Sentiero attrezzato Mora Pellegrini

SENTIERO ATTREZZATO MORA PELLEGRINI

(CIMA CASÈT – m 1748; PUBREGN - m 1774; MONTE CORNO DI CASÈT – m 1729)

Gruppo montuoso: Alpi di Ledro

Grado di difficoltà globale: FACILE (Vai alla scala delle difficoltà).

Difficoltà tecniche: 1                                       

Esposizione:          2                                       

Impegno fisico:      2                                       

Dislivello assoluto: m 498. Il dislivello realmente coperto è nettamente superiore per via dei numerosi sali scendi di crinale.

Tempo di percorrenza: ore 5 globali (ore 0,30 la sola ferrata).

Punti di appoggio: nessuno lungo il percorso. La struttura più vicina è il Rifugio Garibaldi (vedi accesso e carta sottostante per visualizzarne la posizione).

Accesso:

Da Riva del Garda seguiamo la statale che conduce in Val di Ledro. Attraversate due lunghe gallerie (la seconda quasi 4 km) si penetra nello stretto solco vallivo. Risaliamo la valle attraversando il paese di Biacesa per poi raggiungere il Lago di Ledro in coincidenza del paese di Molina. La statale prosegue comoda lungo la sponda settentrionale del bellissimo specchio d’acqua. Raggiungiamo Pieve di Ledro, quindi procediamo oltre il lago toccando i paesi di Bezzecca, Tiarno di Sopra e Tiarno di Sotto. Siamo infine ad un secondo più piccolo specchio d’acqua posto alla sinistra della strada: si tratta del Lago d’Ampola, biotopo protetto per via della particolare flora e fauna presenti nelle acque e lungo la sponda. Subito oltre abbandoniamo la strada che procederebbe calando in direzione di Storo e delle Valli Giudicarie per volgere a sinistra con indicazioni per il Passo Tremalzo. La provinciale sale con numerosi tornanti raggiungendo il valico in poco più di una decina di km. Non è tuttavia necessario raggiungere il Passo Tremalzo per guadagnare la partenza del nostro percorso. Circa un km prima del passo abbiamo infatti, alla sinistra del piano stradale, il bel Rifugio Garibaldi e la stretta strada sterrata che muove in direzione della Bocca Casèt. Seguiamo l’accidentato percorso della strada bianca prestando molta attenzione alle sconnessioni del tracciato. Raggiungiamo infine l’ampio parcheggio e il divieto di transito che proibisce il proseguo alle automobili posizionato a breve distanza dalla Bocca Casèt. Chi non se la sentisse di percorrere la frazione sterrata Rifugio Garibaldi – Bocca Casèt dovrà coprire il tratto a piedi con un’aggiunta di tempo pari a circa 40 minuti per la sola andata. Con cautela e velocità ridotta la strada bianca è comunque percorribile anche alle utilitarie.

N.B. L’accesso è naturalmente possibile anche dalle Valli Giudicarie. In questo caso si sale da Storo sino a portarsi presso il Lago d’Ampola. Poco prima dello specchio d’acqua si volge a destra sulla provinciale del Passo Tremalzo. Il proseguo è identico a quanto già indicato sopra.

Descrizione del percorso attrezzato:

Abbandonata l’automobile nel parcheggio procediamo oltre il divieto di transito posto a destra con cartelli segnaletici indicanti il segnavia 419. Caliamo su ampia strada bianca in direzione della sottostante costruzione utilizzata come punto d’osservazione per le migrazioni. Poco prima dell’edificio siamo alla Bocca Casèt (m 1599) dove ignoriamo la carrareccia che cala a destra alla Malga Giù e che utilizzeremo invece al ritorno. Da rilevare il vastissimo panorama aperto verso l’orizzonte nord-occidentale sino ad osservare, nei giorni tersi, i grandi ghiacciai del Gruppo Adamello. Lasciamo a destra la costruzione e ignoriamo la deviazione a sinistra per Malga Casèt. Procediamo invece di fronte, sul sentiero 456B, con una targa che segnala per il proseguo la necessità d’essere equipaggiati con il materiale specifico per le vie ferrate.

