Le Guglie

LE GUGLIE (m 2463)

SENTIERO GLACIOLOGICO ALTO – GHIACCIAIO DEI FORNI

Pochi itinerari permettono, con la stessa facilità di quello che andiamo a descrivere, di entrare nel mondo dei ghiacciai. Parliamo della Vedretta dei Forni, una delle più estese delle Alpi Orientali. Con un sentiero facile e ben segnato ne andiamo a guadagnare la lingua inferiore. Nonostante i cambiamenti climatici l’estensione dei ghiacci è ancora d’assoluta rilevanza rendendone possibile il raggiungimento senza troppa fatica ad una quota di appena 2520 metri. Senz’altro un’esperienza di grande impatto per ogni escursionista possibile grazie alla presenza del cosiddetto “Sentiero glaciologico del Centenario”. La cima denominata “Le Guglie” altro non è che il culmine di un costone di rocce montonate che sino a pochi decenni fa era ancora coperto dalla massa glaciale oggi ritiratasi ben più a monte. Per l’escursionista si rivelerà pertanto un’esperienza rara in un ambiente di grandiosa e rude bellezza. Resta sottointesa la scelta del periodo compreso tra luglio e settembre per eseguire un’impresa che resterà senz’altro nei vostri migliori ricordi.

L’escursione in breve:

Parcheggio dei Forni (m 2140) – Laghetto del Forno (m 2258) – Sentiero glaciologico del Centenario (culmine a m 2520) – Vedretta dei Forni (m 2580) – Le Guglie (m 2463) – Lago di Rosole (m 2452) – Rifugio C. Branca (m 2493) – Sentiero glaciologico basso – Parcheggio dei Forni (m 2140)

Dati tecnici:

Partenza dal Parcheggio dei Forni (m 2140): Difficoltà: E (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale. Dislivello assoluto: m 440. Acqua sul percorso: nonostante la presenza di numerosi torrenti consigliamo di portarsi una scorta di liquidi da casa; si tratta infatti di corsi d’acqua non potabili in quanto contaminati da una grande quantità di limo glaciale.

Accesso:

Si accede alla partenza da Santa Caterina Valfurva, celebre località turistica raggiungibile in salita da Bormio con la SS 300. In paese troviamo le indicazioni, a sinistra, per la Valle dei Forni. Una stretta stradina asfaltata, percorribile a pagamento, raggiunge in 5 km circa dal paese il Parcheggio dei Forni (m 2140) dove ha termine il tratto transitabile. In alternativa è attivo nei mesi estivi un servizio di navetta che permette di lasciare l’automobile a Santa Caterina Valfurva raggiungendo il parcheggio in tutta comodità. In questo caso è bene informarsi preventivamente sugli orari e sull’esistenza del servizio.

Descrizione del percorso:

In coincidenza del Parcheggio dei Forni (m 2140) troviamo i cartelli indicanti il “Sentiero glaciologico alto”. Muoviamo in questa direzione seguendo il segnavia 520. Andiamo a varcare il Torrente Frodolfo con il ponte quindi prendiamo quota nell’altro versante incontrando poco oltre una biforcazione. Tralasciamo la deviazione per il “Sentiero glaciologico basso” proseguendo in ripida salita con il cartello che indica fra l’altro i “ponti tibetani” e il Rifugio Branca.

La salita si sviluppa dapprima nella pineta quindi tra la prateria cominciando a scorgere a distanza il Ghiacciaio dei Forni con le sue imponenti serraccate. La pendenza resta moderata con il sentiero, sempre ben evidente e scavato nel manto erboso, che concede uno scorcio sul sottostante Lago del Forno (m 2258). La vista si estende progressivamente alle spalle cominciando a scorgere la bellissima vetta del Gran Zebrù e il sottostante solco vallivo della Val di Cedec. Caratteristica dell’intero Sentiero glaciologico alto è proprio la costante ampiezza degli ambienti concedendo entusiasmanti visioni sulle grandiose vette del circondario. Ignoriamo una biforcazione per raggiungere alcune fortificazioni risalenti all’epoca della prima guerra mondiale proseguendo nell’ascesa con i prati progressivamente più magri e frammisti, complice l’altitudine, ad affioramenti rocciosi. Cominciamo a scorgere a distanza il Rifugio Branca, presso il quale transiteremo nel proseguo dell’avventura. La salita conduce ad un primo culmine in coincidenza di alcuni baraccamenti militari ancora una volta risalenti al periodo della grande guerra (m 2520). Oltre all’indiscutibile interesse di natura storica è sempre il panorama ad apparire di prim'ordine.

