Rocca Pumacciolo - Rocca Pumaccioletto - Sillara

ROCCA PUMACCIOLETTO (m 1692)

ROCCA PUMACCIOLO (m 1711)

SILLARA (m 1861)

L’itinerario che andiamo a suggerire non costituisce la via di salita più rapida al Sillara. Tuttavia l’escursione così percorsa offre un ambiente altamente spettacolare nonché la possibilità di conoscere e percorrere un tratto poco noto della dorsale culminante nella Rocca Pumacciolo e Pumaccioletto. Al momento del disgelo, di solito in maggio avanzato, il paesaggio appare indimenticabile grazie alla presenza di alcuni specchi d’acqua e di un ambiente in sostanziali condizioni d’assoluta integrità. Non è stata casuale l’istituzione del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano a proteggere un settore che ricorda da vicino i paesaggi alpini. Ovvia la raccomandazione di scegliere un periodo di tempo stabile e soprattutto in assenza d’innevamento. Il versante emiliano dell’Appennino si libera tardivamente dalla neve e il crinale è spesso battuto da venti fortissimi e da nebbie in grado di mettere in seria difficoltà anche il più esperto degli escursionisti. Nelle più terse giornate primaverili ed estive il paesaggio appare invece indimenticabile offrendo la visione contemporanea dell’arco alpino e del Mar Ligure fino a scorgere la lontana Corsica.

L’escursione in breve:

Rifugio Lagoni (m 1340) - sentiero 711A - sella (m 1597) - Rocca Pumaccioletto (m 1692) - a ritroso sino al bivio con il sent. 737 - Sella Pumaccioletto (m 1585) - Rocca Pumacciolo (m 1711) - Sella Paitino (m 1740) - Monte Sillara (m 1861) – Laghi del Sillara (m 1730) - Passo di Compione (m 1794) – Monte Sillara (m 1861) - Sella Paitino (m 1740) - Buca della Neve - Falesia del Canyon (m 1615) - Capanne di Lago Scuro (m 1536) – Rifugio Lagoni (m 1340)

Dati tecnici:

Partenza presso il Rifugio Lagoni (m 1340): Difficoltà: E (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale tranne nel breve tratto in risalita dai laghi del Sillara al crinale ma comunque senza difficoltà d’orientamento con buona visibilità. Dislivello assoluto: m 521. Acqua sul percorso: una bella fonte presso le Capanne di Lago Scuro, nella parte conclusiva dell’escursione.

Accesso alla partenza:

Raggiungere il Rifugio Lagoni è facile e comodo utilizzando l’autostrada della Cisa e uscendo a Berceto. Da Berceto la segnaletica del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano conduce senza alcuna difficoltà al paese di Bosco transitando per il Passo Silara. Salendo da Parma è possibile utilizzare la strada normale passando per Langhirano, Pastorello, Corniglio, sino a raggiungere Bosco. Da questa località si prosegue sulla provinciale 86 che, sviluppandosi in direzione del crinale, passa presso Lagdei per poi divenire a fondo naturale ma ben battuto, nel fitto della faggeta, sino al primo dei bellissimi Lagoni (Lago Gemio Inferiore), presso l’omonimo rifugio. Abbandoniamo la carrareccia che proseguirebbe in direzione del Passo della Colla e di Valditacca parcheggiando l’auto nei numerosi spiazzi a lato.

Descrizione del percorso:

La nostra avventura ha inizio proprio di fronte al Rifugio Lagoni: per chi proviene dal paese di Bosco la struttura è a sinistra della strada mentre il sentiero si separa a destra, nella faggeta, a pochi metri dal Lago Gemio Inferiore. Non faticherete a scorgere i segnavia sugli alberi e sulle rocce che guidano all’interno dell’intricata boscaglia.

