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SENTIERO ATTREZZATO GROPPI DI CAMPORAGHENA (MONTE ACUTO – m 1785; PUNTA BUFFANARO – m 1879; COSTA DEL LAGO - m 1780; MONTE ALTO – m 1904)
Gruppo montuoso: Appennino Tosco Emiliano (province di Reggio Emilia e Massa) Grado di difficoltà globale: POCO DIFFICILE (Vai alla scala delle difficoltà). Difficoltà tecniche: 1 Esposizione: 1 Impegno fisico: 3 Dislivello assoluto: m 745 – Sono presenti alcuni saliscendi nella fascia di crinale che rendono il dislivello complessivo senz’altro superiore. Tempo di percorrenza: ore 7,45 considerata l’andata e il ritorno (meno di un’ora le frazioni ferrate) Tempi parziali: dalla partenza sino al Rifugio Città di Sarzana ore 1,45; dal Rifugio Città di Sarzana alla Sella di Monte Acuto: ore 0,25; dalla Sella di Monte Acuto alla Punta Buffanaro: ore 1,10; da Punta Buffanaro a Monte Alto: ore 0,45. Il ritorno richiede da Monte Alto al Rifugio Città di Sarzana circa 2 ore, mentre dal Rifugio Città di Sarzana alla partenza è necessaria un’altra ora e mezza. Punti di appoggio: Soltanto il Rifugio Città di Sarzana dopo ore 1,45 di cammino. E’ sempre aperto in luglio e agosto; in tutti gli altri periodi è aperto nei fine settimana. Accesso: Da Parma seguiamo la SP 665 Massese per il Passo del Lagastrello transitando attraverso i paesi di Langhirano, Pastorello, Palanzano e Monchio delle Corti. Proseguiamo in direzione della grande diga artificiale che trattiene il Lago Paduli a breve distanza dal Passo del Lagastrello. Pochi metri prima della diga abbandoniamo la strada che procederebbe in direzione di Aulla per volgere a sinistra (indicazioni per Miscoso). Scavalchiamo immediatamente il torrente Enza, in uscita dal lago artificiale, con il grande Ponte Lagastrello. Subito al di là del ponte si separa sulla destra il nostro percorso (m 1159 - segnavia 659). Possiamo abbandonare la macchina poco oltre, sul lato sinistro della strada. Il sentiero ha inizio comodamente su larga mulattiera; incontriamo subito il cartello che segnala il tracciato sulla sinistra (indicazioni per il Rifugio Città di Sarzana). Scegliamo questa opportunità salendo, in moderata pendenza, nella faggeta. Il tracciato, piuttosto uniforme, permane lungamente nel bosco consentendo una marcia in ambiente fresco e ombreggiato. Ignoriamo tutti i bivi con altri sentieri, per altro ben indicati da opportuni cartelli, mantenendo il segnavia 659; in ultimo, il comodo fondo battuto lascia spazio ad affioramenti rocciosi con placche inclinate sulla destra del percorso. Una breve discesa e accediamo, dopo ore 1,45 di cammino, al Rifugio Città di Sarzana unico, importante punto d’appoggio dell’intera escursione. Presso la costruzione, immersa nella splendida faggeta, è presente il piccolo Lago di Monte Acuto nelle cui acque calmissime si specchia il crinale principale dell’Appennino Settentrionale. Da notare il bel prato presente lungo la sponda sudoccidentale del lago che ben si presta al riposo in un contesto d’alta montagna. La nostra escursione procede ora portandosi a sinistra sino all‘estremità settentrionale del laghetto; abbandoniamo il segnavia 659 che procede in direzione dei Ghiaccioni e del Passo di Pietra Tagliata per volgere a destra risalendo la sponda orientale del laghetto (sentiero 657). Oltre lo specchio d’acqua il tracciato riprende a salire uscendo poco oltre definitivamente dal bosco. Camminiamo ora nella prateria d’altitudine e in breve siamo in pieno crinale in coincidenza della Sella di Monte Acuto (m 1721 – ore 0,25 dal Rifugio Città di Sarzana – ore 2,10 complessive). Il panorama si apre ampio davanti a noi sul versante toscano mentre a destra notiamo il profilo acuminato di Monte Acuto; si tratta di una cima raggiungibile in una decina di minuti dall’omonima sella seguendo il crinale a tratti roccioso ma mai