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SENTIERO ALFREDO BENINI (CIMA FALKNER – m 2988)
Gruppo montuoso: Dolomiti di Brenta Grado di difficoltà globale: POCO DIFFICILE (Vai alla scala delle difficoltà). Difficoltà tecniche: 1 Esposizione: 2 Impegno fisico: 3 Dislivello assoluto: m 716. Il dislivello realmente coperto è senz’altro maggiore in quanto non mancano numerosi saliscendi. Tempo di percorrenza: ore 7 (itinerario ad anello) Punti di appoggio: Rifugio Stoppani – Rifugio Tuckett – Rifugio Graffer Accesso: La funivia del Grostè permette da Madonna di Campiglio di salire ai 2437 metri del Rifugio Stoppani, posto a pochi metri dal crinale principale. E’ un’occasione che non dovrebbe essere persa: concede infatti la possibilità di portarsi rapidamente e senza fatica nel cuore del Brenta per trascorrere una giornata piena in quota. Dal Passo del Grostè (m 2442), appena sopra al rifugio, muoviamo verso meridione tra ampi tavolati pietrosi guidati dalla sovrabbondante segnaletica (segnavia n°305). Notiamo verso occidente le cime ghiacciate del Carè Alto – Adamello e dell’Ortles mentre alle spalle (verso settentrione) siamo dominati dalla grande mole della Pietra Grande (m 2935). Solchiamo comodamente gli ultimi ciuffi d’erba puntando verso la base della tozza e massiccia Cima del Grostè. Una breve discesa porta in un piccolo avvallamento pietroso ove si separa un sentiero sulla destra che condurrebbe al Rifugio Graffer (25 minuti dalla partenza). Ignoriamo la deviazione mantenendo il sentiero di sinistra e riprendendo così quota sino ad un’ulteriore biforcazione. Sulla destra si separa la via normale da nord alla Cima Grostè (m 2600 - cartello segnalatore), il nostro itinerario procede invece tra facili gradoni e lastre levigate di roccia innalzandosi nel contempo di quota e cominciando l’aggiramento della vetta appena indicata. In un panorama quasi lunare, il segnavia permette di districarsi tra piccoli salti e stratificazioni rocciose. Un ultimo ripido tratto raggiunge infine i cartelli che segnalano l’inizio della via nel punto in cui il tracciato comincia, nell’aggiramento di Cima Grostè, a volgere deciso verso meridione (1 ora dalla partenza). Descrizione della ferrata: Indossata l’imbracatura affrontiamo la cengia che taglia provvidenzialmente il versante orientale di Cima Grostè. Dopo una prima fune metallica per aggirare un punto esposto, la cengia prosegue facile e piuttosto ampia non richiedendo la presenza di alcuna attrezzatura. Da notare verso sud l’ampia vista in direzione di Cima Roma. Nel contornare Cima Grostè la cengia in ultimo volge con decisione verso destra affrontando un breve tratto esposto ben assicurato con funi metalliche come corrimano sino a calare brevemente alla marcata insellatura della Bocchetta dei Camosci (m 2784). Poco prima della forcella possiamo già osservare il proseguo della via attraverso la marcata cengia che taglia, in lunga diagonale ascendente, le pendici del Campanile dei Camosci e di Cima Falkner. Dalla Bocchetta dei Camosci possiamo osservare con bel colpo d’occhio i ghiacciai dell’Adamello quindi proseguiamo, sempre sul versante orientale la lunga ascesa su cengia. Il primo breve tratto è assicurato con funi fisse: l’esposizione resta comunque abbastanza contenuta e nel proseguo del sentiero il tracciato si fa di nuovo ampio rendendo superflue le attrezzature. La cengia diviene nuovamente esile sotto la verticale della Bocchetta Alta dei Camosci incuneandosi nello stretto valloncello che scoscende la forcella stessa. Nonostante l’esposizione, le attrezzature risultano più che sufficienti e la difficoltà si limita a qualche raggomitolamento per evitare il soffitto della cengia, specie se si è alti di statura. Subito oltre proseguiamo la lunga diagonale ascendente tagliando in pieno Cima Falkner. Salendo la vista si apre spettacolarmente verso meridione sul ghiacciaio di Cima Brenta per poi volgere con decisione verso destra a raggiungere il punto più elevato della ferrata (m 2910 – ore 2 dalla partenza). A questo il punto la via volge in decisa discesa sulla sinistra perdendo quota lungo una costola rocciosa attrezzata tuttavia consigliamo, prima di perdere quota con il tracciato della ferrata, una digressione lungo il canale detritico a destra per salire in appena 15-20 minuti alla sommità di Cima Falkner. Questa salita non fa parte del sentiero Benini e può benissimo essere tralasciata in condizioni di tempo sfavorevole; se possibile è tuttavia una deviazione consigliatissima per godere di un magnifico panorama dando così un culmine all’escursione. Il