La prima frazione di percorso non necessita di una particolareggiata descrizione; il tracciato si sviluppa infatti nel folto con il panorama del tutto impedito dalla fittissima alberatura. La pendenza resta moderata e l’ambiente ombroso, gradevole anche nel periodo estivo. Occorrono circa 40 minuti di cammino per raggiungere l’importante crocevia che permette, salendo a sinistra, di intraprendere la veloce ascensione alla Rocca Pumaccioletto. I cartelli segnaletici indicano la direzione con chiarezza; lasciandoci guidare dai segnavia rimontiamo in 15 minuti circa il ripidissimo ma facile pendio boscoso sino a raggiungere la Cresta Pumaccioletto in coincidenza di una marcata sella (m 1597 – ore 0,55 dalla partenza). Presso la forcella volgiamo a destra uscendo infine dalla faggeta e potendo godere per la prima volta di un ampio paesaggio esteso alle spalle verso entrambi i Lagoni. Su fondo sempre ben segnato risaliamo tra affioramenti arenacei sino a guadagnare, in ultimo, il punto più alto (m 1711 – ore 1,10 dalla partenza).

La Rocca Pumaccioletto offre un panorama di sorprendente vastità, per certi versi inatteso dopo circa un’ora di percorso all’ombra del bosco. Ad occidente si sviluppa un lungo settore di crinale e uno sguardo attento scorgerà il piccolo Lago Scuro mentre verso nordovest le acque dei Lagoni spezzano positivamente la continuità della faggeta come due splendide gemme nel verde. Tra il Lago Scuro e i Lagoni sono evidenti alcune rupi particolarmente lisce modellate dall’azione erosiva dei ghiacciai che, in una lontana epoca, erano presenti anche sulle cime appenniniche. Volgendo a nord siamo incuriositi dalla particolarissima forma tabulare del Monte Navert. Verso est il paesaggio è dominato dalla massima elevazione della provincia di Parma, ovvero il Monte Sillara che toccheremo nel proseguo dell’escursione. A meridione, nelle immediate vicinanze, ecco la Rocca Pumacciolo, dalle pendici in gran parte boscate a coprire parzialmente il crinale con visibile, in ogni caso, il Monte Paitino. La Rocca Pumacciolo è anche la prossima meta dell’escursione, tuttavia non può essere raggiunta per via diretta in quanto siamo divisi da essa da un profondo salto strapiombante. Siamo pertanto obbligati a ritornare sui nostri passi rientrando dapprima alla selletta per poi volgere a sinistra calando velocemente nel bosco sino al bivio indicato dai cartelli ove avevamo intrapreso la salita.

Il proseguo della nostra avventura prevede ora la percorrenza del segnavia 737 in direzione della Sella Pumaccioletto. Ci muoviamo tra i faggi portandoci, in appena 5 minuti di debole discesa, ad un secondo crocevia dove ignoriamo la deviazione a destra per le Capanne di Lago Scuro e i Lagoni. Manteniamo il segnavia 737 riprendendo a salire sino all’uscita dal folto in coincidenza di un grande canalone pietroso sovrastato dalle arenarie strapiombanti della Rocca Pumaccioletto. Tra massi e affioramenti erbosi guadagniamo faticosamente quota sino alla marcata Sella Pumaccioletto (m 1585 – ore 1,50 dalla partenza), immediatamente sotto la verticale dell’omonima cima, salita in precedenza. Ignoriamo il segnavia 711 che procede in direzione della Sella Rocca Pianaccia per volgere a destra sull’esile, ripidissima striscia di sentiero che si sviluppa in gran parte lungo il filo del crinale. Il bosco si dirada rapidamente concedendo un bel colpo d’occhio, alle spalle, in direzione dei Lagoni nonché sulla sorprendente, strapiombante parete meridionale della Rocca Pumaccioletto. In ambiente aperto, con fondo scavato tra ginepro e mirtillo, raggiungiamo infine la seconda elevazione della camminata: siamo sulla Rocca Pumacciolo (m 1711 – ore 0,20 dalla Sella Pumaccioletto – ore 2,10 complessive). Dalle rocce affioranti di vetta godiamo di un grandioso paesaggio aperto in direzione del crinale principale con le cime del Sillara, del Paitino e del Monte Matto a spiccare maggiormente. Più in lontananza osserviamo la tozza e grandiosa mole dell’Alpe di Succiso.

