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MONTE ISCHIA (m 1732) MONTE SCALOCCHI (m 1727) CIMA BELFIORE (m 1815)
Ad occidente dal Passo di Pradarena si sviluppa un lungo tratto del crinale appenninico Tosco Emiliano caratterizzato da cime poco spiccate in un ambiente particolarmente solitario ed isolato. Gran parte degli escursionisti si accalcano sulle vette circostanti più alte, come il Monte Cusna e l’Alpe di Succiso, trascurando invece ampi settori della linea spartiacque non meno interessanti e comunque ben accessibili a piedi. Siamo così lieti di portarvi alla conoscenza di un’area davvero suggestiva dove vasti panorami a perdita d’occhio si uniscono ad una flora e ad una fauna particolarmente ricche grazie alla frequentazione contenuta dei sentieri. Da rilevare come il percorso descritto serpeggi per gran parte in prossimità dello spartiacque, al confine tra Toscana ed Emilia. Tutto il settore a nord del crinale, e quindi in provincia di Reggio Emilia, è stato inserito all’interno del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, a proteggere la ricchezza naturalistica dell’area. Lungo il tracciato che andiamo a descrivervi potrete osservare, nella giusta stagione, la fioritura della pianta simbolo dell’area protetta: si tratta della Primula appenninica, raro e prezioso endemismo dai magnifici petali di colore compreso tra il rosso e il violetto. Altri particolari in merito li trovate in coda alla descrizione. Concludiamo consigliando la percorrenza dell’itinerario tra metà maggio e l’autunno evitando neve e ghiaccio e ricordando che il periodo compreso tra fine primavera ed inizio estate è il migliore per godere del rigoglio della natura con le sue straordinarie fioriture. L’escursione in breve: Passo di Pradarena (m 1576) – Passo di Cavorsella (m 1505) – Monte Ischia (m 1732) – Monte Scalocchi (m 1727) – Passo di Belfiore (m 1669) – fonte (m 1725) - Cima Belfiore (m 1815) Dati tecnici: Partenza dal Passo di Pradarena (m 1576): Difficoltà: E (Breve tratto EE negli ultimi 15 minuti di salita alla Cima Belfiore oltre ad un passaggio roccioso di pochi metri un po’ esposto nell’aggiramento del Monte Scalocchi) (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale tranne le brevi deviazioni alle cime che non sono segnate ma comunque intuitive. Dislivello assoluto: m 310 – Dislivello reale: m 439. Acqua sul percorso: alla partenza presso il Passo Pradarena e a quota m 1722 lungo il sentiero alle pendici di Cima Belfiore. Accesso alla partenza: La partenza coincide con l’importante Passo di Pradarena, uno dei più alti valichi rotabili dell’Appennino Settentrionale. Usando l’autostrada A1 si esce a Reggio Emilia e si seguono le indicazioni per La Spezia e il Passo del Cerreto (SS 63). Arrivati al paese di Busana si abbandona la statale volgendo a sinistra sulla SP 18 per salire a Ligonchio (75 km da Reggio Emilia). Si tratta dell’ultimo paese, se si eccettua la piccola frazione di Ospitaletto, prima della salita che conduce direttamente al valico, al confine tra l’Emilia e la Toscana. Naturalmente si può salire al valico anche dal versante toscano. In questo caso si raggiunge, con la SS 445 della Garfagnana, il paese di Piazza al Serchio. Si abbandona la statale per salire dapprima a Sillano quindi, in 4,5 km, sino a Capanne di Sillano. La strada procede in ripida salita guadagnando, in ulteriori 7 km, il Passo di Pradarena. Descrizione del percorso: In coincidenza del Passo di Pradarena (m 1576) si separa verso occidente un’ampia sterrata chiusa al traffico che entra nella bella e lussureggiante faggeta. Si tratta del segnavia 00 di crinale che in questa prima frazione si articola dapprima in piano quindi in debole discesa sino a raggiungere, sempre nel bosco, il punto più basso dell’escursione. Siamo al Passo di Cavorsella (m 1505 – ore 0,20 dalla partenza), importante crocevia di sentieri ben segnalato dai cartelli. Ignoriamo il sentiero 647 che si separa a destra mantenendo il segnavia 00 con l’ampia mulattiera che lascia spazio ad un buon sentiero. Ci innalziamo ripidamente nel pendio boscoso con il paesaggio, in questa prima frazione, impedito dalla fitta alberatura. In breve guadagniamo il margine superiore della faggeta. Subito oltre siamo nella prateria d’altitudine con il sentiero ridotto ad una striscia nel manto erboso e con panorama che si apre all’improvviso divenendo vasto e suggestivo. Verso meridione spiccano le Alpi Apuane mentre alle spalle osserviamo il Monte Cusna seconda cima, in ordine di altezza, dell’Appennino Settentrionale. Facile e ben tracciato, il percorso si articola di poco sotto crinale aggirando nel versante toscano le pendici del Monte Ischia. Tra distese