Dopo un breve tratto boschivo il percorso sale a destra per poi scavalcare il crinaletto e traversare sul fianco orientale di Cima Casèt. Il panorama si apre immediatamente permettendo un’ottima vista alle spalle sul Corno Spezzato e sul Monte Tremalzo. In breve guadagniamo la targa metallica che segnala l’inizio del sentiero Mauro Pellegrini – Fiore Mora. Proseguiamo in lunga e facile traversata tra i prati restando poco al di sotto del crinale. Sulla destra sovrastiamo dall’alto la piccola conca erbosa che accoglie Malga Giù. In ambiente aperto e luminoso ci portiamo a breve distanza dalla Cima Casèt, facilmente riconoscibile per la presenza sulla vetta di un piccolo fortino in cemento che risale all’epoca del primo conflitto mondiale. Si guadagna il punto più alto abbandonando il sentiero segnato per volgere a sinistra su evidente traccia che conduce in pochi metri al culmine (m 1748 – ore 0,45 dalla partenza). Da notare che la deviazione non è indicata ma la costruzione posta in cima è un riferimento evidente per evitare di sbagliarsi. Il panorama di vetta è, nei giorni tersi, di grande bellezza. Ad occidente si stagliano le principali cime delle Prealpi Bresciane e del Gruppo Adamello con l’inconfondibile piramide del Caré Alto; è inoltre visibile il pronunciato solco della Val Daone. Verso settentrione possiamo intravedere le cime delle Dolomiti di Brenta a sovrastare le più vicine elevazioni delle Alpi di Ledro. In primo piano notiamo la cresta che, partendo da Cima Casèt, si articola verso nord caratterizzata da affioramenti di roccia calcarea tra la fitta vegetazione a pino mugo. Il nostro percorso seguirà grosso modo questo crinale scostandosi a destra o a sinistra d’esso nelle frazioni più impervie.

Rientriamo rapidamente, a ritroso, sul sentiero segnato che percorriamo ovviamente verso sinistra (settentrione) traversando ancora una volta tra i prati. In ultimo il percorso risale ad un’esile forcelletta del crinale per poi cambiare versante passando a sinistra della cresta. I prati lasciano spazio alla fitta mugheta: seguiamo in discesa il percorso prestando attenzione a non scivolare sulle nodose radici dei pini mughi quindi risaliamo sullo spartiacque guadagnando il punto più elevato del percorso (Pubregn – m 1774) con notevole vista alle spalle sulla Cima Casèt.

Proseguiamo con una veloce quanto ripida discesa che conduce alla sottostante marcata selletta preceduta da un breve saltino roccioso alto un paio di metri. Siamo in un ambiente davvero particolare, caratterizzato da paretine calcaree che sembrano emergere dal folto della densa boscaglia. Si permane a sinistra della displuviale calando di quota sino alla prima attrezzatura del percorso. La fune metallica fissa assicura un tratto su esile cengia esposta con scorcio a nordest su un curiosissimo foro naturale nella roccia al di là del quale occhieggia il Lago di Ledro. Alla base della fune “tocchiamo” la linea di displuviale per poi scostarcene,  sempre a sinistra, procedendo fino alla sommità di un angusto ed ombroso camino esposto in coincidenza del quale si passa a destra del crinale. Dobbiamo ora discendere il salto attrezzato per circa 30 metri di dislivello guidati dalla fune metallica ben tesa nella parte superiore quindi da una fila di staffe nel settore inferiore. Con piede fermo e molta cautela discendiamo il camino esposto prestando attenzione al fondo in parte detritico e malfermo, quindi traversiamo verso sinistra passando presso un grande pinnacolo calcareo. Nel proseguo superiamo due passaggi caratteristici: un curioso foro nella roccia e una ripida risalita su pendio prativo contornato da diversi isolati picchi rocciosi, come tanti silenziosi gendarmi. Su queste rocce è presente la rara ed endemica Saxifraga tombeanensis, in piena fioritura nella seconda metà di maggio e assolutamente da rispettare in quanto si tratta di una specie a forte rischio d’estinzione. Al di sopra siamo nuovamente in cresta e la vista può aprirsi liberamente in direzione del Lago di Ledro e del lungo crinale che, partendo da Cima Parì, cala verso il Garda passando per la Cima d’Oro, Cima Valdes e la vetta della Rocchetta Giochello. Appare quasi nella sua interezza la Val di Ledro sovrastata dal Monte Cadria, nonché la breve Val Concei con le sue piccole frazioni. Di fronte a noi svetta, per gran parte boscata, la cima del Monte Corno, obiettivo finale del percorso attrezzato. 