La nostra escursione prosegue oltre la cima in direzione dello spartiacque principale affrontando in ripida discesa il pendio erboso. Caliamo alla forcella compresa tra la Rocca Pumacciolo e la successiva elevazione rocciosa senza nome quindi il sentiero aggira a destra quest’ultima in quanto caratterizzata da rupi strapiombanti. Senza perdere quota traversiamo alla base delle pareti d’arenaria nelle cui stratificazioni fiorisce, a cavallo tra maggio e giugno, la bellissima Primula apennina, raro endemismo dalle sgargianti corolle rosse. Il percorso è stretto ed inclinato ma non difficile in assenza di neve e ghiaccio con splendido scorcio verso i Lagoni. Siamo quindi nella prateria tra deboli ondulazioni in ambiente vasto e luminoso, particolarmente piacevole alla fine della primavera quando i macereti d’altitudine riprendono vita sostituendosi all’innevamento. Il sentiero indugia a lungo nel vaccinieto assecondando le deboli pendenze del pendio sino a portarsi a breve distanza dal Monte Paitino. Il sentiero cala brevemente alla Sella Paitino (m 1740) subito alla base dell’omonima vetta (ore 0,40 dalla Rocca Pumacciolo – ore 2,50 complessive).

Si tratta di un crocevia di sentieri particolarmente importante in quanto ci troviamo all’incrocio con il segnavia 00, vale a dire il percorso segnato che segue quasi integralmente lo spartiacque dell’Appennino Settentrionale. Chi lo desidera potrà salire in pochi minuti alla prospiciente cima del Paitino su traccia scavata nella brughiera d’altitudine. Nel nostro caso seguiamo il segnavia 00 di crinale verso sinistra muovendo in direzione della già ben visibile struttura del Monte Sillara, massima elevazione della provincia di Parma.

Molto particolare appare il paesaggio di questo settore del crinale appenninico: le distanze sembrano dilatarsi all’infinito con un panorama vastissimo e il sentiero che prosegue sino a perdersi in lontananza sulle pendici del Sillara. Caratteristiche sono le stratificazioni rocciose e i dolci terrazzamenti del versante emiliano con numerosi laghetti e pozze d’acqua in contrasto con gli strapiombi nei quali precipita il crinale sul versante toscano, come avremo modo di apprezzare nel proseguo. La vista in questo tratto di sentiero raggiunge, nei giorni più limpidi, le cime innevate dall’arco alpino; il sentiero è pressoché piano e scavato nella brughiera a mirtilli rivelandosi comodo e molto facile nonostante la quota elevata. Transitiamo presso un’ampia sella dove ci affacciamo sul precipite versante toscano: non è difficile osservare da questa posizione le vette più alte delle Alpi Apuane nonchè la costa e il mar Ligure in linea d’aria tutt’altro che distante. Di maggiore difficoltà, ma non impossibile, è scorgere le cime più alte della Corsica ergersi dal mare all’orizzonte meridionale. Il nostro tracciato transita poi in prossimità di un caratteristico ed appariscente ometto di pietre per portarsi infine sotto la verticale del Sillara. Il sentiero lascia brevemente il crinale aggirando a sinistra questo tratto più impegnativo per la presenza di alcuni salti rocciosi: saliamo ripidamente ma per un breve tratto sino alla prateria sommitale. Con un ultimo breve sforzo, guadagniamo la cima erbosa (m 1860 – ore 0,40 da Sella Paitino – ore 3,30 dalla partenza) e il panorama è di quelli che non si dimenticano con, appena sotto di noi, i Laghi del Sillara,  due gemme posizionate in una bella conca del versante emiliano. Si tratta di due magnifici laghetti d’origine glaciale, senz’altro tra i più belli osservabili nell’ambito dell’Appennino Tosco Emiliano. La visita non sarebbe completa senza la scelta di calare ai due piccoli specchi d’acqua seguendo la recente segnaletica aggiunta a seguito dell’istituzione del Parco Nazionale (segnavia 711D). Possiamo calare “a vista”, senza via obbligata, grazie al terreno aperto e facile, sino a raggiungere l’estremità occidentale del primo dei due laghi (m 1730 – ore 0,15 dalla cima del Monte Sillara). Una bella traccia segue a sinistra la sponda di entrambi gli specchi d’acqua divisi tra loro da un’esile diga naturale di rocce arenacee. Non possiamo fare a meno di rimanere estasiati dalla limpidezza delle acque. Sorprende trovare due laghetti posizionati quasi sul crinale: l’alimentazione di entrambi è in effetti legata unicamente alle nebbie, ai temporali estivi e soprattutto alle nevi che si accumulano talvolta abbondantissime subito sotto cresta.

