Punta de Joel - Sass da Forcia

PUNTA DE JOEL (PUNTA DI SOEL - m 2948)

SASS DA FORCIA EST (m 2880)

SASS DA FORCIA DI MEZZO (m 2917)

SASS DA FORCIA OVEST (m 2923)

Gran parte dei turisti che raggiungono con la funivia del Sas Pordoi l’altopiano sommitale del Sella si accontentano della facile passeggiata che permette di guadagnare in un’ora circa il Rifugio Boè oppure la vetta del Piz Boè. La facilità d’accesso legata alla presenza dell’impianto a fune determina un inimmaginabile flusso turistico, specie nel mese di agosto, che molto toglie al fascino dell’ambiente circostante. Fortunatamente basta allontanarsi anche solo di poco dai sentieri appena citati, per trovarsi nel silenzio e nella solitudine propria di gran parte dell’altopiano. L’itinerario che vi raccontiamo permette a questo riguardo di salire in rapida sequenza quattro vette che godono di un incredibile anonimato. La sorpresa è legata al fatto che le cime in questione sono posizionate subito a monte del breve ma frequentatissimo sentiero che dalla Forcella Pordoi muove verso il Piz Boè. Il panorama è di prim’ordine grazie alla visione del non lontano ghiacciaio della Marmolada; è quindi necessaria la scelta di una giornata limpida per non precludersi una vista indimenticabile. Occorre inoltre segnalare un tratto di percorso intuitivo ma del tutto privo di segnaletica e quindi da evitarsi in presenza di nebbie. La neve tende a persistere nella prima parte della stagione estiva, consigliamo pertanto la salita a partire dalla metà di luglio sino a fine estate con la raccomandazione di salire sull’altopiano con un abbigliamento adatto ai rigori dell’alta quota.

L’escursione in breve:

Rifugio Maria (Sas Pordoi - m 2950) - Rif. Forcella Pordoi (m 2848) - Punta di Soel (Punta de Joel - m 2948) – Sass da Forcia Est (m 2880) - Sass da Forcia di Mezzo (m 2917) - Sass da Forcia Ovest (m 2923) - Rifugio Forcella Pordoi (m 2848) - Rifugio Maria (Sas Pordoi - m 2950)

Dati tecnici:

Partenza dalla stazione a monte della funivia del Sas Pordoi (Rifugio Maria - m 2950): Difficoltà: E (Vai alla scala delle difficoltà). Un breve tratto EE in discesa dal Sass da Forcia Ovest al Rifugio Forcella Pordoi, frazione evitabile rientrando a ritroso (vedere descrizione sottostante per ulteriori indicazioni). Segnaletica: totale solo fino alla base della Punta de Joel, assente nel tratto successivo ma senza difficoltà d’orientamento con buona visibilità. Dislivello assoluto: m 102. Acqua sul percorso: assente ma con due ottimi punti d’appoggio aperti nella stagione estiva: Rifugio Maria e Rifugio Forcella Pordoi.

Accesso alla partenza:

La partenza è in coincidenza del Passo Pordoi, raggiungibile dalla Val Fassa superando il paese di Canazei e risalendo sino al valico. Un'altra possibilità è risalire da Arabba in una decina di chilometri sempre su comoda strada statale. Raggiunto il passo abbandoniamo l’auto e usufruiamo della funivia del Sas Pordoi salendo in pochi minuti sino al Rifugio Maria (m 2950).

Descrizione del percorso:

Il panorama che si gode dalla partenza appare di grandiosa vastità grazie al fatto che si distende davanti a noi l’immenso, brullo altopiano sommitale del Sella. Spicca naturalmente la larga piramide rocciosa del Piz Boè, punto più elevato del massiccio, mentre più a destra ammiriamo due cime che saranno obiettivo della nostra camminata: si tratta della Punta de Joel e del Sass da Forcia Ovest. Appare evidente come le due elevazioni siano poste al margine meridionale dell’altipiano, se infatti spiccano poco rispetto alla desolata distesa di pietra che si estende verso nord è altrettanto vero che precipitano a sud in una serie di grandiose pareti strapiombanti fino a raggiungere i prati presso il Passo Pordoi.

