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PIZZO D’UCCELLO (m 1781)
Pur essendovi nell’ambito delle Alpi Apuane almeno cinque cime più alte, il Pizzo d’Uccello resta, al pari della Pania della Croce, la montagna più famosa dell’intero gruppo. La grande fama di cui gode è da attribuirsi senza dubbio all’impressionante parete nord che precipita, strapiombante, per oltre 600 metri. Su questo versante si sviluppano alcune tra le vie di roccia più impegnative dell’intera Italia peninsulare con difficoltà che raggiungono addirittura il 7° grado. Anche i normali escursionisti rimarranno senza fiato osservando le forme quasi dolomitiche e la roccia di colore chiaro che caratterizza questa grandiosa montagna posta come ultimo baluardo a nord dell’intero gruppo delle Apuane. Soltanto una via di salita presenta difficoltà non esclusivamente alpinistiche tuttavia anche la via normale non deve essere sottovalutata; richiede infatti piede fermo ed esperienza di montagna con difficoltà per lunghi tratti di primo grado e con un paio di punti appena più ardui. In compenso si tratta di un itinerario molto raccomandabile per gli escursionisti più esperti in quanto offre l’ebbrezza di una piccola arrampicata senza raggiungere livelli di esposizione così preoccupanti. Nel complesso si tratta pertanto di un grandioso ed appagante itinerario da svolgersi in primavera inoltrata o in autunno al riparo sia dalla neve che dal troppo caldo. Peccato per la prima parte di sentiero che si sviluppa tra le deturpanti cave di marmo della Val Serenaia; subito oltre troverete poche persone ad affrontare una vetta selvaggia che crea subito selezione escludendo i meno esperti ed avvezzi a mettere le mani sulla roccia. Dati tecnici: Partenza dal Rifugio Donegani (m 1150): Difficoltà: EE con difficoltà per lunghi tratti continue di 1°grado tra il Giovetto e la cima; passaggio chiave di 1° grado superiore (Vai alla scala delle difficoltà). Necessario piede fermo ed esperienza di facile arrampicata – Segnaletica: totale, tutto il percorso è ottimamente segnato in bianco e rosso. Dislivello assoluto: m 631. Acqua: assente. Accesso: Partendo da Bagni di Lucca si risale la Garfagnana superando Gallicano e Castelnuovo per poi procedere verso nord sino a raggiungere Piazza al Serchio. Abbandoniamo la statale per volgere a sinistra in direzione di Gramolazzo: transitiamo presso l’omonimo lago e procediamo ignorando poco oltre il bivio a destra per Minucciano. La strada penetra nella selvaggia Val Serenaia con tracciato stretto ma asfaltato che si sviluppa lungo la sinistra orografica del solco. Guadagniamo infine l’altipiano prativo dominato a sinistra dall’incombente parete del Pisanino, massima cima delle Alpi Apuane. La strada procede oltre il pianoro a pascolo risalendo brevemente sino al Rifugio Donegani dove una sbarra di ferro proibisce l’ulteriore transito. Abbandoniamo l’automobile con numerose possibilità di parcheggio presso il rifugio stesso. Descrizione del percorso: Il Rifugio Donegani (m 1150) è posto a destra della strada mentre il nostro sentiero inizia sul lato sinistro: saliamo ripidamente, guidati dall’evidente segnaletica, sino a raggiungere in breve la soprastante marmifera. Quest’ultima è in effetti il proseguo, oltre la sbarra, della strada percorribile fino al Rifugio Donegani: il sentiero ha così permesso, in questo primo tratto, d’evitare un pronunciato tornante della strada. Procediamo a questo punto verso sinistra mantenendo la marmifera in un ambiente purtroppo molto rovinato dalle attività d’estrazione. Si tratta in effetti di una strada di cava e sono presenti ai lati parecchi resti abbandonati di marmo oltre ad innumerevoli rottami a testimonianza del nefasto intervento dell’uomo per sfruttare la montagna (la segnaletica è molto frammentaria in quanto gli operai adetti allo sfruttamento del marmo modificano continuamente l’ambiente e la strada stessa). Manteniamo l’ampia gipponabile in salita moderata sino ad un evidente bivio: abbandoniamo la carrareccia che cala a sinistra verso la testata della Val Serenaia. Passiamo a destra, ancora più ripidamente, guadagnando quota tra gli sfasciumi di cava sino a inoltrarci infine nel folto della faggeta; la strada bianca diviene un buon sentiero in ambiente