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SENTIERO ATTREZZATO ASTALDI
Gruppo montuoso: Dolomiti – Gruppo delle Tofane Grado di difficoltà globale: FACILE (Vai alla scala delle difficoltà). Difficoltà tecniche: 1 Esposizione: 2 Impegno fisico: 1 Dislivello assoluto: m 266 Tempo di percorrenza: ore 2 globali (ore 0,45 la sola ferrata). Punti di appoggio: Il Rifugio A.Dibona alla partenza e il Rifugio Pomedes con una breve deviazione subito dopo il termine della ferrata. Accesso: Si accede alla partenza da Cortina d’Ampezzo seguendo la statale 48 delle Dolomiti in direzione del Passo Falzarego. Appena superata la frazione di Pocol si abbandona la statale seguendo a destra la carrareccia per il Rifugio Dibona. Saliamo lungamente nel bosco di conifere con un ultimo breve tratto a fondo naturale. La strada transitabile ha termine in coincidenza del rifugio dove possiamo abbandonare l’automobile. E’ naturalmente possibile raggiungere la partenza in discesa dal Passo Falzarego. In questo caso si abbandona la statale per volgere sulla carrareccia poco prima di Pocol per raggiungere il Rifugio Dibona come spiegato sopra. Descrizione del percorso attrezzato: Nel parcheggio sull’esterno del Rifugio Dibona (m 2037) troviamo le indicazioni per il Rifugio Giussani, raggiungibile con il segnavia 403. La prima parte del percorso si sviluppa su ampio stradello chiuso al traffico a fondo naturale. L’ambiente circostante è grandioso, con la colossale parete meridionale dalla Tofana di Rozes ad impressionare per la sua mole strapiombante; l’ampia mulattiera penetra nel profondo vallone racchiuso tra essa e la Punta Anna posta sulla destra. Da rilevare, alle spalle, lo scorcio in direzione del Monte Averau mentre verso occidente, all’orizzonte, compare la Marmolada con il suo ghiacciaio. In moderata salita varchiamo il limite superiore del bosco risalendo tra gli ultimi prati d’altitudine. Dobbiamo ora abbandonare il proseguo per il Rifugio Giussani volgendo verso destra su traccia non segnata. Purtroppo non vi sono indicazioni tuttavia non è difficile scorgere l’esile sentiero che si diparte a destra traversando poche decine di metri al di sotto delle rocce basali della Punta Anna. Come ulteriore riferimento troviamo il bivio nel canalone in presenza degli ultimi spazi prativi e soprattutto poco prima che la mulattiera obliqui con decisione verso sinistra per rimontare più ripidamente il solco vallivo. Seguiamo la traccia di sentiero traversando dapprima nel pendio detritico quindi con percorso scavato nel manto prativo sino a guadagnare la soprastante spalla erbosa al di là della quale ci affacciamo in un impressionante salto. Rimontiamo lo spallone verso sinistra, lungo il suo filo, guadagnando in breve le rocce basali della Punta Anna a brevissima distanza dall’attacco del Sentiero Astaldi (ore 0,45 dalla partenza). Possiamo già notare, a poche decine di metri, una parte del percorso traversare sulle stratificazioni detritiche colorate curiosamente di rosso. Si tratta di quella che i geologi definiscono la “Formazione di Raibl” recentemente rinominata in “Formazione di Travenanzes”. Questi bizzarri strati rocciosi sono, a dispetto delle apparenze, del tutto impermeabili. La loro presenza è la testimonianza di un antico ambiente di sedimentazione lagunare risalente a parecchi milioni d’anni fa in un’epoca nella quale le Dolomiti cominciavano appena ad emergere dal mare. Il Sentiero Astaldi si rivela così un sorta di salto nel passato come in uno spettacolare museo a cielo aperto. Per raggiungere l’inizio della via dobbiamo calare brevemente in un canale detritico non difficoltoso sino a raggiungere la prima lunga cengia che taglia orizzontalmente la parete. Siamo naturalmente guidati dalla fune metallica come corrimano, provvidenziale vista l’esposizione sul pendio alla nostra destra. Gli infissi sono sufficienti e si interrompono brevemente quando la cengia diviene più ampia e rassicurante. Da rilevare lo scorcio alle spalle sul ghiacciaio della Marmolada e, davanti a noi, verso l’Ampezzano con in bella vista la grande piramide rocciosa dell’Antelao, seconda più alta cima di tutte le Dolomiti. Superato uno spigolo l’esposizione si fa molto notevole: ricompare la fune ad assicurare il traverso ed è ora necessaria cautela per la presenza di alcune rupi sporgenti a mo’ di tetto; il caschetto è d’obbligo, specie per chi è alto di statura. Subito oltre un canale franoso interrompe la continuità del traverso: abbandoniamo la cengia risalendo il pendio con il cammino agevolato da alcune travi in legno aggiunte per rendere più stabile il fondo. La breve salita ci porta all’inizio di un’ennesima cengia orizzontale posizionata ad un piano superiore rispetto alle precedenti. Le attrezzature permettono di traversare in sicurezza nonostante il percorso appaia a tratti strettissimo. Sotto di noi le rosse colorazioni della Formazione di Raibl offrono uno spettacolo inconsueto per chi è abituato alle rocce pallide delle Dolomiti. La nostra cengia decorre pochi metri al di sopra di queste bizzarre stratificazioni colorate. Poco oltre un canalone