Il nostro percorso ha inizio muovendo in debole discesa verso oriente e, nel mese di agosto, ci troveremo nel mezzo della scomposta schiera di turisti che muove verso il Piz Boè o che torna alla stazione a monte della funivia. Pochi minuti e raggiungiamo il salto che sovrasta la sottostante Forcella Pordoi. Il sentiero cala senza difficoltà lungo la china detritica; nel frattempo possiamo osservare tutte e quattro le cime che raggiungeremo nel proseguo. Di fronte a noi abbiamo il Sass da Forcia Ovest posto sulla verticale della Forcella Pordoi mentre la cima centrale è posta subito alla sua sinistra. Volgendo con lo sguardo ancora più a oriente notiamo la modesta piramide rocciosa della Punta de Joel parzialmente coperta dal Sass da Forcia Est. Ancora più a sinistra il Piz Boè, con l’antiestetico rifugio posto sulla sua vetta, domina tutte le altre elevazioni. In questo “deserto” di pietra si resta stupiti scovando tra le rocce piante striscianti e incredibili fioriture d’alta quota alle quali faremo riferimento in coda alla descrizione. Tornando al nostro itinerario raggiungiamo la stretta e marcata Forcella Pordoi (m 2848 – ore 0,15 dalla partenza) dalla quale osserviamo l’impressionante canalone ghiaioso che cala verso i sottostanti prati del Passo Pordoi. Quasi opprimenti appaiono le rupi verticali del Sass da Forcia Ovest che sovrastano la stretta selletta. E’ presente un bel rifugio sempre aperto nella bella stagione, molto utile per un eventuale approvvigionamento d’acqua.

Il nostro itinerario prosegue praticamente in piano mantenendo il segnavia 627 che traversa a mezza costa lasciando alla destra il trio di cime che caratterizzano il Sass da Forcia. In breve siamo ad un’importante biforcazione: a sinistra si proseguirebbe, sempre in falsopiano, verso il Rifugio Boè mentre nel nostro caso volgiamo a destra seguendo per un breve tratto la traccia in direzione del Piz Boè. Si tratta come detto di una frazione in salita che manteniamo brevemente; poco oltre, in coincidenza di una grande palo segnavia, abbandoniamo il proseguo per il Piz Boè lasciando alle nostre spalle la schiera scomposta di turisti che si accalcano sul percorso nel periodo centrale della stagione estiva. Muoviamo ora intuitivamente verso destra in direzione della già visibile ma poco marcata sommità rocciosa della Punta de Joel. Non vi è traccia né segnavia e il contrasto con la prima parte di percorso è davvero stridente: siamo passati dalla confusione di uno tra i sentieri più frequentati delle Dolomiti alla solitudine quasi completa. Su terreno libero e non esposto rimontiamo la grande pietraia che caratterizza la cima. Alla sinistra abbiamo la migliore visione possibile dell’ampia piramide del Piz Boè. Un ultimo sforzo permette di accostare l’impressionante salto rivolto verso meridione per poi guadagnare in pochi passi la cima della Punta de Joel (m 2948 – ometto di pietre sulla sommità).

Il panorama è assai interessante, dominato a meridione dal grandioso ghiacciaio della Marmolada e dalla lunga e verdeggiante catena del Padon. Ad oriente osserviamo le maggiori cime del cortinese (Tofane, Sorapiss, Antelao), nonché la sottostante conca occupata dal paese di Arabba. Verso settentrione, ancora una volta, notiamo l’incredibile paesaggio lunare dell’altopiano del Sella.