Il proseguo del sentiero si sviluppa in direzione del Ghiacciaio dei Forni dapprima quasi in piano quindi perdendo quota lungo il pendio. Impossibile non essere attratti dalla grande lingua glaciale con i suoi enormi crepacci. Scendiamo attraverso frazioni erbose e grandi rocce che appaiono levigate dalle intemperie. Compare alla nostra sinistra, poco più in basso, una piccola pozza d’acqua nel bel mezzo del pascolo. Poco oltre traversiamo un versante caratterizzato da sfasciumi quindi riprendiamo debolmente quota in un grandioso ambiente d’alta montagna. In prossimità di un turbolento corso d’acqua d’evidente origine glaciale troviamo un bivio. Ignoriamo la discesa a sinistra sul segnavia 520.1 che permetterebbe di calare al Sentiero glaciologico basso scegliendo invece di proseguire in direzione del Rifugio Branca segnalato dal cartello a 50 minuti di marcia.

Nel proseguo rimontiamo un ripido canale di rocce rossastre levigate quindi scendiamo verso il vasto vallone solcato dalle acque del Torrente Frodolfo. Appare evidente come l’ampia vallata sia stata generata dal Ghiacciaio dei Forni ritiratosi a monte per oltre 2 km negli ultimi 150 anni. Sono ben visibili le morene laterali detritiche lasciate a testimonianza della passata presenza della lingua glaciale. Superiamo un solco con l’ausilio di un ponticello tibetano ben ancorato e protetto procedendo fin quasi al torrente glaciale.

Giunti in prossimità del torrente siamo a consigliarvi vivamente una digressione che vi porterà sino alla lingua del ghiacciaio. Si tratta, senza varcare il corso d’acqua, di risalirne il corso restando alla sua destra (sinistra orografica). Non vi è segnaletica di nessun tipo ma di fatto non si incontra alcuna difficoltà. Il terreno detritico appare comodo e ben battuto. Sono presenti alcune tracce di passaggio ma la via non è obbligata e nulla impedisce di scostarsi più a destra per evitare tratti in cui il letto del torrente si allarga apparendo particolarmente ampio. In appena 15 – 20 minuti dal ponticello tibetano si raggiunge la lingua glaciale d’ablazione del Ghiacciaio dei Forni a circa 2580 metri di quota. Da notare come la parte terminale della lingua sia coperta di pietrisco e detrito nerastro. La presenza del ghiaccio è tuttavia tradita dalla presenza di marmitte, caverne e grandi crepacci dove affiora il ghiaccio antico che in profondità appare di un intenso colore tra l’azzurro e il blu. Nulla impedisce di andare a “toccare” il ghiaccio dal quale fuoriescono le acque di fusione che si raccolgono nel Torrente Frodolfo. Consigliamo comunque cautela nel guado del torrente che può rivelarsi particolarmente difficoltoso in piena estate quando la temperatura è elevata. Siamo inoltre a sconsigliarvi vivamente di risalire a piedi il ghiacciaio anche e soprattutto dove appare occultato dal detrito. I crepacci sono numerosissimi e particolarmente profondi, talvolta anche molti metri. La marcia su ghiacciaio è naturalmente riservata agli alpinisti che si muoveranno con corda, ramponi e piccozza. Prendetevi tutto il tempo per ammirare senza rischi le impressionanti torri di ghiaccio in equilibrio precario in un ambiente himalayano visitabile raramente nel nostro paese con questa facilità. Più in alto il ghiacciaio appare vivo, di colore candido, con innumerevoli lingue che ricadono in nostra direzione.

Il rientro dalla digressione al ghiacciaio avviene ovviamente a ritroso restando alla sinistra orografica del torrente. Andiamo a riprendere il Sentiero glaciologico alto che, con un secondo ardito ponte tibetano, va a scavalcare il Torrente Frodolfo. Il corso d’acqua sarebbe altrimenti invalicabile in questo punto per via delle acque troppo abbondanti e impetuose. Da notare la profonda forra in cui precipitano le acque subito a valle del ponte tibetano; appare evidente come nei secoli il torrente ha inciso profondamente la dura roccia sottostante.