finalmente non danneggiato dai tagli di cava. In breve ci portiamo a breve distanza dal soprastante crinale con il bosco che lascia ora spazio alla prateria d’altitudine; guadagniamo infine la cresta in coincidenza della marcata sella della Foce di Giovo (m 1500 – ore 0,50 dalla partenza), importante crocevia di numerosi sentieri. Il panorama che godiamo da questa posizione è bellissimo e ci permette di dimenticare lo sfacelo nel quale abbiamo camminato nella prima parte della salita. Verso nordovest l’orizzonte, in direzione del mare, è parzialmente occultato dalla grande mole del Sagro mentre a meridione notiamo le vette dall’aspetto quasi dolomitico dei monti Contrario e Cavallo; ad oriente osserviamo la vetta più alta delle Alpi Apuane, il monte Pisanino (m 1946) e, subito alla sua sinistra ma all’orizzonte sfila il lungo crinale appenninico tosco emiliano. In primo piano, sulla nostra destra, siamo sovrastati da un curioso picco roccioso che ci divide dalla già ben visibile mole del Pizzo d’Uccello obiettivo della nostra salita odierna. Per guadagnare il punto più elevato del Pizzo appare evidente che dobbiamo aggirare la suddetta propaggine rocciosa. Il nostro sentiero traversa infatti, partendo dal Giovetto, sulla destra rispetto al roccioso crinale riportandosi nel bosco ed evitando così inutili saliscendi (il tracciato è segnalato presso la Foce di Giovo da cartelli indicanti il “Giovetto”, trascuriamo quindi tutte le altre possibilità). Il percorso è segnato e sebbene non vi siano grosse difficoltà è comunque necessaria un po’ d’attenzione in alcuni tratti dove si traversa su affioramenti rocciosi particolarmente scivolosi con fondo bagnato. Aggirato il pinnacolo roccioso il percorso volge nuovamente a sinistra riportandosi sul crinale e uscendo definitivamente dal bosco. In breve raggiungiamo la sella posta immediatamente alla base dell’incombente struttura del Pizzo d’Uccello. Siamo al Giovetto (m 1497 – ore 0,20 dalla Foce a Giovo – ore 1,10 dalla partenza), altro importante crocevia di sentieri (cartelli segnaletici). La “nostra” montagna è ora di fronte a noi: i suoi ripidi pendii rocciosi destano soggezione e cerchiamo d’immaginare dove possa svilupparsi la via di salita. L’ambiente circostante è quasi dolomitico e desta sensazione pensare che il mare dista non molto da qui; particolarmente suggestiva è la visione del monte Sagro e della lunga cresta del Garnerone culminante nel monte Grondilice. Intraprendiamo così la salita seguendo i segnavia bianco rossi con un primo tratto su sentierino che accosta progressivamente la parete. Subito oltre cominciano le difficoltà: il sentiero volge verso destra scostandosi dal tratto più ripido e repulsivo del pendio ricadente dalla cima. Nonostante questo affrontiamo una vera e propria arrampicata tra le rocce che, per quanto sia facile, porta questa via di salita ad esulare dall’escursionismo in senso stretto. Le difficoltà sono continue di 1° grado e 1° grado inferiore e sino in cima sono necessari piede fermo e assenza di vertigini; l’orientamento è garantito da un’eccellente segnaletica sarebbe infatti molto facile perdersi nel labirinto creato dalle numerose costole, paretine e gradini che caratterizzano questa grande montagna di marmo. Possiamo senz’altro apprezzare come il percorso, nonostante le apparenze iniziali, sfrutti solchi e cenge senza troppa esposizione; il percorso non diviene mai tale da infondere una sensazione di vuoto così forte da rendere repulsivi i passaggi. La roccia offre inoltre solidi appoggi e appigli che rendono abbastanza sicuro il passo. Poco sopra siamo al passaggio chiave dell’ascensione: i segnavia guidano verso destra sino ad un ripido ed angusto solco racchiuso tra la parete della montagna e un pinnacolo roccioso. Il passaggio è di 1° grado superiore ma la totale assenza in questo punto d’esposizione e la roccia nel solco d’ottima qualità conferiscono, nonostante tutto, una nota lieta all’ascensione permettendo di scavalcare senza troppi affanni il passaggio. Subito sopra il percorso si porta più a sinistra superando alcune cengette rocciose quindi risale uno stretto canale che, nel settore superiore, è in parte erboso. Il tratto su erba è evitato passando sulle roccette a sinistra, aggirando così un caratteristico