Abbandoniamo a questo punto il crinale per calare a destra in un ripido canale erboso comunque privo di difficoltà. Al di sotto del pendio volgiamo a sinistra traversando sino all’imbocco superiore di un secondo ripido camino roccioso. Facilitati dalle staffe e dalle funi metalliche fisse dobbiamo perdere circa 70 metri di dislivello. Con cautela scendiamo nel ripidissimo colatoio che appare svasato nella parte inferiore; in ultimo le funi ci depositano nel sottostante sentierino dove troviamo la targa metallica che segna la fine del percorso attrezzato. Pochi metri e siamo alla marcata Bochet del Corno di Caset (m 1654 – ore 1,50 dalla partenza) dove i cartelli segnalano a destra la discesa su sentiero per Bochèt di Spinera mentre procedendo verso nord si sale alla vetta del Monte Corno. E’ davvero raccomandabile scegliere di salire, con una breve digressione, quest’ultima cima in quanto la vetta regala quello che forse è il più bel panorama sulla valle e sul Lago di Ledro. Dalla bocchetta si raggiunge la sommità in meno di 15 minuti di cammino superando subito una breve balza rocciosa alta 3 – 4 metri. Il proseguo altro non è che un innocuo sentierino nel bosco sino ad uscire direttamente sull’ampia radura di vetta (m 1729 – libro di vetta – ore 2,05 dalla partenza).    

Il paesaggio di vetta merita una nota accurata trattandosi della vista più bella dell’intero itinerario. Il maggiore soggetto panoramico è dato senz’altro dal Lago di Ledro osservabile finalmente nella sua interezza; più ad oriente scorgiamo, in un varco tra le montagne, un piccolo settore della testata del Lago di Garda. Numerosissime sono le cime osservabili. Nello specifico ammiriamo le principali elevazioni delle Alpi di Ledro tra cui il Cadria, la più elevata, nonché il lungo crinale che racchiude e domina la Val Concei. Volgendo più ad oriente si distende il lungo crinale culminante nella Cima d’Oro per poi calare di quota in direzione del Lago di Garda. Alle spalle notiamo il Monte Tremalzo mentre ad occidente sfilano le Prealpi Bresciane e le Alpi Giudicarie e, più a nord, i ghiacciai del Gruppo dell’Adamello. Tra le vette più rilevanti è bene ricordare il Re di Castello a sovrastare la Val Daone e il Caré Alto. Il rientro avviene a ritroso riportandoci, in 10 minuti circa, sino al Bochet del Corno di Caset (m 1654). 

Rientro alla partenza:

Dal Bochet del Corno di Caset (m 1654) si divalla su facile sentiero seguendo l’indicazione per Bochèt di Spinera. In moderata discesa il percorso obliqua verso meridione accostando un’imponente bastionata rocciosa. Siamo sovrastati da poderosi strapiombi e un occhio attento non faticherà a riconoscere, in questo tratto, la rara Moehringia glaucovirens, pianta endemica che cresce nelle fessure e nelle nicchie ombrose delle rupi calcaree. Il percorso cambia direzione volgendo con decisione verso sinistra andando ad alternare tratti nel bosco con brevi frazioni più aperte che permettono splendide viste del Lago di Ledro. Passiamo alla base di una seconda imponente rupe strapiombante. Subito oltre caliamo nel bosco, ora fitto ed ombroso. Prestando attenzione ai segnavia apposti sugli alberi perdiamo quota con un breve varco panoramico ad interrompere la faggeta aperto verso destra in direzione del Corno Spezzato e della Bocca Casèt. Torniamo nel bosco sino alla sella, posta nel folto dell’alberatura, denominata Bochèt di Spinera (cartello segnalatore - ore 0,50 dal Bochet del Corno di Caset – ore 3,05 dalla partenza).