Il proseguo si sviluppa su tracciato sempre facile e ben segnato. Si moltiplicano le occasioni per splendidi scorci alle spalle, ancora una volta in direzione delle grandi masse glaciali del Ghiacciaio dei Forni. Di fronte a noi cominciamo ad osservare il Rifugio Branca. Una seconda digressione non obbligata conduce sulla sinistra del sentiero al culmine delle cosiddette “Guglie” (m 2463). Deviando dal sentiero si procede pressoché in piano su rocce montonate lisce ed originate in modo evidente dall’antica esarazione del ghiacciaio sino all’orlo del grande salto rivolto verso il fondo valle. Possiamo provare con la mente ad immaginare quale enorme serracata sarà stata presente qualche secolo fa in coincidenza di questo salto. Il ritiro del ghiacciaio ha lasciato questa grande balza indicata come “Guglie” nelle carte topografiche.

Ripreso il sentiero caliamo lungo una breve scarpata detritica quindi traversiamo lungamente, quasi senza dislivello, tagliando l’antica morena glaciale oggi caratterizzata da detrito sul quale sta cominciando a crescere la vegetazione d’altitudine. In debole risalita guadagniamo senza troppa fatica le acque del piccolo Lago di Rosole (m 2452), nel quale si specchiano ancora una volta le lingue che caratterizzano il Ghiacciaio dei Forni e le grandiose cime circostanti.

La segnaletica indica il proseguo sul sentiero 524 con il parcheggio dei Forni segnalato ad un’ora di distanza. Prima di intraprendere la discesa vale senz’altro la pena d’eseguire l’ulteriore digressione che permette, in appena 10 minuti dal lago, di guadagnare il vicinissimo Rifugio Branca. Lo guadagniamo con un breve tratto di sentiero scavalcando con il ponte una splendida forra con cascata.

Siamo attesi dalla lunga discesa dapprima su ampia sterrata chiusa al traffico. Caliamo in direzione delle “Guglie” quindi eseguiamo un tornante restando sulla destra orografica del vallone. La discesa è rapida e ci porta infine ad accostare ancora una volta il Torrente Frodolfo. Abbandoniamo il proseguo della sterrata scavalcando il torrente con un bel ponte in legno. Al di là del ponte troviamo l’indicazione a destra per il parcheggio dei Forni. L’ultima frazione del percorso si sviluppa lungamente tra il bosco rado di larici e verdeggianti prati sino a riportarsi alla partenza chiudendo l’itinerario ad anello in circa 3 ore e mezza di cammino.

Cenni sulla flora:

Abbiamo percorso l’itinerario descritto alla metà del mese di agosto rilevando la presenza di un nutrito numero di specie d’alta quota. Segue un estratto delle principali osservate.

1)    Achillea nana (Achillea nana). É una specie endemica delle Alpi Occidentali e Centrali ricoperta da un inconfondibile tomento lanoso bianco argenteo.

2)    Epilobio di Fleischer (Epilobium fleischeri) endemico dell’arco alpino.

3)    Garofano glaciale (Dianthus glacialis); rara specie d’alta quota

4)    Silene a cuscinetto (Silene acaulis)

5)    Margherita alpina (Leucanthemopsis alpina)      

6)    Campanula di monte (Campanula scheuchzeri)

7)    Campanula barbata (Campanula barbata)

8)    Semprevivo montano (Sempervivum montanum)

9)    Minuartia sedoide (Minuartia sedoides)

10)  Sassifraga zolfina (Saxifraga bryoides)

11)  Sassifraga gialla (Saxifraga aizoides)

12)  Sassifraga stellata (Saxifraga stellaris)

13)  Trifoglio bruno (Trifolium badium)

14)  Veronica alpina (Veronica alpina)

15)  Rododendro ferrugineo (Rhododendron ferrugineum)

16)  Canapicchia glaciale (Omalotheca supina)

17)  Silene rupestre (Atocion rupestre)

18)  Cardo spinosissimo (Cirsium spinosissimum)

19)  Primula vischiosa (Primula glutinosa); bellissimo endemismo del nordest dai fiori violetti raccolti in piccoli grappoli. Colonizza i macereti d’altitudine e le rupi.

20)  Graminia di Parnasso (Parnassia palustris)

21)  Pedicolare di Kerner (Pedicularis kerneri)

22)  Garofanino maggiore (Epilobium angustifolium)

23)  Linaiola d’alpe (Linaria alpina)

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