difficile (m 1785). L’ascensione è facoltativa non essendo compresa nel nostro percorso. Dalla Sella di Monte Acuto proseguiamo a sinistra sul sentiero di crinale (segnavia 00), in questo tratto ampio ed evidente; notiamo sotto di noi il Lago di Monte Acuto mentre davanti a noi possiamo intuire il proseguo del sentiero lungo la displuviale con Punta Buffanaro e Monte Alto. Alle spalle appare ancora più affilato il profilo di Monte Acuto e viene da chiedersi se il toponimo della montagna derivi appunto dalla sua forma così slanciata. Su fondo battuto, alternando tratti prativi ad estese pietraie, guadagniamo un pulpito (Costa del Lago - m 1780) dal quale appare in tutta la sua spettacolarità il proseguo della cresta sino a Punta Buffanaro. Osserviamo sotto di noi una caratteristica piramide di roccia affiorante, quindi un primo ampio rilievo prativo seguito da una pronunciata sella oltre la quale il crinale si impenna nella grande mole di Punta Buffanaro. E’ questo un assaggio del proseguo: muoviamo i nostri passi verso il primo obiettivo: il sottostante spuntone di roccia affiorante. Perdiamo quota in sua direzione quindi lo aggiriamo sul versante emiliano evitando il dirupato filo di cresta. Troviamo in questo tratto il cartello che segnala l’inizio del sentiero attrezzato dei Groppi di Camporaghena (ore 0,25 dalla Sella di Monte Acuto – ore 2,35 complessive) Descrizione della ferrata: Affrontiamo immediatamente la prima frazione attrezzata: le funi metalliche guidano in discesa su alcuni affioramenti di arenaria. Il tratto è scosceso ma non mancano appigli e appoggi. La roccia, di buona qualità, lascia spazio, subito oltre, ad un innocuo sentierino scavato nel manto erboso. Alle spalle possiamo apprezzare come il percorso, ben scelto, abbia permesso l’aggiramento dello spuntone roccioso evitandone l’esposto filo. Il sentiero aggira a questo punto un secondo risalto roccioso andando a riprendere, subito oltre, il crinale. Siamo ora in discesa lungo il dirupato filo di cresta che in breve si assottiglia sino a divenire piuttosto sottile: a destra, sul versante toscano, la roccia precipita verticalmente mentre il lato emiliano è un po’ meno esposto con una serie di placche arenacee lisce ed inclinate. Per affrontare in sicurezza questo tratto usufruiamo ora del secondo tratto, il più importante, della ferrata. La fune, disposta quasi lungo il filo di cresta, assicura parecchi traversi su placca dove l’aderenza è generalmente buona con clima asciutto, pericolosamente sdrucciolevoli sono invece questi lastroni in presenza di umidità o peggio ancora pioggia. Traversate su placca si alternano a brevi discese e risalite su salti rocciosi alti qualche metro perdendo nel complesso quota. Siamo oramai in vista della sottostante forcella: gli ultimi spuntoni attrezzati sono i più impegnativi con il roccioso filo della displuviale spettacolarmente erto e sottile. Un ultimo traverso su piastre inclinate precede la fine della seconda frazione attrezzata in coincidenza della Sella di Punta Buffanaro (m 1752 – ore 0,55 dalla Sella di Monte Acuto – ore 3,05 complessive). Da notare, se qualcuno vuole interrompere l’escursione, il bivio, ben segnalato da cartello in legno, per tornare, con il segnavia 657A, al Rifugio Città di Sarzana evitando la frazione attrezzata. Di fronte a noi si erge invece, ripidissima, la grande parete occidentale di Punta Buffanaro, nostro prossimo obiettivo. Il segnavia 00 guida in forte salita lungo le pendici prative della montagna affrontando il settore più faticoso della nostra escursione. Il tracciato si riduce ad un’esile striscia quasi soffocata dall’erba a testimonianza del fatto che questo tratto è generalmente poco conosciuto e percorso. Non vi sono attrezzature, tuttavia alcuni tratti sono in lieve esposizione e non mancano un paio di brevi salti a