Punta del Segnale

PUNTA DEL SEGNALE (m 3132)

Assai poco conosciuta e ancor meno salita, la Punta del Segnale è caratterizzata da una marcata piramide rocciosa raggiungibile percorrendo un sentiero segnato che si sviluppa in un magnifico ambiente d’alta montagna. L’oblio di questa cima è spiegabile con la vicinanza di grandiose cime quale il Pizzo Tresero e la Punta di San Matteo. Ciò nonostante la Punta del Segnale resta un “3000” d’indiscusso fascino raggiungibile, a differenza dei suoi vicini più famosi, senza dover attraversare ghiacciai o tratti in arrampicata. Solamente in prossimità della Capanna Bernasconi si affrontano alcune roccette con passaggi di 1° grado che restano comunque alla portata di un escursionista di media esperienza. Non possiamo fare altro che raccomandarvi vivamente questa escursione in grado di donare la solitudine di un ambiente in alta quota caratterizzato da fiumi, laghi glaciali e soprattutto un vastissimo paesaggio. La Punta del Segnale sorge all’incrocio di tre creste e quella orientale la collega direttamente alla vetta del Pizzo Tresero non a caso ben visibile in tutta la sua imponenza proprio dalla vetta. Possiamo inoltre osservare ciò che resta della Vedretta del Tresero con il magnifico specchio d’acqua d’origine glaciale posto ai suoi piedi. Inutile la raccomandazione di salire la vetta nel periodo compreso tra luglio e settembre evitando eventuali nevai residui.

L’escursione in breve:

Rifugio Berni (m 2541) – Rifugio di Gavia (m 2522) – Ponte dell’Amicizia (m 2516) – Capanna Bernasconi (m 3074) – Punta del Segnale (m 3132)

Dati tecnici:

Partenza dal Rifugio Berni (m 2541): Difficoltà: EE; in prevalenza E; poco prima della Capanna Bernasconi è presente un breve passaggio di 1° grado su roccette in parte esposte (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: vecchia ma comunque totale. Dislivello assoluto: m 616. Acqua sul percorso: torrenti non sempre potabili trattandosi d’acqua di ghiacciaio; meglio portarsene una scorta da casa.

Accesso:

Si risale con la SS 42 l’intera Val Camonica superando Edolo e Vezza d’Oglio per raggiungere Ponte di Legno. Poco oltre il paese abbandoniamo la statale che procederebbe verso il Passo del Tonale per volgere a sinistra in direzione del Passo Gavia. La strada, a tratti molto stretta ma comunque asfaltata, risale sino ai 2610 metri del valico presso il quale sono presenti i bellissimi Lago Nero e Lago Bianco. Procediamo oltre il passo superando il Lago Bianco per raggiungere in breve il Rifugio Berni (m 2541) posto a sinistra della carreggiata e presso il quale lasciamo l’automobile. In alternativa si può accedere alla partenza dal versante opposto salendo da Bormio a Santa Caterina Valfurva per proseguire in salita verso il Passo Gavia. In questo caso troviamo il Rifugio Berni un paio di km prima del passo, immediatamente a destra della strada. Rimarchiamo la pericolosità della strada tra Ponte di Legno e il Passo Gavia a tratti strettissima e adatta solo ad utilitarie prestando comunque la massima attenzione ad eventuali incroci con altre auto. Il transito è proibito agli autocarri, agli autobus, alle roulotte e ai camper. Più agevole appare la salita da Santa Caterina Valfurva.

Descrizione del percorso:

Sin dalla partenza godiamo di uno splendido panorama sulle montagne circostanti scorgendo fra l’altro un settore del ghiacciaio di Dosegù. Sul lato opposto della strada rispetto al Rifugio Berni notiamo l’ampia mulattiera che scende a scavalcare con un ponticello il Torrente Gavia. Notiamo la vecchia costruzione in stato d’abbandono del Rifugio Gavia (m 2522).

Scavalcato il torrente tralasciamo il bivio sulla destra, segnalato dai cartelli, per la Vedretta e la Punta della Sforzellina mantenendo il segnavia 551 che tra lande erbose d’altitudine muove verso nordest guadagnando progressivamente altitudine. Poco oltre tralasciamo un secondo bivio, questa volta a sinistra, che condurrebbe al Ponte di Pietra con il segnavia 525. Proseguiamo con cartello indicante il Ponte dell’Amicizia a 20 minuti di distanza.