gendarme roccioso; il panorama si apre offrendo un’ottima visione della testata della Val Serenaia con i monti Pisanino, Cavallo, Contrario e Grondilice. La scalata prosegue con il percorso che obliqua verso destra: superiamo alcune roccette con l’ausilio di una robusta fune di canapa ancorata alla parete (primavera 2011), per portarci alla base di un angusto solco roccioso. Il percorso evita tuttavia di entrare nell’ombroso e stretto passaggio aggirando a destra la parete di marmo. Subito oltre siamo in pratica al termine delle difficoltà: non vi sono ulteriori passaggi di 1° grado. Procediamo su fondo roccioso molto ripido, ma possiamo in pratica camminare senza usare più le mani sfruttando solchi e risalti delle placche. Il panorama si allarga verso oriente permettendo l’osservazione del lago di Gramolazzo e di un ampio settore del crinale appenninico tosco emiliano. Interessante la vista alle spalle dei monti Cavallo e Contrario le cui forme, particolarmente ardite, ricordano senza dubbio i pinnacoli e le guglie delle lontane Dolomiti. L’ultima parte dell’ascensione obliqua lievemente a sinistra seguendo la segnaletica sempre ben evidente; caliamo poi per qualche metro ad una piccola selletta con tracciato in questo punto leggermente esposto su entrambi i versanti. Rimontiamo infine, in pochi minuti, il cocuzzolo sommitale sino a guadagnare il punto più elevato (m 1781 – circa 1 ora dal Giovetto - ore 2,15 dalla partenza – libro di vetta da firmare). Immenso il panorama di vetta esteso verso occidente al Mar Ligure (visibile il golfo di La Spezia) in parte occultato dal vicino monte Sagro e dalla lunga cresta del Garnerone. Notiamo verso nordovest la grande piana della Lunigiana e ad oriente il crinale appenninico. Differente via di rientro: Con l’obiettivo di percorrere un itinerario ad anello suggeriamo di seguito una via di rientro differente rispetto a quella descritta per raggiungere la cima. Occorre premettere che dalla vetta del Pizzo d’Uccello alla Foce di Giovo il percorso ricalca forzatamente la via di salita essendo l’unico itinerario possibile per un normale escursionista. E’ necessario raccomandare la massima attenzione in quanto si ripercorrono in discesa tratti continui di 1° grado che richiedono piede fermo e assenza di vertigini. Raggiunta la Foce di Giovo (m 1500 – ore 1 dalla cima – ore 3,15 dalla partenza) proseguiamo mantenendo il crinale con il segnavia n° 179. Notiamo un bel panorama alle spalle sul Pizzo d’Uccello finché il percorso passa a sinistra della cresta entrando nel contempo tra i faggi. Nel proseguo il sentiero traversa nettamente al di sotto della Cresta del Garnerone essendo quest’ultima irta ed affilata con passaggi che raggiungono il 3° grado. Restiamo comunque sufficientemente alti rispetto al fondo della Val Serenaia pur con faticose discese e risalite. Il bosco non concede grandi panorami se non qualche imponente scorcio in direzione del Pisanino e di monte Cavallo. Il tracciato, in sé non particolarmente difficile, affronta comunque alcuni passaggi su lisce placche di marmo che richiedono attenzione particolarmente con fondo umido e viscido. In presenza di neve alcuni punti risultano poi assai problematici è quindi bene evitare i periodi primaverili di transizione optando in questi casi per un rientro sulla via descritta come salita. Dopo un’ora circa di cammino (notare il Pizzo d’Uccello alle spalle ormai distante) risaliamo ripidamente una zona boschiva dove affiorano alcune roccette; in un ripidissimo tratto scavalchiamo con attenzione una stretta e profonda fenditura che lascia spazio sotto alla nostra verticale ad una grotta. Subito oltre traversiamo sotto la cima del Grondilice con imponente visione verso la Foce del Cardeto, Pizzo Altare e il Pisanino; ignoriamo il bivio a destra per la Finestra del Grondilice (segnavia n°186) calando brevemente sino al Rifugio Orto di Donna (m 1550 – ore 1,15 dalla Foce di Giovo – ore 4,30 dalla partenza), costruzione relativamente recente che funziona come punto d’appoggio alla vicina Ferrata degli Alberghi. Chi lo desidera può, con una breve digressione, riportarsi sul crinale; il rifugio è infatti posto un centinaio di metri sotto la verticale di una marcata sella di crinale: si tratta del Passo delle