richiedere più che mai cautela e piede fermo. Da notare la spettacolare visione alle spalle della cresta percorsa in precedenza con l’ausilio della ferrata. In breve guadagniamo la sommità di Punta Buffanaro (m 1879 – ore 0,15 dalla Sella di Punta Buffanaro – ore 3,20 complessive). Splendido il panorama di vetta; il nostro sguardo è ora attratto, verso oriente, dal proseguo del crinale e possiamo già immaginare il nostro itinerario seguire l’ampia cresta prativa. Osserviamo le curiose stratificazioni rocciose che caratterizzano il versante toscano, decisamente più impervio rispetto a quello emiliano che appare invece prativo e di pendenza più moderata. Si tratta dei cosiddetti Groppi di Camporaghena che culminano infine nella sommità di Monte Alto nostro ultimo obiettivo della giornata. Il nostro sentiero cala ora da Punta Buffanaro lungo la cresta a tratti esile, che precipita a destra in direzione della Lunigiana. Aggiriamo un tratto roccioso più impegnativo sfruttando la stretta cengia quindi il crinale si allarga divenendo prativo e uniforme. Su percorso ora facile e comodo caliamo moderatamente nella prateria fino ad una selletta (m 1822) dove un cartello in legno indica, sulla destra, il sentiero per Torsana (Notare alle spalle gli strati di arenaria che caratterizzano il versante orientale di Punta Buffanaro). Manteniamo il tracciato di crinale riprendendo quota e superando su facile sentierino alcuni risalti dello spartiacque. Il fondo permane semplice ed evidente con alcuni facili saliscendi: notiamo la cima di Monte Alto avvicinarsi progressivamente mentre a nordest siamo sovrastati dalla grande mole dell’Alpe di Succiso, uno dei pochi 2000 dell’Appennino Settentrionale. In ultimo il crinale torna ad assottigliarsi portandosi infine nel settore più impegnativo dei Groppi di Camporaghena in coincidenza dell’affioramento di alcune roccette. Andiamo ad affrontare un salto verticale ed esposto alto una decina di metri dove troviamo la terza frazione attrezzata del nostro percorso. La fune metallica ben tesa guida in questo punto che richiede particolare attenzione; sfruttando gli esili appoggi scavalchiamo la strapiombante paretina portandoci così nel pianetto soprastante. Traversiamo ora la placca rocciosa inclinata assicurati dalla fune metallica come corrimano; subito oltre ha definitivamente termine il tratto attrezzato. Ancora pochi minuti su fondo erboso e accediamo infine alla cima di monte Alto (m 1904 – ore 0,45 da Punta Buffanaro – ore 4,05 complessive). Siamo al culmine della nostra escursione nonché dei Groppi di Camporaghena. Il panorama si estende alla sottostante Conca del Prataccio con le Sorgenti del Secchia. Notiamo la cresta rocciosa che scende dalla vetta al Passo di Pietra Tagliata per poi impennarsi e rimontare le pendici dell’Alpe di Succiso. Verso est cala il crinale principale in direzione del Passo del Cerreto. Da notare che la cima di Monte Alto è un importante nodo orografico: il crinale che cala verso Pietra Tagliata per poi risalire sino all’Alpe di Succiso divide le valli dell’Enza e del Secchia, entrambi fiumi tributari del Po. Sul versante toscano si stacca un crinale che divide le valli dei torrenti Taverone e Rosaro, entrambi tributari del Fiume Magra che termina poi la sua corsa nel Mar Ligure. Monte Alto è quindi una montagna importante conquistabile solo con lunghe marce e in quasi tutte le sue vie di salita con frazioni esposte o attrezzate. Per il suo aspetto severo fu detto Campo Secco mentre per la sua esposizione ai venti sudoccidentali provenienti dal mare fu denominato Alpe Marina. Il toponimo Monte Alto è difatti una denominazione piuttosto recente comunque ormai definitivamente accettata e riportata nelle carte e nelle guide escursionistiche. Rientro: Il rientro alla partenza può avvenire in tre modi: Prima possibilità: a ritroso affrontando nuovamente il sentiero attrezzato dei Groppi di Camporaghena. Seconda possibilità: Si prosegue lungo il sentiero 673 calando al Passo di Pietra Tagliata e affrontando alcune frazioni ferrate lungo il filo del crinale. Dal Passo di Pietra Tagliata (m 1779) volgiamo in sensibile discesa sulla sinistra calando alla conca dei “Ghiaccioni”. Raggiunto il punto più basso della conca di origine glaciale (m 1379) si risale nella faggeta, con il segnavia 659, riportandosi al Rifugio Città di Sarzana. L’ultimo tratto dal rifugio alla partenza ricalca a ritroso il sentiero d’andata. Sono da preventivare almeno 4,15 ore di cammino da Monte Alto (8,15 ore complessive) Terza possibilità: si rientra a ritroso evitando però tutte le frazioni attrezzate. In questo caso, raggiunto in pochi minuti dalla cima di Monte Alto il primo traverso attrezzato, si cala liberamente a destra lungo il ripido pendio a mirtilli perdendo 20 – 30 metri di dislivello. Raggiungiamo un evidente tratturo non segnato che taglia il vaccineto e che seguiamo verso sinistra andando così a sottopassare la frazione ferrata. Poco oltre abbandoniamo la traccia tornando a salire verso sinistra sul crinale: saliamo senza via obbligata lungo il ripido pendio scegliendo il punto più adatto e di minor pendenza. Guadagnato di nuovo il sentiero di displuviale (segnavia 00) ricalchiamo il sentiero d’andata percorrendo a ritroso l’ampia prateria e risalendo le pendici di Punta Buffanaro. Dalla cima (m 1879 – ore 0,45 da Monte Alto) caliamo lungo il ripidissimo sentierino in parte esposto che in breve cala alla Sella di Punta Buffanaro (m 1752 – ore 0,15 da Punta Buffanaro – ore 5,05 complessive). A questo punto evitiamo il resto della ferrata abbandonando definitivamente il tracciato di crinale: caliamo a destra lungo il segnavia 657A affrontando nella prima parte un’instabile e sconnessa pietraia. Prestando attenzione ai numerosi ometti di pietra e ai segnavia sottopassiamo anche in questo caso la cresta andando ad evitare la parte principale del sentiero attrezzato. Il sentiero cala tra massi e prati sino a riportarsi nel folto della faggeta dove il fondo diviene più facile e comodo. Seguiamo nel sottobosco la cosiddetta Costa del Lago sino a raggiungere il bivio con il sentiero 659 che sale dalla conca dei Ghiaccioni. Volgendo a sinistra traversiamo, sempre nella faggeta, con scarsi dislivelli sino ad un piccolo bacino ormai senescente ed in avanzato stato di intorbamento (m 1573); ancora un breve tratto e rientriamo al Lago di Monte Acuto e al Rifugio Città di Sarzana (m 1580 – ore 1,20 dalla Sella di Punta Buffanaro – ore 6,25 complessive). L’ultimo tratto dal rifugio alla partenza presso Ponte Lagastrello ricalca a ritroso il comodo sentiero d’andata. (ore 7,45 complessive) N.B. Da notare che questa terza possibilità permetterebbe a ritroso di salire alla Punta Buffanaro e a Monte Alto senza affrontare nessun tratto attrezzato o esposto. Tuttavia è un percorso di salita poco logico e faticoso; consigliamo a chiunque ne ha le capacità di preferire il settore ferrato di crinale. Osservazioni – Caratteristiche della ferrata: Un itinerario che vive di un anonimato quasi totale. Curiosamente questo splendido percorso è poco noto e spesso dimenticato anche nelle guide escursionistiche. D’altra parte tutta la zona, che comprende fra l’altro l’Alpe di Succiso (m 2017 - sesta più alta cima dell’Appennino Tosco Emiliano), è particolarmente impervia ed isolata in un settore appenninico poco frequentato per via delle lunghe marce necessarie per raggiungere le vette e con un numero di punti d’appoggio nel complesso piuttosto basso. Per queste ragioni è particolarmente degna di nota la presenza di un sentiero attrezzato tanto più che risultano pochi gli itinerari di questo tipo presenti nell’Appennino Settentrionale