di mirtillo e bassa vegetazione cespugliosa ci portiamo in pieno spartiacque che raggiungiamo in coincidenza della selletta che divide il Monte Scalocchi dal Monte Ischia. Partendo da questo modesto valico possiamo ora salire facilmente entrambe le elevazioni. Per guadagnare il Monte Ischia arretriamo restando tuttavia sull’erboso crinale, lasciando pertanto alla nostra destra il segnavia 00 seguìto in precedenza per giungere fino qui. In breve, senza segnaletica ma anche senza alcuna difficoltà, guadagniamo l’ampio dorso erboso che contraddistingue la cima (m 1732). Il rientro è a ritroso riportandosi in pochi minuti sulla selletta di crinale dove transita il sentiero segnato. E’ ora il turno del Monte Scalocchi. Il sentiero 00 ne aggira le pendici nel versante toscano mentre un’esile traccia, appena visibile nell’erba, si articola in salita restando a pochi passi dal filo di cresta. Scegliamo quest’ultima possibilità rilevando una magnifica vista in direzione del versante emiliano. Nello specifico si osserva, senza difficoltà, l’Alpe di Succiso e il Monte Cavalbianco. In qualche minuto dalla selletta sottostante raggiungiamo il crinale sommitale con paletto che riporta il toponimo della vetta (m 1727). Da rilevare il salto strapiombante, caratterizzato da affioramenti arenacei, che precipita verso settentrione. L’escursione può ora proseguire riprendendo il sentiero segnato. E’ possibile rientrare a ritroso sino alla sella ma risulta altrettanto facile e più logico proseguire oltre la cima del Monte Scalocchi. Le facili ondulazioni prative non presentano alcuna difficoltà e in breve si individuano tracce non molto evidenti di tratturo che abbandonano la cresta sommitale per calare a sinistra lungo il ripidissimo pendio. Il sentiero 00 è poco più in basso, al limite dell’alberatura, e lo riprendiamo in meno di 10 minuti dalla vetta. Volgiamo verso destra rientrando per un breve tratto nella faggeta. Ignoriamo la biforcazione a destra, segnalata dai cartelli, per il Cerreto (segnavia 649) restando ancora una volta lungo il percorso di crinale. In breve usciamo nuovamente nella prateria culminale in coincidenza del Passo Belfiore (m 1669 – cartello con toponimo – ore 1,45 dalla partenza – ore 1,30 se si esclude la salita non obbligata al Monte Ischia). Tralasciamo il tracciato che si separa a sinistra, calando verso meridione, andando invece ad affrontare la frazione più bella della nostra avventura. Scavato nel vaccinieto, il sentiero deborda nel versante emiliano restando al di sotto della linea di crinale ma lasciando alla destra un salto strapiombante caratterizzato dall’affioramento di strati d’arenaria. In queste fasce rocciose si osserva, tra maggio e giugno, una spettacolare fioritura di Primula appenninica. Si tratta di una pianta endemica molto rara, caratterizzata da corolle rosso violette che sembrano fuoriuscire letteralmente dalla roccia. E’ una specie protetta che pertanto non deve mai essere raccolta. Da rilevare inoltre l’ottimo panorama verso Cima Belfiore e il Monte La Nuda, vette posizionate lungo il proseguo del crinale. Il sentiero avanza facile e ben tracciato in salita molto moderata. E’ una frazione che si sviluppa in ambiente ampio e selvaggio con scorcio alle spalle sui monti Prado e Cusna. Sotto le pendici della Cima Belfiore raggiungiamo una modesta risorgiva utile per un eventuale approvvigionamento d’acqua (m 1725). Andiamo ora a conquistare l’ultima cima dell’escursione. Abbandoniamo il segnavia 00 per salire a sinistra, su terreno libero e privo di tracce, puntando in direzione del crinale soprastante. Il cammino è faticoso per la presenza di vegetazione bassa e cespugliosa. Rimontiamo il ripidissimo pendio muovendoci in direzione della selletta posta subito ad oriente della Cima Belfiore; la raggiungiamo in pochi minuti guadagnando così linea di displuviale. Osserviamo sulla sinistra un curioso affioramento roccioso mentre sulla destra siamo sovrastati dall’ampio e tozzo dorso della Cima Belfiore. Ne rimontiamo faticosamente il fianco, ancora una volta senza segnaletica ma con percorso intuitivo e privo, con buona visibilità, di qualsiasi problema. In breve accediamo all’ampia sommità della Cima Belfiore (m 1815 – paletto con toponimo - ore 2 dalla partenza). L’ambiente è magnifico grazie al relativo isolamento della cima. Nessun sentiero “ufficiale” raggiunge infatti la sommità che quindi è spesso trascurata dagli escursionisti. Appena sotto vetta, sul versante rivolto ad occidente, ritroviamo, tra le fasce rocciose affioranti, la bellissima Primula appenninica. Il panorama di vetta è il più bello e vasto dell’intera camminata. Spicca verso occidente la cima del Monte La