Croda Negra (Col Gallina)

CRODA NEGRA (COL GALLINA - m 2518)

La Croda Negra, conosciuta anche con il toponimo di “Col Gallina” è una dorsale di roccia scura che si eleva poco a sud del Passo Falzarego, subito a fianco del Monte Averau. La salita, sebbene sia relativamente breve, appare assai interessante sia per il panorama che per i resti della prima guerra mondiale che ne caratterizzano le pendici. Il sentiero descritto è adatto agli escursionisti esperti per via di un paio di salti rocciosi con difficoltà intorno al primo grado e con l’attraversamento di una stretta cengia in parte esposta che richiede piede fermo. Sono difficoltà non insormontabili per un escursionista dotato di passo sicuro e assenza di vertigini. Requisito fondamentale per la salita resta in ogni caso il fondo asciutto e il tempo stabile. In compenso è un’escursione che può essere improvvisata all’ultimo momento impegnando per meno di mezza giornata grazie alla partenza che avviene piuttosto quota. Inutile dire che il periodo migliore per eseguire l’ascensione è quello compreso tra la metà di luglio e tutto settembre.

L’escursione in breve:

Passo Falzarego (m 2117) – sentiero 441 – innesto sentiero 422 (m 2233) – Croda Negra (Col Gallina – m 2518) – sentiero 441 (Val de Limedes) – Passo Falzarego (m 2118)

Dati tecnici:

Partenza dal Passo Falzarego (m 2117): Difficoltà: EE. Un breve salto di 1° grado non esposto in salita, un altro salto roccioso in discesa dalla vetta e una cengia esposta nel tratto successivo. (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 401. Acqua sul percorso: assente.

Accesso alla partenza:

L’escursione ha inizio in coincidenza del Passo Falzarego, importante valico posizionato sulla SR 48 delle Dolomiti e raggiungibile da Cortina per chi proviene da est e da Livinallongo salendo da occidente.

Descrizione del percorso:

Proprio in coincidenza del passo si separa verso meridione un evidente sentiero (segnavia 441) che asseconda le ondulazioni erbose del pendio. Complice la quota elevata l’alberatura è molto ridotta lasciando spazio ad un magnifico panorama sulle cime circostanti. Nello specifico notiamo, alle spalle, la grande parete che caratterizza il Lagazuoi nonché, più distante, l’inconfondibile sagoma della Tofana di Rozes. Verso nordovest osserviamo il profilo appuntito del Sass de Stria mentre di fronte a noi spicca la struttura quasi trapezoidale del Monte Averau con, alla sua destra, la grande calotta che caratterizza la Croda Negra, obiettivo della nostra salita.

In questo primo tratto restano contenuti i dislivelli con il sentiero, ampio ed evidente, che raggiunge il bivio sulla destra, segnalato dal cartello, per la Croda Negra (segnavia 422). Volgiamo in questa direzione seguendo l’esile sentierino che aggira le pendici soprastanti portandosi sul versante occidentale della montagna. Il percorso diviene una sottile cengia in parte esposta che sfrutta le stratificazioni rocciose. Con piede fermo superiamo questa breve frazione un po’ aerea quindi il percorso diviene più facile e ampio rimontando in diagonale ascendente il pendio. Poco sopra,prestiamo attenzione al segnavia senza lasciarci sviare dalla traccia che prosegue verso sud. Il tracciato (m 2330) esegue infatti un deciso tornante verso sinistra per raggiungere in breve la base di un marcato spacco che incide la soprastante paretina rocciosa. Il percorso risale la stretta fenditura all’interno della quale saliamo sfruttando appigli e appoggi (passaggi non esposti di 1° grado). Usciamo, subito sopra, nel vasto ed uniforme tavolato inclinato che caratterizza il versante settentrionale della Croda Negra.

Senza alcuna difficoltà seguiamo gli ometti di pietra che permettono di destreggiarsi in moderata salita tra affioramenti rocciosi e gli ultimi scampoli prativi. La vista si apre nel frattempo a nuovi massicci con in evidenza la Marmolada con il suo ghiacciaio, il Gruppo Sella, l’altopiano di Puez e il Sass de Putia verso occidente mentre in direzione opposta notiamo le Cinque Torri e, più lontani, il Sorapiss, il Monte Antelao e il Gruppo del Cristallo. In primo piano abbiamo il Monte Averau con le evidenti stratificazioni inclinate che lo caratterizzano. La frazione appare molto uniforme con il pendio che appare come una distesa rocciosa dall’aspetto quasi lunare. In ultimo raggiungiamo un profondo spacco che andiamo a scavalcare con le cautele del caso. Segue l’ultima brevissima frazione di sentiero sino ad accedere alla cima (m 2518 – ore 1,45 dalla partenza).Il paesaggio si apre a 360° estendendosi ulteriormente vero meridione sino ad osservare il Monte Pelmo e il Monte Civetta.