Proseguiamo ora alla volta del Sass da Forcia Est: per raggiungerlo muoviamo in direzione del Sass Pordoi restando tuttavia in piena cresta, per altro ampia e priva di qualsiasi difficoltà, e quindi lasciando al di sotto, alla nostra destra, il sentiero d’andata. Il Sass da Forcia Est altro non è che il cupolone roccioso sottostante, quasi un’anticima della Punta de Joel. Ne raggiungiamo senza problemi la tozza sommità (m 2880). Subito oltre caliamo molto ripidamente alla sottostante marcata forcella che divide la cima orientale dalla centrale. Si ripete, dalla selletta, il colpo d’occhio sulla Marmolada con la sua cima più alta (Punta Penia). Siamo ora alla base della scarpata detritica che costituisce la via d’accesso al Sass da Forcia di Mezzo. Sempre su terreno non segnalato scegliamo la via migliore rimontando il conoide detritico e lasciando alla sinistra alcune paretine rocciose. In breve scavalchiamo il tratto più ripido ed instabile accedendo ai più comodi macereti sommitali. Da rilevare lo scorcio alle spalle sulle “precedenti” cime della Punta de Joel e del Sass da Forcia Est. Un ampio e facile crinale conduce rapidamente sino al punto più alto del Sass da Forcia di Mezzo (m 2917) anche in questo caso caratterizzato da un grande ometto di pietre. Impressionante appare il salto in direzione di Passo Pordoi mentre a breve distanza osserviamo la stazione a monte della funivia del Sass Pordoi non occultata per pochi metri dal più vicino Sass da Forcia Ovest, nostro ultimo obiettivo. Muoviamo pertanto in direzione di quest’ultima cima: per raggiungerla dobbiamo forzatamente scendere, in pochi minuti, alla sottostante forcellina detritica in coincidenza della quale osserviamo, a sinistra, un bizzarro torrione roccioso che sembra sfidare la forza di gravità. Proseguiamo rimontando l’instabile pietraia sino a guadagnare il punto più alto (m 2923 – libro di vetta).

Il panorama offre una delle più grandiose visioni del Sass Pordoi con, in primo piano, le stratificazioni che ne caratterizzano la strapiombante parete rivolta a mezzogiorno. Alle spalle notiamo le elevazioni precedentemente salite. Spostandosi con molta cautela verso il ciglio rivolto a settentrione abbiamo un sorprendente quanto inatteso colpo d’occhio sul sottostante Rifugio Forcella Pordoi. Il rientro alla partenza può ora avvenire in due modi diversi. Il metodo più semplice consiste nel ricalcare a ritroso il percorso già descritto sino alla marcata sella compresa tra il Sass da Forcia Est e il Sass da Forcia di Mezzo. Lasciamo quindi la cresta calando verso sinistra sino a raggiungere, in qualche minuto, il frequentato sentiero per il Piz Boè. Volgiamo a sinistra rientrando dapprima alla Forcella Pordoi con l’omonimo rifugio quindi risaliamo sino alla stazione a monte della funivia posizionata sulla vetta del Sass Pordoi.

La seconda soluzione che proponiamo è più breve ma di maggiore impegno. Si tratta di calare dalla vetta del Sass da Forcia Ovest per qualche minuto sino alla forcella dove siamo transitati in precedenza che ne divide la cima dal Sass da Forcia di Mezzo. Notiamo ora un ripidissimo canalone pietroso che cala sulla sinistra, chiave manifesta per scendere al sottostante sentiero 627. Una poco affidabile parvenza di traccia sembra guidare nella discesa spostandosi tendenzialmente sulla sinistra del ghiaione. Nel tratto inferiore la pendenza è molto marcata mettendo alla prova le capacità d’equilibrio e di piede fermo. Infine accediamo al sottostante sentiero poco a destra della Forcella Pordoi. La percorrenza del ghiaione è consigliata ad escursionisti con passo sicuro e buona esperienza nel muoversi su fondo molto instabile e in forte pendenza. Dalla Forcella Pordoi il rientro avviene sul consueto, frequentatissimo percorso che risale al Sass Pordoi. Nel complesso, qualunque soluzione di scelga, non si superano le 2 ore totali di cammino. Se qualcuno desidera un itinerario più lungo non vi sono problemi nel prolungarlo aggiungendo altre facili cime circostanti quali il Piz Boè, l’Antersass, il Sas de Mesdì oppure il Col Toron che trovate descritte nel presente sito.