Pecore (m 1631) raggiungibile in un quarto d’ora e posto sotto l’incombente e strapiombante parete del monte Contrario. Dal passo si ripete la magnifica visione in direzione del mare con visibile questa volta anche l’arcipelago toscano e addirittura la Corsica nei giorni più tersi. Verso oriente abbiamo invece una bella veduta d’insieme della Val Serenaia con a sinistra la cresta del Garnerone e il Pizzo d’Uccello. Il rientro alla partenza avviene dal Rifugio Orto di Donna seguendo l’ampia strada marmifera con bella visione, nella prima parte, delle incombenti pareti del Cavallo e del Contrario. Nel settore inferiore il paesaggio torna purtroppo ad essere sconvolto dai tagli di cava e dai detriti. Torniamo infine ad intercettare il percorso seguito in salita tra rottami e resti di marmo abbandonati sino al definitivo rientro al Rifugio Donegani (m 1150 – ore 5,30 complessive). Nota: Il tratto compreso tra il Rifugio Orto di Donna e il Rifugio Donegani è percorribile al sabato pomeriggio, alla domenica e nei festivi. Durante la settimana ne sconsigliamo la percorrenza in quanto le cave della Val Serenaia sono in attività e la polverosa strada di cava è continuamente percorsa dai camion. Cenni sulla flora:
Come noto, l’intera area delle Alpi Apuane è rilevante per la numerosa presenza di piante rare alcune delle quali endemiche. Nel nostro caso abbiamo seguito la via descritta a maggio, subito dopo il disgelo, e quindi in un periodo non favorevolissimo per osservare piante e fiori (molto meglio giugno e luglio). Nonostante questo abbiamo avuto alcune gradite sorprese. Già nei prati presso il Rifugio Donegani, e quindi alla partenza, abbondano i fiori tra i quali ricordiamo l’Orchidea sambucina (Dactylorhiza sambucina (L.) Soò) dal vivace colore giallo o viola. Il fiore esiste nelle due varianti e anche qui in Apuane troviamo entrambe le popolazioni mescolarsi assieme. Sempre nei pascoli della Val Serenaia è molto comune il Narciso selvatico (Narcissus poeticus L.) mentre un fiore più raro di sicuro richiamerà la vostra attenzione: si tratta del Tulipano montano (Tulipa australis Link), facilmente riconoscibile per i suoi sepali sull’esterno alternativamente gialli e rossi. Nel folto della faggeta noterete senz’altro alcuni esemplari di Elleborina bianca (Cephalanthera longifolia (L.) Fritsch.), altra pianta della famiglia delle Orchidee. Salendo lungo la marmifera osserverete senza fatica, nelle rocce calcaree a lato della strada, le carnose foglie della Sassifraga meridionale (Saxifraga lingulata Bellardi). Si tratta della sassifraga più comune nell’area delle Apuane e all’epoca della fioritura (di solito a giugno) offre uno spettacolo straordinario con centinaia di fiori bianchi raccolti a grappolo che pendono dalle pareti rocciose. Nelle stesse rocce noterete anche il piccolo fiore a quattro petali bianchi dell’Arabetta collinare (Arabis collina Ten.). Presso la Foce di Giovo i prati appaiono a maggio di colore rosa per le splendide infiorescenze di Erica carnea (Erica carnea L.) a contrastare con il blu intenso dei piccoli fiori della Genzianella (Gentiana verna L.). Nella salita al Pizzo d’Uccello è invece osservabile tra le rocce la Primula orecchia d'orso (Primula auricula L.) e uno splendido endemismo apuano – nord appenninco: la Vedovella delle Apuane (Globularia incanescens Viv.) dai caratteristici capolini a globo azzurro. Altri due endemismi sono osservabili nella zona del Passo delle Pecore: il primo è dato dalla Draba di Bertoloni (Draba aspera Bertoloni) dai fiori gialli, molto simile alla comune Draba gialla dalla quale differisce tuttavia per l’evidente pelosità che ne riveste gli scapi. Endemica è anche la sottospecie “Latina” della Sassifraga a foglie opposte (Saxifraga latina) che sboccia con le sue corolle rosa intenso già a partire da marzo. Saxifraga latina è presente, come detto, nella scarpata compresa tra il Rifugio Orto di Donna e il soprastante Passo delle Pecore. Nello stesso settore abbiamo infine osservato la piccola Soldanella alpina (Soldanella alpina L.), comune sulle Alpi ma presente anche in Apuane mentre sul vicino Appennino Settentrionale limita la sua presenza alle zone più alte del parmense e del piacentino.
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