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VIA FERRATA ERNESTO CHE GUEVARA (MONTE CASALE – m
1632)
Gruppo
montuoso: Alpi di Ledro Grado di difficoltà globale: POCO DIFFICILE (Vai alla scala delle difficoltà). Difficoltà tecniche: 2- Esposizione: 2 Impegno fisico: 4 Dislivello assoluto: m 1381 (circa m 700 di ferrata) Tempo di
percorrenza: ore 8 complessive (ore 3,30 circa la sola ferrata) Punti
di appoggio: Rif. Don Zio Accesso: Provenendo da Riva del Garda si attraversano gli abitati di Arco, Dro e Pietramurata. Appena una trentina di metri prima del cartello stradale che indica la fine del paese di Pietramurata si incontra a destra un ingrosso ortofrutticolo e a sinistra un incrocio. Voltiamo su questa strada che bordeggia una grande cava procedendo per poche centinaia di metri sino al parcheggio ove abbandoniamo l’auto. Descrizione della ferrata: Procediamo a piedi bordeggiando la zona mineraria e avvicinandoci alla grande parete rocciosa che sovrasta il paese ad ovest. Per un breve tratto saliamo nella boscaglia sino a raggiungere il primo tratto attrezzato (25 minuti dalla partenza). Incontriamo quasi subito il tratto più impegnativo della via: indossata l’imbracatura affrontiamo infatti un camino verticale alto una decina di metri, assai esposto e con pochi appoggi. Si procede più facilmente con placche rocciose attrezzate alternate a cenge dove possiamo prendere fiato. Un grande terrazzo interrompe momentaneamente le attrezzature (su una roccia troviamo scritto con vernice “quota 550 m”). Riprende la salita, con brevi spezzoni di fune e qualche staffa a rendere più facile il superamento di alcune brevi placche. Aggiriamo a sinistra un pinnacolo roccioso sino alla piccola, suggestiva forcella che lo divide dalla parete vera e propria incombente su di noi. E’ qui che troviamo la scritta in vernice che segnala l’inizio della via (m 675 – ore 1,10 dalla partenza). In realtà abbiamo superato già parecchi tratti attrezzati ma soprattutto non incontreremo nessun tratto, per tutto lo sviluppo del percorso, che superi tecnicamente il camino iniziale. Ad ogni modo saliamo sulle verticali placche che ci sovrastano su terreno esposto ma ben attrezzato e ricco di appoggi, con piccoli terrazzini che permettono continuamente brevi soste per riprendere fiato. Una caratteristica della ferrata è infatti la sequenza continua di placche esposte alternate a brevi cenge senza che nessun passaggio spicchi in modo deciso rispetto ad altri. Ad aiutare “psicologicamente” troviamo a intervalli regolari la quota in metri indicata in vernice rossa sulle rocce (incontriamo le seguenti scritte: all’attacco “m 675” quindi “m 735”, “m 820“, “m 905” e “m 940”) Intorno a 1000 metri traversiamo brevemente verso sinistra sfruttando una caratteristica, sottile cengia orizzontale con fune metallica come corrimano; subito oltre proseguiamo risalendo per linea verticale alcune esposte paretine attrezzate con una lunga sequenza di staffe in ferro e con fune per l’assicurazione. Ancora un breve tratto in salita verso sinistra (panorama verso il Lago di Toblino) e raggiungiamo la larga cengia che contorna la soprastante parete. Siamo sulla “Cengia Maurizio” ed è qui che troviamo la scatola che contiene il libro delle firme della via (m 1200 circa - ore 3,30 dalla partenza). In realtà è consigliabile non togliere l’attrezzatura per le vie ferrate in quanto incontreremo ancora alcuni brevi tratti attrezzati. Si prosegue infatti su sentiero nella boscaglia con qualche roccetta facilitata da brevi spezzoni di fune. Raggiungiamo un ampio canalone detritico che superiamo diagonalmente salendo verso sinistra e facilitati da un lungo cavo metallico steso da un lato all’altro del canale (una cinquantina di metri di fune). E’ da qui che scorgiamo per la prima volta la sommità di Monte Casale. Riprende su sentiero la faticosa e purtroppo monotona salita aggirando la montagna da sinistra sino ad un salto verticale di alcuni metri dove la fune si rivela indispensabile per la progressione e l’esposizione. Un breve tratto con bella vista verso il fondo valle a sud, precede una nuova, breve frazione attrezzata oltre la quale il sentierino, ormai fuori dal bosco, si articola ripido tra prateria erbosa con scorcio alle spalle sul Lago di Cavedine. In ultimo, un ripidissimo canale franoso è attrezzato con una fune tesa tra due alberi: subito al di sopra abbiamo