Cenni sulla flora:

Chi, per la prima volta, si avventura sull’altipiano sommitale del Sella, resta senza parole di fronte all’aspetto quasi lunare dell’area. Nemmeno dai passi sottostanti (Pordoi, Sella e Gardena) si può immaginare quanto ampia e selvaggia sia questa immane distesa di pietra. Chi sale all’altipiano con la funivia del Pordoi una volta raggiunta la stazione a monte (Sas Pordoi) rimane sorpreso passando dalle sottostanti verdi vallate al soprastante deserto di rocce.

Per capire il perché di un ambiente così singolare è bene non scordare che siamo a quasi 3000 metri di quota. L’arrivo della funivia è posizionato a 2950 metri ma la piramide del Piz Boè, punto culminante dell’altipiano, raggiunge addirittura i 3152 metri. Le Dolomiti presentano altri settori ad altipiano (Puez, Pale di S.Martino…) ma il Sella tocca le quote più elevate con condizioni climatiche del tutto paragonabili a quelle artiche. A queste altitudini l’estate è estremamente breve mentre l’innevamento può persistere sino a luglio inoltrato con singoli nevai che possono mantenersi anche in agosto e in settembre quando ormai la nuova, lunga stagione invernale è ormai alle porte. Condizioni così estreme spiegano la quasi totale assenza di vegetazione; eppure, anche in un mondo di pietra così arido, è incredibile trovare alcune piante che nella brevissima estate alpina riescono a fiorire. Non si tratta di piante appariscenti: l’aspetto strisciante o la conformazione a pulvino è prevalente in quanto permette di resistere sia al forte vento che al carico della neve. Facendo attenzione, riuscirete a scorgerne diverse, spesso celate tra le pietre o al riparo dei massi, di solito in fioritura ritardata (mese di agosto). Una veloce ricerca nel breve tratto compreso tra il Sas Pordoi (Rifugio Maria) e la Forcella Pordoi permette già di osservarne alcune addirittura straordinarie per rarità. Le due più rilevanti sono senz’altro la Sassifraga di Facchini (Saxifraga facchinii) e la Draba delle Dolomiti (Draba dolomitica). In entrambi i casi si tratta di “specie relitte di nunatak”. “Nunatak” è un vocabolo di origine vichinga con cui si indicano in Groenlandia e nei mari artici le poche isole di roccia che emergono dalla banchisa o dai ghiacciai. Si tratta in effetti delle uniche porzioni di crosta terrestre a non essere sommerse dall’immenso spessore della calotta glaciale. Nelle epoche passate, quando le glaciazioni interessarono le Alpi e le Dolomiti, tutte le valli furono sommerse dal ghiaccio per centinaia di metri e solo le cime più alte emergevano dalla calotta. In quell’epoca gran parte delle specie vegetali furono cancellate, incapaci di sfuggire alla morsa del ghiaccio. Solo pochissime specie riuscirono a salvarsi in loco rifugiandosi  su quelle piccole isole rocciose che emergevano dalla calotta ghiacciata. E’ il caso di Saxifraga facchinii, Draba dolomitica e di poche altre specie identificate quindi con il vocabolo di “nunatakker”. Quando i ghiacciai si ritirarono i nunatakker si trovarono isolati sulle cime più alte delle montagne, incapaci di incrociarsi con altre specie dello stesso genere. Si tratta quindi di piante “relitte” di un epoca trascorsa quasi sempre molto rare ed endemiche. Saxifraga facchinii è infatti un endemismo stretto delle Dolomiti; Draba dolomitica ha un areale un po’ più ampio ma comunque sempre limitato a poche aree sommitali.  

