago di Garda. L’orizzonte meridionale appare dominato e chiuso dal lungo bastione calcareo del Monte Caplone e del Monte Tombea, le cime più alte nell’ambito del Parco Alto Garda Bresciano. Lo sviluppo della strada bianca si articola in debole salita tagliando il pendio con percorso che rasenta alcune caverne artificiali risalenti al periodo della grande guerra poste immediatamente a destra del piano stradale. Su percorso del tutto facile e comodo passiamo ai piedi di alcune paretine calcaree. Alla sinistra il pendio precipita ripidissimo verso valle e anche in questo caso osserviamo parecchi affioramenti calcarei che interrompono la continuità del manto erboso. Aggiriamo l’articolato crinale del Monte Lavino proseguendo senza difficoltà sino a riportarsi sul filo del crinale in coincidenza del Passo di Cap (m 1800). La sella permette di tornare ad affacciarsi verso settentrione arrivando a scorgere i lontani ghiacciai dell’Adamello e della Presanella. A minore distanza notiamo le principali cime delle Alpi di Ledro con particolare riferimento alla marcata sagoma del Monte Cadria; ancora più a destra notiamo le inconfondibili rocce delle Dolomiti di Brenta.

Proseguiamo ancora per un breve tratto lungo la carrareccia fino al punto in cui si biforca: abbandoniamo il tracciato principale che calerebbe di quota in direzione della Malga Pra di Lavino, per volgere a destra, senza cartelli segnalatori, risalendo in pendenza moderata il fianco orientale del Monte Avez. Nonostante l’assenza di segnaletica è da escludersi la possibilità d’errore: anche in questo caso il percorso è infatti un’ampia strada a fondo naturale. Con una serie di tornanti rimontiamo l’intero pendio tra settori erbosi e bosco rado di conifere con la possibilità di tagliare alcune anse della strada salendo liberamente nel fondo erboso. In coincidenza dell’ultimo tornante ci affacciamo verso il profondo vallone rivolto ad occidente per seguire poi l’ultimo breve tratto di carrareccia, appena a destra dello spartiacque. Da notare alcuni affioramenti di roccia calcarea, in alcuni casi profondamente incisa dalla costante azione erosiva dell’acqua: si tratta del fenomeno di natura carsica dei cosiddetti “campi solcati” o “campi carreggiati” così definiti per la somiglianza con i solchi lasciati sul terreno dalle ruote dei carri. Poco oltre, quasi in cima, l’ampia mulattiera ha termine; gli ultimi minuti d’ascensione sono su facile sentierino che guadagna in poche decine di metri il crinale orientale. Lo seguiamo verso sinistra accedendo direttamente al pianoro di vetta (m 1897 – ore 1,10 dalla partenza).

Vasto ed istruttivo appare il panorama grazie alla posizione relativamente isolata del Monte Avez. Ad occidente la vista si estende a gran parte delle Prealpi Bresciane con il curioso cocuzzolo di Cima Spessa, nota anche come Rocca sull’Alpo, a precludere la vista del Lago di Idro. Più lontano e più a settentrione notiamo il profondo solco della Val Daone con la cima del Re di Castello quindi si ripete la vista del Carè Alto, delle principali cime del gruppo AdamelloPresanella nonché del plateau sommitale di Cima Tosa, nell’ambito delle Dolomiti di Brenta, subito a destra della grande piramide del Monte Cadria. Volgendo a nordest possiamo notare, a minor distanza, il lungo crinale in prevalenza prativo che culmina nel Corno di Pichea e nelle cime Parì e Sclapa. Ancora più a destra e più vicine emergono le vette del Monte Tremalzo e del Corno della Marogna. Volgendo a oriente il paesaggio è in gran parte dominato dal lungo crinale del Monte Baldo. In coincidenza della pronunciata depressione della Bocca di Navene lo sguardo può estendersi molto più lontano sino alla Lessinia e alla zona di Cima Carega. Solo verso meridione il paesaggio non è molto esteso in quanto la vista è di fatto chiusa dalle quinte per lo più rocciose dei monti Caplone e Tombea. Il rientro avviene a ritroso per un totale di un paio d’ore complessive di cammino.

Un breve accenno lo merita la flora in quanto gli affioramenti calcarei nel tratto compreso tra il Passo del Dil e il Passo di Cap ospitano l’appariscente Primula meravigliosa (Primula spectabilis), la bella Potentilla caulescente (Potentilla caulescens) nonché la Sassifraga verde azzurra (Saxifraga caesia). Tra le altre piante osservabili ricordiamo Erica carnea (Erica carnea), Bosso strisciante (Polygala chamaebuxus), Genzianella (Gentiana verna), Genziana sfrangiata (Gentianopsis ciliata) e Rosa di Natale (Helleborus niger).

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