La quota elevata della partenza fa sì che non sia presente alberatura concedendo ampie visioni sui monti circostanti. Da rilevare nello specifico lo scorcio alle spalle sulle pendici del Monte Gavia mentre davanti a noi possiamo intravedere, lontana, la sagoma dell’Ortles. Sempre tra i prati magri tipici dell’alta quota guadagniamo un modesto culmine dove alcuni specchi d’acqua temporanei offrono lo spunto per splendide inquadrature fotografiche. Il percorso volge con maggiore decisione verso oriente perdendo decisamente quota in direzione del profondo vallone solcato dal Rio del Dosegù. La lingua terminale del Ghiacciaio del Dosegù è ora ben visibile caratterizzando il panorama di questo tratto di sentiero. Persi circa 100 metri di dislivello abbandoniamo il sentiero che prosegue dritto a destra del Rio del Dosegù (sinistra orografica) andando a scavalcare il torrente con il Ponte dell’Amcizia (m 2516 – ore 0,30 dalla partenza). Da notare la vista dal ponte della profonda forra scavata dal corso d’acqua.

Immediatamente al di là del ponte si separano due piste non segnalate da alcun cartello. Quella di destra è diretta al Pizzo Tresero mentre nel nostro caso seguiamo quella di sinistra, inizialmente non molto evidente e assai ripida. Andiamo infatti a rimontare il faticoso costone caratterizzato da brevi salti rocciosi e ripidi pendii erbosi. Guadagnando quota possiamo apprezzare come il paesaggio si apra in direzione del Passo Gavia offrendo una bella vista dell’omonima cima mentre di fronte a noi compare il Monte Sobretta. Seguendo gli ometti di pietra scavalchiamo alcune balze rocciose quindi raggiungiamo un dosso dove il sentiero volge con decisione verso destra e quindi verso settentrione con la ripida salita che lascia ora spazio ad una frazione in debole pendenza tra i magri pascoli d’altitudine. Si aprono nuovi orizzonti cominciando a scorgere la Valfurva e la lontana vetta dell’Ortles, massima cima delle Alpi Orientali. Il sentiero alterna frazioni erbose ad altre detritiche quindi siamo ad una biforcazione poco evidente. Riceviamo infatti da sinistra il segnavia 25C che sale dal cosiddetto Ponte di Pietra (vecchie indicazioni in vernice su un grande masso – estate 2022).

Proseguiamo sul segnavia 25 affidandoci ai segnavia fortunatamente puntuali in un ambiente ampio e nel complesso con scarsi punti di riferimento. La Punta del Segnale è ora di fronte a noi, inconfondibile con il suo profilo piramidale molto regolare. In lunga diagonale tra i detriti guadagniamo un torrente che solca una sconnessa pietraia dove per un breve tratto fatichiamo a trovare i segnavia con tutta probabilità cancellati delle frane e delle slavine invernali. Ritroviamo i segnavia al di là del corso d’acqua risalendo subito a destra di un marcato dosso in parte roccioso che viene in questo modo aggirato alla destra guadagnando nel contempo altitudine. Complice la quota è ormai quasi scomparso il manto erboso e la traccia sale ripida su fondo in prevalenza detritico. Tralasciamo sulla sinistra un’ulteriore biforcazione assai poco evidente (sentiero 25B) mantenendo sulla destra il segnavia 25. Subito oltre la salita diviene più ripida e faticosa tra instabili pietraie con il sentiero che tuttavia appare ben marcato e disegnato evitando di fatto ogni difficoltà. Faticosamente rimontiamo un dosso detritico di origine glaciale cominciando a scorgere la grandiosa vetta del Pizzo Tresero con ciò che rimane ai suoi piedi dell’omonima vedretta. Raggiunta la sommità del costone decresce la pendenza raggiungendo senza problemi la grande piana alluvionale posta ai piedi della prima citata vedretta. Andiamo a scavalcare il torrente in uscita dal ghiacciaio proseguendo in salita tra grandi rocce montonate che tradiscono l’antica presenza della vedretta oggi ritiratasi più in alto a seguito dei cambiamenti climatici. Da notare come il torrente glaciale scenda da un magnifico laghetto posto poco più in alto e quindi non visibile. Consigliamo la breve digressione assolutamente non segnata ma priva di difficoltà che permette di raggiungere lo specchio d’acqua in meno di dieci minuti dal sentiero segnato camminando senza via obbligata a sinistra del torrente (destra orografica). Un piccolo costone è aggirato a sinistra scostandosi dal corso d’acqua di alcune decine di metri sino a guadagnare pressoché in piano la conca che ospita il lago. Il piccolo specchio d’acqua si rivela all’improvviso con una splendida colorazione tra il verde e il turchese assai fotogenica nelle giornate più limpide. Da notare come il laghetto sia dominato sia dal Pizzo Tresero che dalla piramide rocciosa della Punta del Segnale, meta della nostra salita.