la sorpresa: siamo a poche decine di metri dalla cima e non ci resta che risalire un innocuo, verdeggiante pascolo quasi in piano sino alla sommità (m 1632 – ore 4,30 / 5 dalla partenza). Da rilevare il bellissimo panorama dalla cima esteso all’Adamello e al Carè Alto verso ovest, alle Dolomiti di Brenta verso nord con il plateau sommitale di Cima Tosa, al Bondone con le cime Palon, Cornetto, Dosso d’Abraamo e Cima Verde verso oriente e al monte Baldo con il lago di Garda verso sud. Sotto di noi occhieggia il lago di Toblino e, più a sud, il lago di Cavedine. Poco sotto la cima troviamo aperto da maggio a settembre l’accogliente Rifugio Don Zio ove possiamo fare una meritata sosta. Rientro: Presso il Rifugio Don Zio troviamo il cartello che segnala la discesa per il paese di Sarche su sentiero n° 427. Comodamente, prima tra i pascoli quindi nel folto della faggeta, caliamo rapidamente sino a Godesi (m 1305). Qui troviamo il bivio ben segnalato da cartelli dove passiamo a destra: per un breve tratto traversiamo nel folto con scarsi dislivelli per poi a calare di nuovo ripidamente nel fresco del sottobosco. A quota m 661 usciamo dalla faggeta per passare nel prato ove troviamo una casa forestale; subito oltre il sentiero si fa un po’ più scomodo calando su fondo sassoso, ma sempre senza problemi sino a raggiungere la statale che unisce Sarche a Comano Terme (ore 2,20 dal Rifugio Don Zio). Risaliamo la strada per pochi metri verso destra sino all’evidente tornante ove si separa sulla sinistra il sentiero 427B. Lo seguiamo nella boscaglia per un breve tratto sino a guadagnare le prime case di Sarche. La segnaletica indica ora la larga mulattiera chiusa al traffico in direzione di Pietramurata. Prima tra i vigneti quindi subito a destra del fiume, seguiamo lungamente il tratto piano sino a confluire nella statale che unisce Pietramurata a Sarche. La seguiamo verso destra per una breve frazione sino al bivio a destra che ci conduce al parcheggio della partenza presso la grande cava. (ore 3 / 3,15 dal Rifugio Don Zio – circa 8 ore complessive) Osservazioni – Caratteristiche della ferrata: Una ferrata di bassa difficoltà per quanto riguarda l’aspetto strettamente tecnico. Ad eccezione dell’esposto camino di attacco, tutti i settori della via, comprese le placche più esposte e verticali, sono ben attrezzate con funi metalliche e staffe in grande quantità. L’aspetto tecnico non deve tuttavia ingannare e dare l’idea di una via semplice e per tutti: ad impressionare è infatti la lunghezza complessiva dell’impresa. Il raggiungimento della cima richiede 4,30 / 5 ore di salita e arrampicata senza un attimo di tregua con un tratto attrezzato veramente molto lungo. Attenzione alle molte guide in commercio e su internet che segnalano la via con attacco a 700 metri circa e la sua uscita a quota 1200 metri. Questo è senz’altro il tratto principale della ferrata ma non mancano lunghi tratti attrezzati sia prima che dopo queste quote. Da rilevare inoltre la completa esposizione al sole di tutta la via di salita. Considerata la bassa-media quota dell’itinerario diventa molto importante la stagione in cui si effettua la salita: in estate le temperature nel settore inferiore e mediano possono essere estremamente alte (oltre 30°C) con grande dispendio di energie. E’ senz’altro raccomandabile salire in primavera ma non troppo presto per il possibile innevamento della sommità o meglio ancora in autunno in una giornata possibilmente fresca. Ad ogni modo è bene procurarsi una considerevole quantità di liquidi in considerazione della mancanza di punti di appoggio fino alla sommità. Una nota lieta è invece legata alla discesa: fino al 2004 il lunghissimo sentiero di rientro era considerato da alcuni più difficile della ferrata stessa con una sequenza di ripidissimi e scivolosi canali franosi e tratti attrezzati con funi oltre ad una lunga scala. E’ stato infine approntato un nuovo sentiero che, con tracciato differente, cala senza nessuna difficoltà nella sottostante faggeta permettendo un comodissimo rientro a valle usufruendo del fresco del bosco. L’ultimo consiglio è legato ai molti sassi mobili presenti lungo la via: attenzione naturalmente a non smuoverli anche perché buona parte del percorso sale per linea verticale con il concreto rischio di colpire qualcuno subito al di sotto di noi.
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