per via della conformazione arrotondata e priva di grossi affioramenti rocciosi che caratterizza l’intera catena montuosa. Da questo punto di vista il sentiero in questione costituisce un’interessante eccezione. Si tratta di una via priva di grosse difficoltà tecniche tuttavia il percorso ha una sua impronta caratteristica in quanto si sviluppa interamente sulla linea di crinale affacciandosi su entrambi i versanti, quello emiliano a nord e sul versante toscano a sud. La frazione attrezzata è breve e divisa in tre frazioni; ad affaticare è piuttosto l’escursione nel suo insieme, con una lunga marcia necessaria per raggiungere l’attacco e un percorso di crinale lungo e faticoso per via dei suoi numerosi saliscendi. Nel complesso, nonostante la relativa facilità, è necessario buon allenamento in quanto fra andata e ritorno sono da prevedere almeno 7 ore di cammino al netto di eventuali soste. Attenzione deve essere prestata alle condizioni meteorologiche: il crinale tosco emiliano presenta spesso estrema instabilità (la zona nel complesso è assai piovosa) oltre alla presenza piuttosto frequente di nebbie dense che si formano in modo assai rapido sulla linea di crinale. Anche il vento forte può essere più che un’insidia rendendo assai precario l’equilibrio nei giorni di burrasca; nel complesso, i mesi più adatti per l’escursione sono quelli compresi tra giugno e ottobre evitando le giornate più calde e non prima per via del forte innevamento presente nella zona sino a primavera inoltrata. Per quanto riguarda la segnaletica è sufficiente nonostante siano ormai quasi tutti cancellati i segnavia del sentiero di crinale (sentiero 00). Fortunatamente il percorso è però logico e scontato in quanto segue la linea di cresta, attenzione deve essere comunque prestata in caso di scarsa visibilità per via del forte isolamento della zona. Cenni sulla flora:
E’ doveroso un accenno alla flora d’alta montagna presente lungo il crinale. L’intero percorso si sviluppa in seno al Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano e quindi in una zona dove la flora è particolarmente tutelata e a giusta ragione vista la presenza di specie assai rare. Fra tutte desideriamo ricordare la presenza di due endemismi di grande valore; ci riferiamo innanzi tutto alla Primula appenninica (Primula apennina Widmer), raro endemismo presente unicamente in poche stazioni del crinale Reggiano e Parmense dove trova rifugio per lo più sulle bancate affioranti di arenaria rivolte verso nord, in zone a prolungato innevamento. Le fauci violette di questa bellissima specie rivestono meravigliosamente le rocce a fine primavera offrendo uno spettacolare paesaggio. Un altro endemismo apuano-appenninico è presente ad esempio sulle rocce inclinate in coincidenza del primo tratto attrezzato: si tratta della Vedovella delle Apuane (Globularia incanescens Viv.) con le sue caratteristiche infiorescenze a forma di globo azzurro che incanutiscono nella seconda parte della stagione così come indicato dal nome scientifico della pianta. Si tratta di una specie il cui centro di distribuzione è posizionato sulle Alpi Apuane; è tuttavia presente anche lungo l’Appennino Tosco Emiliano di solito come pianta tipica dei settori più elevati lungo la linea spartiacque. Lungo l’intero crinale dei Groppi di Camporaghena si incontrano molte altre specie meno rare ma non meno interessanti quali il Semprevivo montano (Sempervivum montanum L.), il Semprevivo ragnateloso (Sempervivum arachnoideum L.), la Scorzonera rosea (Scorzonera rosea Waldst.), l’Astro Alpino (Aster alpinus L.), diverse specie di sassifraga e di genziane tra le quali la Genzianella campestre (Gentiana campestris) che nel periodo autunnale riveste con le sue corolle violette e bianche i prati sommitali del crinale.
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