Riprendiamo a ritroso il sentiero segnato andando ad affrontare le maggiori difficoltà del percorso. In faticosa salita rimontiamo il pendio dapprima su detrito e ghiaie fini quindi siamo ad una marcata gobba rocciosa. Un breve salto di primo grado costringe ad usare le mani per scavalcare in leggera esposizione l’ostacolo. Escursionisti esperti non avranno alcun problema essendo presenti appoggi e appigli in abbondanza. Subito sopra siamo di nuovo su traccia tra gli sfasciumi molto ripida ma priva d’ulteriori difficoltà con vista che si fa spettacolare sul sottostante laghetto. Più distante notiamo la Valfurva, i Laghi di Cancano e il Monte Sobretta con ciò che rimane della sua vedretta. Dominati dalla sagoma del Pizzo Tresero siamo in vista del rudere della Capanna Bernasconi che raggiungiamo in pochi minuti (m 3074).

La vetta è ormai prossima, restano infatti circa 60 metri di dislivello da superare tra sfasciumi e massi instabili senza alcun passaggio d’arrampicata. Vecchie guide segnalano passaggi di 1° grado superiore in questa breve frazione che invece non offre alcun salto roccioso presentando difficoltà unicamente di natura escursionistica. Si sale in alcuni punti senza via obbligata cercando il percorso migliore tra i massi sino a raggiungere in pochi minuti dai ruderi della Capanna l’esile pianoro che caratterizza la cima (m 3132 – ore 2,30 dalla partenza).

Siamo ora a descrivere il bellissimo panorama di vetta. In primo piano osserviamo l’immensa sagoma del Pizzo Tresero con ciò che rimane dell’omonima vedretta. Il riscaldamento climatico ha diviso in due parti il ghiacciaio con il settore superiore che appare più esteso. Il settore inferiore appare in gran parte coperto dai detriti e si sta quindi trasformando in un ghiacciaio nero. Naturalmente è ben visibile la sottostante Capanna Bernasconi e il laghetto visitato in precedenza che raccoglie le acque di fusione della vedretta. Verso settentrione spicca la triade Zebrù, Gran Zebrù e Ortles, le cime più elevate del circondario. Spostandosi progressivamente verso occidente osserviamo il profondo solco della Valfurva e la grande sagoma del Monte Sobretta. Procedendo verso sud notiamo l’evidente avvallamento del Passo Gavia sormontato dal Corno dei Tre Signori a termine del nostro giro d’orizzonte. Il rientro avviene a ritroso prestando ancora una volta la debita attenzione al salto roccioso subito al di sotto della Capanna Bernasconi. Il rientro impegna per circa un paio d’ore per un totale di ore 4,30 di cammino.

Cenni sulla flora:

Abbiamo eseguito l’escursione nel mese di agosto osservando diverse specie tipiche delle alte quote. Segue un estratto di quelle osservate:

1)    Androsace dei ghiacciai (Androsace alpina); endemica delle Alpi è una pianta tipica dei macereti d’alta quota. É osservabile lungo il percorso descritto a partire dai 2800 metri in su.

2)    Primula vischiosa (Primula glutinosa); bellissimo endemismo del nordest dai fiori violetti raccolti in piccoli grappoli. Colonizza i macereti d’altitudine e le rupi.

3)    Senecio della Carnia (Senecio incanus subsp. carniolicum). Endemico delle Alpi Orientali.

4)    Peverina dei ghiaioni (Cerastium uniflorum); è una pianta endemica dell’arco alpino dai magnifici fiori bianchi.

5)    Campanula di monte (Campanula scheuchzeri)

6)    Campanula barbata (Campanula barbata)

7)    Achillea moscata (Achillea moschata)

8)    Canapicchia glaciale (Omalotheca supina)

9)    Ambretta strisciante (Geum reptans)

10)  Linaiola d’alpe (Linaria alpina)

11)  Silene a cuscinetto (Silene acaulis)

12)  Ranuncolo dei ghiacciai (Ranunculus glacialis)

13)  Margherita alpina (Leucanthemopsis alpina)      

14)  Salice erbaceo (Salix herbacea)

15)  Semprevivo montano (Sempervivum montanum)

16)  Sassifraga stellata (Saxifraga stellaris), osservabile lungo i torrenti nella parte iniziale dell’escursione.

17)  Sassifraga zolfina (Saxifraga bryoides)

18)  Veronica alpina (Veronica alpina)

19)  Spillone alpino (Armeria alpina)

20)  Cardo spinosissimo (Cirsium spinosissimum)

21)  Rododendro ferrugineo (Rhododendron ferrugineum)

22)  Genziana punteggiata (Gentiana punctata)

23)  Trifoglio bruno (Trifolium badium), nei prati presso la partenza.

24)  Piumino rotondo (Eriophorum scheuchzeri)

25)  Billeri pennato (Cardamine resedifolia)

26)  Graminia di Parnasso (Parnassia palustris)

27)  Poligono viviparo (Polygonum viviparum)

28)  Eufrasia minima (Euphrasia minima)

29)  Acetosella soldanella (Oxyria digyna)

    30)  Giunco alpino (Juncus alpinoarticulatus)

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