Abbandoniamo il proseguo per Pieve di Ledro volgendo a destra sul segnavia 456 con indicazioni per Malga Giù. Il sentiero traversa, in pratica senza dislivelli, nella fitta boscaglia. Ignoriamo un bivio segnalato a sinistra mantenendo il nostro percorso con rare aperture panoramiche verso Monte Tremalzo e sulle soprastanti guglie calcaree della dorsale Monte Casèt – Monte Corno. Alcuni fossi interrompono la continuità del lungo sentiero semipianeggiante sino a raggiungere in ultimo la biforcazione per S.Anna. Trascuriamo la discesa a sinistra per la piccola chiesa andando a bordeggiare dall’alto l’ampia conca prativa che accoglie Malga Giù. Poco oltre un’ulteriore biforcazione segnalata permette di calare in pochi minuti alla costruzione (m 1276 – punto più basso dell’escursione - ore 0,45 dal Bochèt di Spinera – ore 3,50 complessive). E’ una digressione vivamente consigliata per poter godere della meravigliosa serenità della conca erbosa. L’ambiente è idilliaco: un luminoso altipiano verdeggiante dominato a meridione dal Corno Spezzato e dalla Bocca Casèt mentre ad occidente le guglie calcaree del Monte Casèt sembrano sentinelle che emergono dalla distesa boschiva. Le belle ondulazioni prative invitano ad una sosta dopo la quale resta l’ultima ora scarsa di cammino. A ritroso rientriamo in qualche minuto nel bosco riprendendo il sentiero 456. Un breve tratto e passiamo su ampia strada bianca chiusa al traffico che ci riporterà sino alla partenza. La carrareccia sale con moderazione lungo il pendio alberato concedendo alcuni scorci sulla sottostante Malga Giù. In lontananza, verso settentrione, arriviamo a scorgere i monti Stivo e Biaena. In lunga ascesa siamo infine alla Bocca Casèt (m 1599) andando a chiudere uno splendido itinerario ad anello. Volgiamo verso sinistra con l’ultima breve frazione comune all’andata: in veloce risalita siamo al parcheggio dove avevamo abbandonato l’automobile (ore 1 da Malga Giù – ore 5 complessive – 10 km complessivi di percorso a piedi). 

Osservazioni – Caratteristiche della ferrata:

Nel complesso una via piuttosto semplice concentrata essenzialmente in due brevi camini ottimamente attrezzati di contenuta difficoltà. Nonostante la relativa facilità è comunque bene affrontare il percorso con la dovuta cautela. Diverse frazioni di sentiero senza funi d’assicurazione richiedono una certa attenzione in quanto parzialmente esposte. In particolare con fondo bagnato o peggio ancora gelato il percorso richiede molta fermezza di piede ed esperienza nel valutare come procedere. Con bel tempo asciutto è un percorso che può essere senz’altro utilizzato per introdurre i neofiti nel mondo dei percorsi attrezzati. E’ possibile, trattandosi di un percorso circolare, invertire il senso di percorrenza andando così ad affrontare in salita, con ancora meno difficoltà, i due camini attrezzati. Abbiamo comunque preferito il senso di marcia descritto per affrontare immediatamente il tratto più impegnativo e lasciare alla seconda parte del percorso una riposante marcia su sentiero nel bosco e infine su ampia carrareccia. Un itinerario molto consigliabile nelle mezze stagioni (maggio, giugno, ottobre, novembre); particolarmente in autunno, i meravigliosi colori degli alberi e dei larici lasceranno, nei giorni più tersi, un ricordo indelebile nella vostra memoria. Fine primavera è invece il periodo più propizio per l’osservazione delle fioriture a cui faremo riferimento tra breve. Da evitare la stagione fredda per il forte innevamento e l’estate per le temperature troppo elevate.

Cenni sulla flora:

L’intera zona compresa tra il Lago di Garda, la Val di Ledro, le Valli Giudicarie e la Valvestino, nonostante sia impervia e in gran parte isolata, è molto nota agli esperti botanica per la straordinaria concentrazione di piante endemiche, uniche al mondo, che trovano rifugio negli anfratti e sulle pareti calcaree. Si tratta infatti di un settore che, all’epoca delle glaciazioni, fu risparmiato dai ghiacci pertanto diverse specie altrove estinte trovarono rifugio proprio in queste aree. Parecchie specie, isolate all’epoca su queste montagne, mutarono per resistere alle condizioni climatiche in nuove specie esclusive che ancora oggi sono osservabili ad esempio lungo la breve frazione attrezzata sopra descritta. Se avrete il privilegio di ammirare la fioritura almeno di alcune di esse, è quasi retorico rimarcare la necessità di rispettare queste piante così rare evitando nel modo più assoluto di raccoglierne anche un solo esemplare.

Segue una brevissima lista delle piante più rilevanti osservabili lungo il percorso.