punto in cui si abbandona la ferrata è indicato da una scritta in vernice sulla parete (un po’ alta rispetto al sentiero), quindi si rimontano i detriti dapprima a destra quindi a sinistra del canalone con alcuni ometti di pietra ad indicare la via. Al di sopra di questo tratto più ripido la pendenza si attenua e gli ometti conducono ad una selletta generalmente orlata di neve sino a stagione inoltrata. Siamo pochi metri sotto la vetta che raggiungiamo arrampicando sulla sinistra alcuni gradoni ben appigliati (1° grado inferiore). Dagli ometti che caratterizzano la sommità (m 2988 – ore 2,15 dalla partenza) la visione è spettacolare: siamo ancora una volta attratti, verso sud, da Cima Brenta e dal suo ghiacciaio; a occidente osserviamo nuovamente il Carè Alto e il Gruppo dell’Adamello; più a nord, se la giornata è limpida, chiudono l’orizzonte settentrionale, le cime delle Alpi Centrali. Dopo una meritata sosta rientriamo a ritroso prestando anche in discesa la debita attenzione al ripido canalone detritico sino a guadagnare di nuovo il punto più elevato del sentiero Benini (10 – 15 minuti dalla cima). Si prosegue a questo punto con la ferrata: come detto si perde quota lungo una costola rocciosa. Funi metalliche fisse guidano in questo tratto piuttosto ripido ed esposto. Anche se gli appigli non mancano di certo, l’autoassicurazione è indispensabile anche perché ogni ferrata è naturalmente più impegnativa se percorsa in discesa. Perso un centinaio di metri di dislivello riprende il sistema di comode cenge orizzontali che tagliano questa volta il Campanile di Vallesinella con brevi e facili tratti ferrati ad assicurare i punti più stretti ed esposti. E’ presente un ulteriore tratto nell’ambito di un valloncello dal soffitto un po’ basso, subito seguito da una bella paretina esposta attrezzata provvidenzialmente con staffe metalliche. Ancora un breve tratto piano (bella visione nel fondo valle a sinistra sul Lago di Molveno) e siamo, volgendo brevemente a destra, in pieno crinale in coincidenza della Bocca Alta di Vallesinella (m 2875). Questa forcella segna il punto in cui l’itinerario cambia completamente di versante passando a ovest del crinale. Si perde a questo punto quota sul lato occidentale del crinale scendendo per facili campi nevosi. Questo tratto era occupato fino all’inizio degli anni 90 dalla piccola Vedretta di Vallesinella Superiore ormai quasi estinta a causa del progressivo riscaldamento del clima. Si scende su traccia nella neve o per detriti a seconda dell’andamento stagionale guadagnando alcune terrazze detritiche e volgendo marcatamente a sinistra sulla piatta spalla ovest di Cima Sella. Abbiamo da qui una vista eccezionale su Cima Brenta e sulla notevole fronte ghiacciata che dalla cima si affaccia sul sottostante vallone. Tutto questo tratto, successivo alla Bocchetta Alta di Vallesinella è poco segnalato (solo qualche ometto di pietra) e può essere difficoltoso nel caso scenda la nebbia. Ritroviamo il segnavia presso il bivio con il sentiero Dallagiacoma (ore 3,15 dalla partenza – ore 3,45 se si è salita Cima Falkner). Quest’ultimo sentiero permette una spedita discesa al Rifugio Tuckett evitando il successivo tratto di ferrata, per altro il più impegnativo ed esposto. Il sentiero Dallagiacoma è quindi una provvidenziale via di fuga nel caso di un improvviso peggioramento meteorologico. Se il tempo lo permette è invece logico e spettacolare completare l’ultimo tratto del sentiero Benini: volgiamo con decisione a sinistra sul versante sud di Cima Sella. In ambiente angusto, chiusi tra alte pareti rocciose, la cengia conduce quasi sulla verticale della Bocca di Tuckett, capolinea della ferrata. La discesa potrebbe apparire proibitiva, invece un sistema ben curato di attrezzature permette di calare velocemente di quota. Cinque scalette metalliche intramezzate da brevi cengette attrezzate scendono in forte esposizione lungo la parete rocciosa: in particolare una rampa di scale è in pratica strapiombante. Un bel passaggio su placca in breve risalita a sinistra (staffe), costituisce il punto in massima esposizione sul sottostante baratro. Ancora le ultime funi e accediamo, a termine del tratto ferrato, alla Bocca di Tuckett (m 2648 – ore 3,45 dalla partenza – ore 4,15 salendo anche Cima Falkner) Rientro alla partenza Il rientro richiede la discesa della parte superiore della Vedretta di Brenta Inferiore (o Vedretta di Tuckett). Ad inizio stagione non vi sono in genere difficoltà in quanto il ghiacciaio si presenta come un vasto campo nevoso inclinato percorso in genere da una pista ben