Croda di Cengles (Tschenglser Hochwand)

CRODA DI CENGLES (TSCHENGLSER HOCHWAND- m 3375)

Uno dei tanti “giganti“ che caratterizzano il circondario dell’Ortles nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio. Posta in posizione appartata, sulla destra orografica del piccolo valloncello di Zay, è una cima grandiosa che rivolge verso nord la sua parte più ripida che precipita per centinaia di metri sulla sottostante Val Venosta (ove è posto l’omonimo paesetto di Cengles). La via di salita sfrutta il ghiaione che la cima rivolge a sud per poi percorrere un breve tratto in cresta. La via in sé non presenta difficoltà insormontabili, è tuttavia un itinerario molto lungo e faticoso adatto ad escursionisti alpini esperti dotati di piede fermo e assenza di vertigini. Occorre sottolineare che le difficoltà maggiori si hanno proprio in vista della cima con alcune frazioni ferrate in esposizione quando ormai il peso della salita (e anche della quota!) si fanno decisamente sentire. Da considerare attentamente sono inoltre le condizioni meteorologiche e l’eventuale innevamento in quanto su questo percorso la neve può cadere anche nei mesi estivi per via dell’altitudine molto sostenuta. La presenza del Rifugio Serristori è comunque un importante fattore di sicurezza e prima di percorrere la via di salita è sempre consigliabile chiedere informazioni aggiornate presso la struttura. Si tratta in ogni caso di un percorso in genere sgombero dalla neve tra luglio e settembre grazie anche alla favorevole esposizione verso sud.

Dati tecnici:

Dal Rifugio Pulpito (Kanzel Rest. m 2350): Difficoltà: EEA. (Vai alla scala delle difficoltà). Segnaletica: totale, bianco rossa sino al Rifugio Serristori, gialla dal Rifugio Serristori al ghiaione sotto la cima, quindi di nuovo rossa. Dislivello assoluto: m 1025. Acqua: numerose possibilità nella prima frazione fino al Rifugio Serristori grazie alla vicinanza del torrente. Acqua assente nel tratto successivo: la presenza del rifugio elimina comunque ogni problema di approvvigionamento di cibo e liquidi.

Accesso alla partenza:

Dal paese di Gomagoi si risale tutta la Val di Solda sino all’omonimo paese (m 1860), il più elevato centro abitato dell’Alto Adige. Presso il paese diverse funicolari permettono l’accesso ai rifugi della zona. La seggiovia Pulpito concede una comoda salita fino all’omonimo rifugio posto a 2350 m sulla destra orografica della valle.

Descrizione del percorso:

L’itinerario che andiamo a descrivere è di eccezionale bellezza per i panorami e la partenza non tradisce le aspettative: il terrazzo a fronte del Ristorante presso la stazione a monte della funivia permette già una visione eccezionale sulla famosa triade di cime Gran Zebrù, Zebrù ed Ortles. Come noto, l’Ortles con 3905 metri d’altitudine è la massima vetta del Trentino Alto Adige e delle Alpi Orientali. Nel fondo valle osserviamo il paese di Solda dove abbiamo abbandonato l’auto. Il segnavia segue a questo punto l’ampio e comodo sentiero n°12 che, attraverso pascoli e pietraie, si sviluppa sulla sinistra orografica della Valle di Zay. Il sentiero, percorso interamente, conduce con pendenza moderata ma costante direttamente al Rifugio Serristori (m 2721) in poco più di 1 ora di cammino. In occasione della stesura di questa relazione il sentiero 12 era tuttavia chiuso a poca distanza dalla partenza per una frana costringendoci ad una breve digressione comunque segnata che aggiunge non più di 20 minuti al cammino. Si segue in questo caso la deviazione a sinistra sul segnavia 12A con cartello indicante il rifugio (m 2413). Si perde debolmente quota passando attraverso alcune pietraie che vengono superate con ponticello in legno. Ci portiamo in lieve discesa sino al punto più basso in coincidenza del torrente Zay (m 2391). Questa posizione è particolarmente suggestiva grazie al limpidissimo corso d’acqua che viene scavalcato agevolmente con un altro ponticello in legno. In coincidenza del torrente la visione verso l’Ortles, il Zebrù e il Gran Zebrù è ancora più bella e suggestiva e vale ampiamente la deviazione anche se allunghiamo leggermente la camminata. Immediatamente prima del ponticello sul ruscello il percorso confluisce nel segnavia 5 che sale direttamente da Solda; subito oltre il corso d’acqua abbandoniamo questo idilliaco pianetto per volgere a destra in decisa salita e nonostante la pendenza il comodo sentiero conduce facilmente, tra pietraie e pascoli, sino al Rifugio Serristori (Düsseldorfer Hütte - m 2721 – ore 1,20 dalla partenza). Una sosta è d’obbligo per ammirare il bel ripiano dove, oltre al rifugio, troviamo il più grande dei Laghi di Zay (Zayseen – m 2714) immediatamente ai piedi della cima dell’Angelo Grande (m 3521). Alle spalle è ancora splendida la visione in direzione del Gran Zebrù e dell’Ortles. In effetti la semplicissima salita fino al rifugio, davvero adatta a tutti bambini compresi, è di per sé ampiamente meritevole soprattutto per gli amanti dei bei panorami e della fotografia con la sensazione d’essere immersi tra cime e ghiacciai in tutte le direzioni.