Per riportarci sul Monte Sillara scegliamo ora di chiudere un piccolo anello rimontando il pendio subito al di là dei due laghi, lungo sentiero non segnato ma ben evidente con buone condizioni meteorologiche. Il costone, fittamente rivestito dalla brughiera a mirtilli, è assai ripido ma proprio per questo permette una visione da cartolina del Monte Sillara e dei sottostanti laghi, particolarmente nel mese di maggio quando grossi iceberg sono ancora presenti sulla superficie d’entrambi. In ultimo siamo nuovamente sulla linea dello spartiacque riguadagnando il sentiero 00 in prossimità del Passo di Compione (m 1794). Rientriamo verso il Sillara muovendo verso destra lungo il crinale. E’ una frazione di particolare fascino, ridotta ad un’esile striscia scavata nella brughiera. Dominiamo dall’alto la conca dei laghi posizionati ora alla nostra destra, mentre a sinistra osserviamo la Lunigiana e il Golfo di La Spezia come le isole di Palmaria e Tino. Senza difficoltà siamo rapidamente ai piedi del cocuzzolo sommitale del Sillara, da questo versante particolarmente pronunciato. Un ultimo breve tratto più ripido permette di accedere per la seconda volta alla cima (m 1860 – ore 0,30 dai Laghi del Sillara – ore 4,15 complessive).

Rientro alla partenza:

Sino alla Sella Paitino seguiamo a ritroso il percorso d’andata impiegando circa mezz’ora dalla vetta del Sillara (ore 4,45 complessive).

Per il proseguo suggeriamo una variante: in coincidenza della Sella Paitino abbandoniamo il segnavia 00 di crinale seguendo le indicazioni per le Capanne di Lago Scuro e i Lagoni (sentiero 713), questi ultimi già visibili a distanza. Caliamo in un facile valloncello prativo con alcuni tratti su detrito e rocce. Ad una variante scegliamo di mantenere la destra per poi bordeggiare uno stretto e profondo abisso che si apre a sinistra del percorso denominato “Buca della neve”. Il nome non è certo casuale visto che la neve racchiusa nel fondo di questa curiosa nicchia riesce molto spesso a resistere al calore estivo. Dopo meno di 5 minuti transitiamo presso la cosiddetta “Falesia del Canyon” (m 1615), impressionante solco racchiuso tra due notevoli pareti d’arenaria che si apre immediatamente a sinistra del tracciato. Subito oltre scendiamo molto ripidamente una fastidiosa scarpata per lo più rocciosa con bello scorcio dall’alto sulle sottostanti Capanne di Lago Scuro. Per raggiungerle attraversiamo un torrente quindi la pendenza decresce sino a guadagnare la verdeggiante prateria che accoglie le costruzioni (m 1537). Si tratta di un’antica stalla e di un’abitazione pastorale oggi utilizzate la prima dall’Università di Parma come punto d’appoggio per studi sugli ambienti umidi, la seconda come rifugio incustodito per gli escursionisti. Da notare la fontana d’acqua freddissima posta presso gli edifici. Subito oltre il nostro segnavia converge nel sentiero 711 che seguiamo verso sinistra bordeggiando più in basso un’evidente conca palustre ormai occupata dai sedimenti. E’ evidente come un tempo vi fosse qui uno specchio d’acqua ormai degenerato allo stadio di torbiera. La discesa prosegue rapida e senza difficoltà: bordeggiamo alcune evidenti rocce montonate che hanno la loro origine nell’effetto erosivo di un antico ghiacciaio che molti secoli or sono occupava questa zona. Come noto, lo spostamento verso valle dei ghiacciai determina una forte erosione sul suolo sottostante. Oggi nel crinale appenninico non esiste più alcun ghiacciaio ma la loro antica presenza è rivelata da rocce come queste dall’aspetto estremamente liscio e levigato. L’ultimo tratto del percorso riporta dapprima nella fittissima faggeta per calare infine sino alla partenza in coincidenza della sponda del limpidissimo Lago Gemio Inferiore a termine della nostra fatica (m 1340 – ore 6,30 complessive)