battuta e marcata. Tuttalpiù un paio di bastoncini telescopici possono essere assai utili per mantenere l’equilibrio nei settori più ripidi. Con l’avanzare della stagione o in annate aride tende a scomparire l’innevamento lasciando affiorare tratti ghiacciati nel settore centrale, mentre la parte inferiore della vedretta si sta, anno dopo anno, trasformando in un ghiacciaio nero, vale a dire coperto di detriti. In queste condizioni l’affiorare di tratti ghiacciati può rendere difficoltosa la discesa (informarsi circa la necessità o meno di piccozza e ramponi presso il Rifugio Tuckett). Grosso modo a metà vedretta si volge a destra sulla morena rocciosa laterale (2 ometti di pietra) abbandonando il ghiacciaio ed evitandone quindi la parte inferiore caratterizzata da alcuni grossi crepacci pericolosamente occultati dai detriti. Si procede senza alcuna difficoltà sul sentiero a destra; ignorata la confluenza con il sentiero Dallagiacoma caliamo, finalmente tra il verde dei prati, sino al Rifugio Tuckett, il punto più basso dell’intera escursione (m 2272 – ore 0,45 dalla Bocca di Tuckett – ore 5 dalla partenza considerando la salita a Cima Falkner). Il ritorno alla partenza prevede ora la lunga traversata sul segnavia n°316, sentiero noto anche come “Giro del Brenta”. Si traversa dapprima in piano quindi in moderata risalita tra i pascoli che rivestono la base delle cime del Brenta. In un panorama aperto e luminoso guadagniamo in ore 1,30 dal Rifugio Tuckett il bivio dal quale in breve risalita a destra, si ritorna al Rifugio Stoppani al Passo del Grostè a termine della nostra avventura (m 2437 – ore 7 complessive con la salita di Cima Falkner altrimenti una mezzora in meno). Volgendo al bivio verso sinistra si cala invece al Rifugio Graffer e da lì, perdendo ulteriore dislivello, alla stazione intermedia della cabinovia (m 2080 – soluzione più lunga e meno logica) Osservazioni – Caratteristiche della ferrata: Il sentiero Benini è l’ultima (o la prima) frazione della celebre Via delle Bocchette. Nello stile di gran parte delle ferrate del Brenta, si sviluppa in prevalenza su cenge. Tecnicamente è quindi una via di bassa difficoltà; a impressionare è piuttosto l’esposizione di alcuni tratti, tuttavia sono presenti lunghe frazioni di sentiero normale grazie all’esistenza di cenge abbastanza ampie da annullare l’esposizione. Il tratto più impegnativo è senz’altro la frazione finale sulla parete meridionale di Cima Sella (quindi tra il bivio con il sentiero Dallagiacoma e la Bocca di Tuckett) in spettacolare esposizione sul sottostante ghiacciaio di Brenta Inferiore . Si tratta comunque di un itinerario adatto anche a chi ha poca esperienza di ferrate, con la possibilità di evitare l’ultimo strapiombante tratto sfruttando il sentiero Dallagiacoma. Attenzione deve piuttosto essere prestata alla lunghezza del percorso e quindi allo sforzo fisico complessivo. Nessun problema se si decide di suddividere in due giorni la fatica pernottando al Rifugio Tuckett. Viceversa, decidendo di percorrere la via in un solo giorno, occorre informarsi preventivamente sugli orari di apertura e chiusura della funivia del Grostè utilizzando la telecabina al mattino il più presto possibile e cercando quindi di suddividere in modo razionale le 7 ore di percorso ritornando per tempo alla stazione a monte della telecabina (Rifugio Stoppani). Per quanto riguarda la deviazione alla Cima Falkner, le roccette di 1° grado inferiore della sommità non dovrebbero certo spaventare un esperto ferratista. E’ una deviazione vivamente consigliata per il panorama favoloso e per dare un culmine all’itinerario circolare. Sebbene la deviazione alla vetta non sia indicata dai segnavia, è facile trovare il canalone detritico che porta in cima se si tiene conto che si trova a destra del sentiero Benini nel punto in cui questo comincia a perdere quota in una ripida scarpata rocciosa. Qualche difficoltà potrebbe invece aversi nella percorrenza della Vedretta di Brenta Inferiore (Vedretta di Tuckett). Ad inizio stagione è generalmente innevata e percorsa da una facile traccia; l’avanzare dell’estate porta all’affioramento di alcuni tratti di ghiaccio vivo; trattandosi di un ghiacciaio “nero” i detriti celano gran parte della sottostante massa ghiacciata che può tuttavia affiorare in alcuni punti rendendo precario l’equilibrio. Sebbene non sia generalmente una vedretta di difficile percorrenza è sempre consigliabile una telefonata al Rifugio Tuckett per accertare la necessità o meno di avere con sé ramponi e piccozza.
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