La salita alla Croda di Cengles prevede a questo punto il proseguo attraverso la traccia indicata dai segnavia di colore giallo attraversando il desolato valloncello detritico oltre il rifugio. E’ inoltre presente un cartello indicatore in legno nel punto in cui la via normale alla Croda di Cengles si divide dalla via di salita per l’Angelo Grande, la segnaletica si rivela quindi ampiamente sufficiente nonostante l’ambiente selvaggio e desolato. Il sentierino supera un primo costone in parte prativo che permette di osservare ancora, da una posizione più elevata, il laghetto di Zay e il Rifugio Serristori. Subito al di sopra un ulteriore pianetto concede una vista più ravvicinata sulla vetta in parte ghiacciata dell’Angelo Grande e di Cima Vertana. E’ già ben visibile anche la nostra meta, le rocce rossastre della Croda di Cengles la cui cima appare beffardamente vicina: in realtà le difficoltà maggiori devono ancora essere affrontate. Siamo anche al capolinea per quanto riguarda i pascoli: da qui in avanti la vegetazione, complice l’elevata quota, si riduce a poche piante tra le pietre in grado di resistere ai rigori che avvolgono le montagne alpine intorno ai 3000 metri di quota. Il proseguo è infatti attraverso un caotico ammasso di pietre instabili in uno stretto solco così accatastate probabilmente da antiche lingue glaciali oggi ormai ritirate sulle cime circostanti ma che senza dubbio hanno modellato la Valle di Zay. La segnaletica in vernice gialla guida attraverso questo labirinto di ciclopici massi nel quale sarebbe molto facile perdersi in assenza di indicazioni. Si guadagna poco in termini di quota per via dei numerosi saliscendi e in effetti non si può più parlare di sentiero ma piuttosto di una traccia segnata che asseconda abilmente le rocce più instabili evitando inutili perdite di tempo. Oltre questa frazione particolarmente sconnessa ci portiamo infine sulla sommità di un costone detritico ove siamo accolti da una bella conca occupata dal più grande dei cosiddetti “Laghetti” (Seelein – m 2887), d’origine ovviamente glaciale e caratterizzato da acque dal magnifico colore turchese. Siamo in un bellissimo pianoro d’alta montagna in ambiente impervio ed è sempre la vetta dell’Angelo Grande a dominare gran parte della scena; possiamo osservare chiaramente il ripidissimo ghiacciaio pensile che scende direttamente dalla vetta di Cima Vertana; appaiono più lontane ma ancora visibili la Cima di Solda, il Gran Zebrù e l’Ortles. In coincidenza del laghetto siamo inoltre ad un ulteriore bivio segnalato da cartello in legno: abbandoniamo la traccia per il Passo di Zay per volgere con decisione a sinistra in direzione della base del ripido ghiaione inclinato che permetterà l’accesso alla cresta sommitale della Croda di Cengles. Il ripido colatoio detritico desta soggezione osservato dal basso e sembra difficile che un sentiero possa essere stato ricavato in un pendio tanto ostile. Con nostra sorpresa la traccia accosta il ghiaione con relativa facilità portandosi sul suo lato destro ed evitandone così la parte centrale decisamente più franosa e instabile. Risaliamo subito ai piedi delle incombenti rocce apprezzando nel contempo la quota guadagnata sul sottostante laghetto. Prima di incunearci nella parte più interna dello stretto ghiaione possiamo ancora ammirare a distanza, con maggiori dettagli, la lingua glaciale della Vedretta dell’Angelo Piccolo con il suo fronte