Nuda posizionata lungo il proseguo della linea di spartiacque. Più a sinistra siamo attratti dalla slanciata guglia rocciosa nota come “Monte Gendarme”. Verso nord è ben evidente il Monte Ventasso quindi, volgendo verso oriente, notiamo dapprima il Monte Cavalbianco quindi i monti Cusna e Prado, entrambe vette che varcano i 2000 metri di quota e spesso caratterizzate da nevai sino a giugno. Il rientro alla partenza può avvenire a ritroso oppure si può calare liberamente lungo il fianco settentrionale della Cima Belfiore tra balze erbose ripidissime ma non difficili sino a riprendere il sottostante segnavia 00. Nel ritorno verso il Passo Pradarena non è necessario ovviamente eseguire di nuovo le digressioni ai monti Ischia e Scalocchi. Si tratta pertanto di restare sul sentiero segnato con un unico passaggio (Passo del Gatto) che richiede un attimo d’attenzione in più nell’aggiramento sul versante toscano del Monte Scalocchi. Il sentiero segnato affronta infatti un’isolata balza rocciosa ben appigliata ma lievemente esposta sul salto a destra. Con fondo asciutto e piede fermo non vi sono troppi problemi. Si procede quindi lungo la traccia senza ulteriori difficoltà procedendo lungamente sino a rientrare al Passo di Pradarena (m 1576) per un totale di ore 3,40 di cammino. Cenni sulla flora:
L’area interessata dall’escursione è inclusa per buona parte nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano a proteggere un ambiente sostanzialmente integro e di rilevante interesse per la flora d’altitudine. Segue una lista parziale delle principali specie osservate in occasione della nostra salita avvenuta nella prima parte del mese di giugno. 1) Primula appenninica (Primula apennina); si tratta dell’unica primula di colore rosso presente nell’Appennino Tosco Emiliano. E’ un raro endemismo presente sul crinale reggiano e parmense con sconfinamenti nel versante toscano(provincia di Massa Carrara) osservabile per lo più sulle rupi d’arenaria ad esposizione settentrionale. Nella nostra escursione è presente in due distinte stazioni. La prima è posizionata in coincidenza di una rupe esposta a nord che si incontra a destra del sentiero subito dopo aver superato il Passo di Belfiore. Gran parte delle piante sono inaccessibili per l’esposizione a strapiombo delle rocce. L’altra stazione è posta quasi in vetta alla Cima Belfiore e presenta un’esposizione occidentale atipica in quanto la specie predilige versanti settentrionali umidi e ombrosi. Questa seconda stazione è in parte in Toscana. Inutile dire che si tratta di una specie protetta che non deve, per nessuna ragione, essere raccolta per il forte rischio d’estinzione. La fioritura avviene normalmente tra fine maggio e inizio giugno. 2) Ranuncolo del Pollino (Ranunculus pollinensis). Endemico dell’Italia peninsulare trova nell’Appennino Tosco Emiliano le sue estreme stazioni settentrionali. 3) Raponzolo a foglie di scorzonera (Phyteuma scorzonerifolium); è una specie subendemica con areale che in Italia interessa essenzialmente le Alpi Occidentali, l’Appennino Settentrionale e le Alpi Apuane. 4) Genziana di Koch (Gentiana acaulis) 5) Genzianella (Gentiana verna) 6) Sassifraga alpina (Saxifraga paniculata) 7) Sassifraga muschiata (Saxifraga moschata) 8) Sassifraga a foglie rotonde (Saxifraga rotundifolia) 9) Acetosella (Oxalis acetosella) 10) Orchidea sambucina (Dactylorhiza sambucina); appare abbondantissima ed è presente nelle due versioni di colore giallo oppure violaceo. 11) Orchidea maschia (Orchis mascula) 12) Anemone bianca (Anemone nemorosa) 13) Anemone alpino (Pulsatilla alpina) 14) Carlina segnatempo (Carlina acaulis) 15) Viola con sperone (Viola calcarata) 16) Mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) 17) Cariofillata montana (Geum montanum) 18) Piede di gatto (Antennaria dioica) 19) Tossillaggine alpina (Homogyne alpina) 20) Finocchio montano (Meum athamanticum) 21) Primula maggiore (Primula elatior) 22) Croco (Crocus vernus) 23) Pepe di monte (Daphne mezereum) 24) Fragolina di bosco (Fragaria vesca) 25) Giglio martagone (Lilium martagon) 26) Draba gialla (Draba aizoides) 27) Astro alpino (Aster alpinus) 28) Lino alpino (Linum alpinum) 29) Arabetta alpina (Arabis alpina) 30) Acino alpino (Acinos alpinus) 31) Calta (Caltha palustris) 32) Succiamele rossastro (Orobanche gracilis) 33) Erba di San Giovanni Belleval (Hypericum richeri) 34) Anemone gialla (Anemone ranuncoloides) 35) Valeriana trifogliata (Valeriana tripteris) 36) Doronico di colonna (Doronicum columnae) 37) Betonica densiflora (Stachys pradica) 38) Scorzonera rosea (Scorzonera rosea) 39) Anemone narcissino (Anemone narcissiflora)
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