Cenni sulla flora:

Abbiamo anticipato nell’introduzione come l’itinerario sia interamente compreso nell’ambito del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, una zona d’indiscutibile valore naturalistico per la sua biodiversità. Parlando delle piante osservabili lungo il cammino è d’obbligo citare per prima la bellissima Primula appenninica (Primula apennina). Si tratta di un endemismo in senso stretto di una piccola porzione del crinale appenninico lunga non più di 40 km posta prevalentemente in provincia di Parma e Reggio Emilia con piccoli sconfinamenti nell’adiacente territorio toscano. Mentre sulle Alpi sono presenti numerose specie di primula a petalo rosso, in Emilia Primula apennina è l’unica specie del genere Primulae a presentare questa colorazione escludendo l’eventuale confusione con altre congeneri. Il fiore è di straordinaria bellezza in quanto la pianta cresce il più delle volte nelle spaccature dell’arenaria colorando così di rosso vivo, in maggio e in giugno, le grigie stratificazioni rocciose. Osserverete i primi esemplari presso la sommità della Rocca Pumaccioletto, molti altri li troverete nelle rupi strapiombanti che sovrastano il sentiero subito oltre la Rocca Pumacciolo. Ricchissima è poi la stazione posizionata presso la Sella Paitino, senza elencare le moltissime posizioni in cui osserverete piante lungo il crinale, dalla Sella Paitino al Sillara. In questo caso troverete Primula apennina anche nelle rupi verticali che precipitano nel versante toscano sebbene la specie preferisca in prevalenza posizioni rivolte verso settentrione e quindi nel versante emiliano.

Di seguito elenchiamo le altre specie osservate in occasione della stesura di questo testo (inizio del mese di giugno).

1)      Spillone traslucido (Armeria marginata); un altro endemismo con areale esteso dal bolognese al piacentino presente con una certa frequenza nei prati sommitali (ad esempio in vetta al Sillara) e caratterizzato da una bella infiorescenza globosa

2)      Draba gialla (Draba aizoides)

3)      Orchidea sambucina (Dactylorhiza sambucina)

4)      Primula odorosa (Primula veris)

5)      Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata)

6)      Sassifraga a foglie rotonde (Saxifraga rotundifolia)

7)      Sassifraga muschiata (Saxifraga moschata).

8)      Soldanella alpina (Soldanella alpina)

9)      Anemone bianca (Anemone nemorosa)

10)   Scilla bifoglia (Scilla bifolia)

11)   Anemone gialla (Anemone ranuncoloides)

12)   Genziana di Koch (Gentiana acaulis)

13)   Cariofillata montana (Geum montanum)

14)   Alchemilla di Hoppe (Alchemilla nitida)

15)   Calta (Caltha palustris)

16)   Croco (Crocus vernus)

17)   Acetosella (Oxalis acetosella)

18)   Pepe di monte (Daphne mezereum)

19)   Mirtillo (Vaccinium myrtillus)

20)   Tossillaggine alpina (Homogyne alpina)

21)   Anemone alpino (Pulsatilla alpina)

22)   Piede di gatto (Antennaria dioica)

23)   Nontiscordardime (Myosotis alpestris)

24)   Viola con sperone (Viola calcarata)

25)   Viola gialla (Viola biflora L.)

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