che discende dal Passo di Zay. Un’ulteriore biforcazione permette a chi lo desidera di abbandonare il canalone per raggiungere la vetta sulle rocce esposte affrontate dalla via ferrata Otto Erich Steig (cartello segnalatore). La via normale mantiene invece il tracciato nel ghiaione tagliandolo diagonalmente e portandosi così sul suo lato sinistro. Molto faticosamente per la forte pendenza si seguono i segnavia in vernice rossa puntando in direzione della marcata forcella soprastante. A poca distanza dalla sella il sentiero taglia nuovamente il pendio detritico riportandosi a destra e andando a sfruttare le più solide rocce laterali (fune metallica in un breve passaggio un po’ difficoltoso). Ormai fuori dall’instabile ghiaione passiamo poco a destra della forcellina posta alla testata del canalone stesso guadagnando così la cresta sommitale caratterizzata verso occidente da alcune caratteristiche guglie rocciose che danno al crinaletto un aspetto frastagliato. Verso destra ecco comparire la cima ormai non troppo distante. Per raggiungerla debordiamo sul versante nord della montagna seguendo il segnavia attraverso rocce rotte e grandi macigni: qualche passaggio richiede l’uso delle mani ma non vi è esposizione fino al punto in cui si guadagna ancora una volta la cresta discendente dalla vetta. Possiamo affacciarci a questo punto, in un’impressionante visione, sul sottostante ghiacciaio dell’Angelo Piccolo andando a scorgere un laghetto di fusione subito ai piedi della vedretta che non avevamo ancora potuto osservare. Il proseguo della cresta si presenta decisamente più esposto con un enorme lastrone roccioso molto inclinato da affrontare con piede fermo e assenza di vertigini. Questo tratto particolarmente scosceso è stato attrezzato provvidenzialmente con fune metallica fissa in quanto a tratti appare molto liscio anche se non mancano alcuni solchi utili per l’appoggio dei piedi. Studiando con attenzione gli appigli lo sormontiamo e torniamo ad osservare la vetta davvero molto vicina. Ancora due difficoltà ci separano dall’arrivo sulla cima: la prima è data da un ripido salto roccioso esposto di pochi metri che sarebbe invalicabile se non fossero state aggiunte alcune provvidenziali maniglie metalliche. Appena sotto la vetta l’ultima serie di funi metalliche fisse permette infine il passaggio sui lisci lastroni rocciosi di colore rossastro che precedono il grandioso ed emozionante arrivo sul punto più elevato. Siamo a 3375 metri di quota e sono trascorse circa 4 ore dalla partenza (libro di vetta da firmare - ore 2,30 dal Rifugio Serristori): non possiamo fare a meno di osservare con soddisfazione la cresta appena risalita apprezzando così il notevole dislivello coperto. Il panorama, immenso e sconfinato, si perde verso nord sulla Val Venosta con il Passo di Resia e l’omonimo lago e con lo sguardo che sconfina in territorio svizzero a cogliere lontani gruppi montuosi. Nell’immediato circondario si ripete la splendida ed appagante visione dell’Angelo Grande e di Cima Vertana a est con l’immensa calotta ghiacciata del Cevedale poco più a sud. Ad occidente l’orizzonte è chiuso dalle scintillanti vette del Gran Zebrù, dello Zebrù e dell’Ortles.

Il rientro avviene ovviamente a ritroso prestando particolare attenzione ai tratti attrezzati lungo la cresta sommitale che in discesa potrebbero presentare qualche insidia in più.

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