Piante endemiche:

1)       Sassifraga del Monte Tombea (Saxifraga tombeanensis). E’ la prima pianta che elenchiamo, la più rara, davvero un simbolo per l’intera zona; trae il suo nome dal Monte Tombea dove fu scoperta per la prima volta, montagna distante in linea d’aria appena 8 km dal Monte Caset. E’ un endemismo piuttosto stretto della zona Corna Blacca – Tombea – Caplone – Alpi di Ledro. Altri pulvini sono segnalati sul Monte Baldo mentre una stazione disgiunta è presente sulle Alpi della Mendola, non lontano da Favogna. Predilige quasi sempre inaccessibili rupi calcaree strapiombanti per cui non si mostra facilmente agli escursionisti. Lungo il percorso attrezzato Mora Pellegrini sono presenti pochi pulvini a mezza strada tra le due frazioni attrezzate, solitamente in fioritura precoce (metà – fine maggio). E’ assolutamente indispensabile non toccare ed alterare le poche piante presenti. Oltre ad essere una specie molto rara le prove eseguite dai botanici hanno dimostrato una scarsissima capacità riproduttiva la quale, unitamente ai cambiamenti climatici, sta mettendo a serio rischio la sopravvivenza di questa bellissima specie.

2)       Dafne delle rocce (Daphne petraea), splendido endemismo insubrico presente sulle rocce e sui pinnacoli calcarei che caratterizzano la frazione attrezzata del percorso. Nel mese di giugno si schiudono moltissimi fiorellini rosa che rallegrano e fanno vivere queste rocce solo all’apparenza inospitali e prive di vita. Come detto si tratta di una pianta endemica ad areale particolarmente ristretto: è nota unicamente per i monti della Val di Ledro, della Valvestino e per la zona della Corna Blacca – Cima Caldoline a cavallo tra la Val Sabbia e la Val Trompia.   

3)       Primula meravigliosa (Primula spectabilis); bellissima primulacea dai fiori rosso – violetti con areale di distribuzione esteso dalla Val Camonica sino alle Prealpi Venete con centro di distribuzione nella zona dei monti Tombea e Caplone. E’ presente in buona quantità lungo l’intera frazione attrezzata e colonizza sia le rocce calcaree strapiombanti che i prati aridi alla base delle rupi.

4)       Carice del Monte Baldo (Carex baldensis). Endemismo insubrico con areale esteso dalle Grigne ai Monti Lessini, inconfondibile per le sue spighe di colore bianco.

5)       Raponzolo chiomoso (Physoplexis comosa). Uno dei più spettacolari fiori osservabili nelle Prealpi Bresciane. Ha colonizzato le pareti verticali lungo il tratto ferrato. E’ inoltre presente nelle rupi strapiombanti contornate dal sentiero in discesa dal Bochet del Corno di Caset al Bochèt di Spinera. In piena fioritura in luglio, si tratta di un endemismo con areale esteso dalle Grigne in Lombardia sino alla Carinzia.

6)       Moehringia verde glauca (Moehringia glaucovirens); raro, prezioso endemismo ad areale molto ristretto diviso in due aree ben distinte. Una interessa il cortinese (provincia di Belluno), l’altra interessa buona parte delle Prealpi Bresciane e delle Alpi di Ledro. Si tratta di una pianta ombrofoba che mal tollera la pioggia e le intemperie. Non è un caso se trova rifugio nelle nicchie e nelle fessure alla base delle rocce calcaree strapiombanti presenti lungo il sentiero in discesa dal Bochet del Corno di Caset al Bochèt di Spinera.

7)       Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum). Endemismo delle Alpi Centrali e Orientali presente su substrato calcareo, facilmente riconoscibile dal più comune Rhododendron ferrugineum per la caratteristica pelosità che ne riveste le foglie.

8)       Bonarota comune (Paederota bonarota). Pianta tipica delle fessure rocciose calcareo dolomitiche, endemica delle Alpi Orientali, dalle caratteristiche infiorescenze blu. Condivide l’habitat con Physoplexis comosa ed è facilmente osservabile sulle rocce calcaree lungo il percorso attrezzato. Inconfondibili le sue belle infiorescenze di colore blu.

 Altre piante osservate:

1)       Sassifraga verde azzurra (Saxifraga caesia)

2)       Vedovella alpina (Globularia nudicaulis)

3)       Vedovella celeste (Globularia cordifolia)

4)       Genziana sfrangiata (Gentianopsis ciliata)

5)       Genzianella campestre (Gentianella campestris)

6)       Erba roberta (Geranium robertianum)

7)       Rosa di Natale (Helleborus niger)

8)       Erica carnea (Erica carnea)

9)       Fragolina di bosco (Fragaria vesca)

10)   Colchico minore (Colchicum alpinum)

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