La nostra escursione procede sul segnavia 422 andando a descrivere un anello. Nel tratto che segue il sentiero cala infatti attraverso il versante sudorientale della Croda Negra. Affrontiamo quasi subito il punto chiave della discesa: si tratta di una balza molto ripida che permette di scendere un angusto spacco. La frazione presenta difficoltà di 1° grado, ad ogni modo non mancano appigli e appoggi. Subito al di sotto del salto riprendiamo il sentierino che appare evidente e ben scavato nel manto erboso. La frazione, a mo’ di cengia, altro non è che un traverso dapprima nei prati quindi di nuovo tra affioramenti rocciosi. Un breve tratto particolarmente sottile richiede cautela per l’esposizione a sinistra. E’ una frazione non difficile che richiede in ogni caso piede fermo e assenza di vertigini. Il traverso termina in coincidenza di una marcata forcellina dove torniamo ad ammirare un eccellente panorama in direzione della Marmolada e del Monte Civetta. Guardando alle spalle notiamo come un curiosissimo ed elegante spuntone di roccia sovrasta la forcella stessa. Altre guglie e pinnacoli rocciosi sono osservabili nella scarpata che cala verso meridione.

Possiamo ritenere conclusa la sezione impegnativa del percorso. Il proseguo altro non è che un innocuo sentiero che alterna frazioni sassose con lembi prativi. Cominciamo a perdere quota con il sentiero che si trasforma in un’ampia mulattiera che discende il solco vallivo. Continuiamo ad osservare alla nostra destra le pendici del Monte Averau mentre di fronte a noi spicca la mole del Lagazuoi. In moderata pendenza caliamo sino a scavalcare con un ponte in legno il torrente. Procediamo in debole saliscendi tra settori erbosi e affioramenti rocciosi. In ultimo siamo al bivio per la Croda Negra a conclusione del nostro anello. Il tratto che segue riportandoci alla partenza, è comune all’andata permettendo ottimi scorci in direzione delle Tofane. Tra i prati rientriamo al Passo Falzarego al termine del nostro cammino (m 2118 – ore 3,20 complessive).

Cenni sulla flora:

La flora che caratterizza l’area è tipicamente dolomitica con alcune interessanti specie endemiche. Di seguito trovate un estratto delle principali entità osservate in occasione della nostra salita avvenuta nel mese di agosto.

Specie endemiche:

1)     Sassifraga delle Dolomiti (Saxifraga squarrosa); endemica delle Alpi sud orientali appare molto simile, nell’aspetto, a Saxifraga caesia. La distinzione tra le due specie non è affatto semplice e non è d’aiuto l’osservazione dei fiori che in pratica sono quasi identici. Un elemento distintivo risiede nelle foglie, incurvate solo all’apice in S.squarrosa, curve ed aperte su tutta la lunghezza in S.caesia.

2)     Androsace di Hausmann (Androsace hausmannii). Raro endemismo d’alta quota delle Alpi Orientali presente soprattutto sulle Dolomiti ma con sconfinamenti in altri gruppi limitrofi. Lungo il percorso descritto è osservabile nella frazione in discesa che segue la cengia esposta.

3)     Campanula cespitosa (Campanula caespitosa); endemismo con areale diviso in due parti ben distinte. La prima parte dell’areale è posta in Austria mentre la seconda parte è estesa tra l’Alto Adige e la Slovenia.

4)     Millefoglio di Clavena (Achillea clavenae). Tipica pianta di praterie, ghiaioni e pendii aridi su substrato calcareo. E’ un endemismo alpino – dinarico con areale esteso in Italia dalla Lombardia al Friuli.

5)     Bonarota comune (Paederota bonarota). Specie rupicola per eccellenza, è un endemismo delle Alpi Orientali che colonizza gli spacchi nelle rocce e le pareti calcaree dolomitiche verticali.

6)     Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum). Pianta endemica delle Alpi centro orientali molto simile al più diffuso Rododendro ferrugineo dal quale si distingue per l’evidente pelosità delle foglie. Cresce unicamente su substrato calcareo e non è pertanto un caso se risulta particolarmente diffuso sulle Dolomiti.

Altre specie osservabili:

1)     Valeriana delle rupi (Valeriana saxatilis)

2)     Potentilla lucida (Potentilla nitida). Caratteristica nel suo portamento strisciante, offre alcune tra le fioriture più spettacolari delle Dolomiti.

3)     Ormino dei Pirenei (Horminum pyrenaicum)

4)     Poligono viviparo (Polygonum viviparum)

5)     Draba dubbia (Draba dubia)    

6)     Camedrio alpino (Dryas octopetala)

7)     Trifoglio bruno (Trifolium badium)

8)     Sassifraga gialla (Saxifraga aizoides)

9)     Sassifraga verde azzurro (Saxifraga caesia)

10)  Sassifraga setolosa (Saxifraga sedoides)

11)  Silene a cuscinetto (Silene acaulis)

12)  Achillea moscata (Achillea moschata)

13)  Arabetta alpina (Arabis alpina)

14)  Spillone alpino (Armeria alpina)

15)  Graminia di Parnasso (Parnassia palustris)

16)  Cardo spinosissimo (Cirsium spinosissimum)

17)  Papavero alpino retico (Papaver alpinum L. subsp. rhaeticum)

18)  Rododendro ferrugineo (Rhododendron ferrugineum)

19)  Cavolaccio alpino (Adenostyles allariae)

20)  Garofanino maggiore (Epilobium angustifolium) in Val Limides.

21)  Campanula di monte (Campanula scheuchzeri)

22)  Carlina segnatempo (Carlina acaulis)

23)  Prunella delle Alpi (Prunella grandiflora)

24)  Vulneraria (Anthyllis vulneraria)

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