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ViA FERRATA BURRONE GIOVANNELLI
Gruppo
montuoso: Alpi
della Mendola Grado di difficoltà globale: FACILE (Vai alla scala delle difficoltà). Difficoltà tecniche: 1 Esposizione: 1 Impegno fisico: 2 Dislivello: m 672 dei quali 400 circa di ferrata Tempo di
percorrenza: ore 3,45 di cammino
utilizzando la funivia (circa ore 2 la sola ferrata)
ore 5 scendendo dal Monte di Mezzocorona
senza funivia (sentiero n°504) Punti di
appoggio: 1) Numerose
possibilità nell’abitato di Mezzocorona
2) Baita dei Manzi: non gestita, ma sempre
aperta. 3) Abitato di Monte di Mezzocorona. Descrizione ferrata e rientro alla partenza: Dal parcheggio seguiamo il sentiero che sale ripidamente nel bosco. Pochi minuti di cammino e siamo a un bivio. A destra il cartello segnala “sentiero facile”, a sinistra “sentiero esposto”. Scegliamo la variante più difficile che ci porta a scendere per un breve tratto sino al ponte sul torrente. Risaliamo comodamente la costa opposta sino alla base della parete dove troviamo le prime funi metalliche. Si segue la sottile cengia assicurata sino a raggiungere la base di una splendida cascata che forma qui una bella vasca di acqua cristallina. Si affronta quindi il tratto più impegnativo della ferrata: due rampe di scale verticali e molto esposte che salgono spettacolarmente, subito a fianco della cascata, per una trentina di metri circa. Si accede al terrazzo soprastante dove si procede su cengia in falsopiano, assicurati con fune metallica come corrimano. Poco oltre ci ricongiungiamo con la variante più facile che quindi permette, volendo, di saltare con comodo sentiero le verticali rampe di scale che abbiamo appena percorso. Proseguiamo aggirando uno zoccolo roccioso per cengia attrezzata (funi fisse), per poi continuare su sentiero normale che scavalca alcune roccette e facili gradoni non esposti. Un profondo spacco viene scavalcato con una breve scaletta inclinata quindi siamo in breve all’imbocco del burrone vero e proprio (m 430 – lapide che commemora la costruzione del sentiero). Affrontiamo una bassa galleria scavata nella roccia e aperta sulla sinistra (attrezzata con funi metalliche fisse; attenzione alla testa: tassativo l’uso del caschetto). Le funi e una breve scaletta ci portano in pochi istanti sul fondo dell’orrido dove ammiriamo sulla destra alcuni magnifici salti d’acqua. Guadiamo il torrente per affrontare con una serie di staffe metalliche l’umida e viscida parete di fronte a noi. Subito oltre, segue a destra un breve traverso e una terza piccola scaletta che ci permettono di entrare nella parte più nascosta dell’orrido che risaliremo ora con minori difficoltà. Seguiamo in salita il torrente fra le due strettissime pareti rocciose che creano sopra di noi una volta. ll sole penetra in questa, che costituisce la parte più interna del burrone, soltanto per pochi minuti al giorno rischiarando questo fantastico scenario di natura selvaggia. Non vi è altra alternativa che rimontare il greto nella semioscurità guadando più volte il corso d’acqua e osservando sulla nostra testa la strettissima striscia di cielo lasciata dalle due pareti strapiombanti ai nostri lati. Infine l’angusto orrido si allarga e in breve siamo all’uscita della parte più spettacolare della gola: ricompare la vegetazione e proseguiamo lungo lo stretto valloncello scavalcando qualche salto più scomodo con brevi tratti attrezzati (funi, maniglie e pioli metallici). Poco più in alto non finiamo di stupirci: sulla destra una magnifica cascata alta un centinaio di metri precipita dal paretone soprastante in un unico balzo verticale. Una breve, evidente deviazione dal sentiero permette di portarsi proprio alla base della cascata. Dopo questa breve, doverosa digressione, la nostra avventura prosegue terminando di rimontare il valloncello con le ultime attrezzature della ferrata. In ultimo, una lunga scala metallica ci porta definitivamente nel bosco e ci allontana dal torrente che ha generato il Burrone. Tolta l’attrezzatura per ferrate procediamo in salita nel fresco della faggeta; intersechiamo una più larga carrareccia che non deve trarre in inganno: occorre procedere oltre mantenendo il sentierino nel bosco (i segnavia sono comunque chiari ed evidenti). In breve siamo alla Baita dei Manzi (m 876 – ore 2,30 dalla partenza), bellissimo rifugio non gestito dove troviamo panche per ritemprarci e una fresca fonte d’acqua. Da qui, in mezzora circa su larga strada forestale, traversiamo nel bosco sino al piccolo abitato di Monte di Mezzocorona (m 891 – ore 3 dalla partenza). Possiamo ora rientrare a Mezzocorona o sfruttando la funivia che porta al paese in appena 4 - 5 minuti, oppure seguendo il sentiero n° 504 che in un’ora circa, con numerosi tornanti, riporta in paese. Da notare, sia con la funivia che col sentiero, il magnifico panorama sulla Piana Rotaliana in direzione di Trento, con bella visione della Paganella e del Bondone. Da Mezzocorona, un paio di chilometri lungo strada asfaltata (un’ulteriore mezzora di cammino) ci riportano al parcheggio presso il quale abbiamo lasciato l’automobile. Osservazioni: Una ferrata davvero ricca di pregi. Il sentiero ideale per il neofita che vuole avvicinarsi al mondo delle vie ferrate. I tratti attrezzati sono brevi e tecnicamente senza problemi. Al tempo stesso, le rampe di scale sono assai esposte abituando i nuovi a sopportare il vuoto sotto i piedi: in quest’ottica il percorso, per quanto facile, non deve essere sottovalutato. I più esperti non potranno certo entusiasmarsi per l’aspetto tecnico, tuttavia tutti, proprio tutti non potranno che sorprendersi di fronte alla meraviglia di una oscura forra con numerosi salti d’acqua che viene sapientemente risalita da un percorso ben scelto. Un percorso quindi da consigliarsi ad ogni persona voglia percorrere un itinerario fuori dagli schemi che entusiasma e sorprende pur essendo lontano dai più celebri tracciati dolomitici. Da rilevare la quota molto bassa dell’intera escursione: questo rende la ferrata perfettamente percorribile anche nelle mezze stagioni. L’unica avvertenza è quella di evitare il percorso dopo forti piogge per la possibile piena del torrente, mentre pericolosa può essere la forra con neve e ghiaccio in pieno inverno per via del possibile vetrato su rocce e infissi.
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