Occorre osservare che tutti i nunatakker hanno, come quota inferiore del loro habitat, il limite superiore raggiunto dalla calotta durante le glaciazioni. Questo spiega perché Draba dolomitica e Saxifraga facchinii non scendono quasi mai al di sotto di un margine molto netto posto nelle Dolomiti più interne a circa 2500 metri. Al di sopra di questa altitudine raggiungono le vette comportandosi così in modo del tutto diverso rispetto alle specie non relitte. Queste ultime con la quota vanno rarefacendosi con limiti massimi di quota piuttosto “sfumati” e variabili a seconda del gruppo montuoso e dell’esposizione. Un’altra osservazione interessante risiede nella quasi totale assenza di Draba dolomitica e Saxifraga facchinii nelle Dolomiti Orientali: questo lascia pensare che la calotta glaciale ricoprisse addirittura le vette di questo settore mentre nelle Dolomiti Occidentali spuntavano dal ghiaccio pochi gruppi montuosi tra cui il Sella dove le piante poterono rifugiarsi sfuggendo alla morsa del gelo. Quando, camminando sull’altipiano del Sella, incontrerete i pulvini delle piante suddette ricordatevi che state osservando un miracolo della natura sopravvissuto alle intemperie di un ambiente selvaggio ed ostile. Draba dolomitica può essere confusa con Draba hoppeana, anch’essa presente sull’altipiano ma distinguibile per i fiori giallo zolfini. Draba dolomitica presenta invece fiori giallo pallido o bianco – giallastri e certi anni alcuni pulvini, al pari di Saxifraga facchinii, possono non riuscire neppure a fiorire se le condizioni climatiche non lo permettono.

Una veloce carrellata delle altre piante osservabili sull’altipiano comprende senza dubbio altri endemismi quali la Peverina dei ghiaioni (Cerastium uniflorum) dai bei fiori bianchi e Iberidella grassa (Thlaspi rotundifolia), pianta caratterizzata da splendidi petali violetti in grado, con le sue radici, di vivere in mezzo ai ghiaioni detritici mobili. Entrambe sono endemiche dell’arco alpino. Presso la Forcella Pordoi non faticherete a scorgere diversi cuscinetti di Potentilla lucida (Potentilla nitida) trapuntati di appariscenti fiori bianco rosati. Particolarmente rappresentato è il genere Saxifraga che, oltre alla Sassifraga di Facchini comprende anche, sull’altipiano del Sella, Sassifraga rossa (Saxifraga oppositifolia), Sassifraga setolosa (Saxifraga sedoides) e Sassifraga muschiata (Saxifraga moschata). Un occhio attento noterà i piccoli fiorellini bianchi dell’Iberidella alpina (Hornungia alpina), dell’Arabetta alpina (Arabis alpina) e i densi cuscinetti dell’Arenaria moehringioide (Arenaria gothica fr.moehringioides). Assai appariscenti sono inoltre le infiorescenze della bella Margherita alpina (Leucanthemopsis alpina) e del Papavero alpino retico (Papaver alpinum L. subsp. rhaeticum). Concludiamo la nostra breve rassegna di piante con un ultimo endemismo delle Alpi Centro Orientali: si tratta del Millefoglio dei macereti (Achillea barrelieri subsp.oxyloba), la pianta con il fiore più grande tra quelle del genere Achillea.

Queste sono solo le entità più facili da osservare, ma speriamo che questa carrellata vi abbia convinto che l’altipiano del Sella non è poi così desertico come potrebbe apparire ad un’osservazione superficiale. Buona ricerca a tutti voi mostrando il massimo rispetto alla meravigliosa flora d’altitudine che anno dopo anno fiorisce sulle vette del Sella.

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