detritico ripido ed esposto interrompe ancora una volta la continuità del traverso. Il passaggio impegna per pochi metri ma richiede piede fermo e assoluta assenza di vertigini, non è stato infatti possibile attrezzare questa frazione non essendovi affioramenti rocciosi dove ancorare eventuali funi metalliche. Risaliamo brevemente l’instabile canale ghiaioso sino alla base di una liscia paretina rocciosa che viene vinta in diagonale ascendente con una sequenza di staffe in ferro. Al di sopra traversiamo brevemente sino a raggiungere il culmine di un nuovo canale quasi sabbioso non assicurato che, questa volta, cala ripido alla nostra destra. Occorre piede fermo soprattutto per il fondo detritico particolarmente instabile, volgiamo quindi a sinistra con minore difficoltà sino a riprendere la cengia orizzontale. Il traverso appare ora più ampio con tratti non assicurati grazie alla minore esposizione. Un ultimo breve passaggio in discesa richiede cautela per il fondo instabile associato alla mancanza di funi metalliche fisse. Segue l’ultima frazione su cengia attrezzata con grandioso panorama difronte a noi sulla Valle d’Ampezzo. Poco oltre la ferrata ha definitivamente termine quindi confluiamo nel sentiero che dal Rifugio Dibona sale al Rifugio Pomedes (ore 1,20 dalla partenza). E’ consigliabile una breve digressione a quest’ultima struttura raggiungendola in veloce risalita verso sinistra (m 2303 – punto più alto dell’escursione). Rientro alla partenza: Dal Rifugio Pomedes caliamo sbrigativamente lungo il sentiero che riporta al Rifugio Dibona dapprima tra fitta mugheta quindi su fondo detritico e tra lembi prativi riportandoci, con una serie di tornanti, alla partenza (m 2037 – ore 2 complessive). Osservazioni – Caratteristiche della ferrata: Un sentiero attrezzato per lo più su cengia a sviluppo prevalentemente orizzontale e quindi senza passaggi tecnici rilevanti. L’esposizione appare tuttavia accentuata è quindi bene non prendere sotto gamba una via che, a dispetto della relativa facilità, richiede cautela e piede fermo. Le maggiori difficoltà si hanno nei brevi tratti non attrezzati in considerazione del fondo instabile e dell’onnipresente salto rivolto a meridione. L’itinerario è percorribile in entrambi i sensi. Tra i vantaggi occorre sottolineare la brevità dell’impresa e il dislivello contenuto, si tratta pertanto di un percorso che impegna per meno di mezza giornata e che può essere associato ad altre brevi mete negli immediati dintorni. Cenni sulla flora:
Merita senz’altro un cenno la flora d’alta montagna osservabile lungo il percorso. Sebbene breve, la percorrenza del Sentiero Astaldi permette l’osservazione di una pianta endemica in senso stretto delle Dolomiti nel complesso assai rara: si tratta della bellissima Campanula del Moretti (Campanula morettiana). Le corolle blu – violacee di questa esclusiva entità dolomitica sembrano scaturire direttamente dalla nuda roccia dipingendo, nel mese di agosto, gli spacchi e gli anfratti più inaccessibili nella parete meridionale della Punta Anna. A dispetto della rarità ne osserverete parecchi esemplari proprio lungo le frazioni attrezzate del percorso. Limitiamoci naturalmente all’osservazione e alla fotografia evitando nel modo più assoluto di strappare o alterare l’ambiente di crescita della pianta. Tra le altre specie in fioritura nei mesi di luglio e agosto ricordiamo per questo itinerario: 1) Bonarota comune (Paederota bonarota) Specie rupicola per eccellenza, ama le pareti calcaree dolomitiche verticali. E’ un endemismo del nordest italiano caratterizzato in luglio da belle infiorescenze di colore blu. 2) Sassifraga delle Dolomiti (Saxifraga squarrosa); endemica delle Alpi sud orientali appare molto simile, nell’aspetto, a Saxifraga caesia. La distinzione tra le due specie non è affatto semplice e non è d’aiuto l’osservazione dei fiori che in pratica sono identici. Un elemento distintivo risiede nelle foglie, incurvate solo all’apice in S.squarrosa, curve e aperte su tutta la lunghezza in S.caesia. 3) Millefoglio di Clavena (Achillea clavenae). Tipica pianta di praterie, ghiaioni e pendii aridi su substrato calcareo. E’ un endemismo alpino – dinarico con areale esteso in Italia dalla Lombardia al Friuli. 4) Potentilla lucida (Potentilla nitida). Caratteristica nel suo portamento strisciante, offre alcune tra le fioriture più spettacolari delle Dolomiti 5) Orchidea odorosa (Gymnadenia odoratissima) 6) Stella alpina (Leontopodium alpinum). La pianta simbolo per eccellenza delle Alpi è presente con parecchi esemplari lungo i prati nel canalone che dal Rifugio DIbona sale al Rifugio Giussani. 7) Ormino dei Pirenei (Horminum pyrenaicum) 8) Iberidella alpina (Hornungia alpina) 9) Celoglosso (Coeloglossum viride) 10) Nigritella comune (Nigritella nigra) 11) Listera maggiore (Listera ovata) 12) Arnica (Arnica montana) 13) Linaiola d’alpe (Linaria alpina) 14) Vulneraria (Anthyllis vulneraria) 15) Camedrio (Dryas octopetala) 16) Vedovella celeste (Globularia cordifolia) 17) Tajola comune (Tofieldia calyculata)
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