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Nome scientifico: Asphodelus ramosus L. (Sinonimi: Asphodelus aestivus auct. – Asphodelus chambeironi Jord. – Asphodelus microcarpus Salzm. et Viv.) Famiglia: Liliaceae Altro nome comune: Asfodelo mediterraneo Habitat naturale: Garighe, incolti, terreni sassosi, prati e pascoli aridi da 0 a 1200 metri. Presente in tutta Italia tranne in Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Non più ritrovata, in tempi recenti, nelle Marche (nel secolo scorso come avventizia presso Pesaro). Periodo di fioritura: Da febbraio a maggio Descrizione della pianta: Pianta erbacea perenne eretta alta 50 – 100 cm con diversi rizomi fusiformi o di forma irregolare lunghi fino a 4 cm e larghi circa 1 cm. Il fusto centrale è cilindrico, eretto e senza foglie, ramoso nella metà superiore. Le foglie sono tutte basali; presentano lamina nastriforme, sono intere, coriacee, del tutto glabre con sezione triangolare appiattita, lunghe fino a 70 cm e larghe 2 – 4 cm. I fiori sono raccolti in un’infiorescenza a pannocchia e sono sostenuti da un peduncolo lungo 5 – 7 mm all’ascella di brattee più o meno arrossate lunghe 10 – 15 mm. I tepali sono 6, liberi e carnosi, lunghi 15 – 16 mm e larghi 4 – 5 mm, di colore bianco con stria centrale rossa. Gli stami superano i tepali e presentano filamenti bianchi di 10 – 15 mm; si inseriscono su un cuscinetto basale che circonda l’ovario. Le antere, lunghe circa 1,5 mm, sono aranciate. Lo stilo è appena più lungo degli stami (20 – 22 mm) con stigma rigonfio all’estremità. I frutti sono capsule ovoidi o subsferiche rossastre con diametro di 5 – 8 mm e con 2 – 7 rughe su ciascuna valva. Note: L’impollinazione della specie è entomofila (ad opera di insetti). É spesso associata con Asphodeline lutea (L.) Rchb. In generale bestiame e pecore rifiutano questa pianta in quanto il suo consumo continuato porta allo sviluppo di una grave malattia caratterizzata da paresi e convulsioni. Nella stagione primaverile si riscontra, con frequenza, la presenza alla base delle foglie di alcune masse biancastre appiccicose simili alla saliva. Si tratta di una sostanza prodotta dalla larva della cosiddetta “sputacchina” (Philaemus leucophtalmus) appartenente alla famiglia dei Cercopidi. Le ninfe appena nate si circondano di questa sostanza prodotta da alcune ghiandole poste nel loro addome mescolata con la linfa della pianta stessa. L’insetto evita in questo modo la disidratazione e la predazione da parte di altri animali. Asphodelus ramosus presenta tubercoli commestibili che durante la prima guerra mondiale e le carestie erano utilizzati come alimento. I tubercoli contengono carboidrati adatti anche alla panificazione. Sono inoltre presenti glucosidi e piccole quantità di alcaloidi che ne sconsigliano l’impiego terapeutico. Le foglie fresche sono impiegate nella produzione di alcuni formaggi pugliesi mentre mischiando la polvere dei tuberi con acqua bollente si ottiene un collante naturale piuttosto resistente. In Sardegna ha radici antiche l’abitudine di intrecciare le foglie della pianta per ottenere dei cesti. Questa forma di artigianato ha permesso per molto tempo alle famiglie di ottenere qualche entrata in più. Asphodelus ramosus L. può essere confuso con il più raro Asphodelus cersasiferus J. Gay, pianta alta 50 – 150 cm con ramificazione semplice, poco sviluppata, tepali maggiori con filamenti a base cuneata e capsula fruttifera grosso modo sferica avente diametro di 15 – 20 mm, schiacciata superiormente con valve robuste e margini revoluti verso l’esterno. Dove l’abbiamo osservata: Tutte le fotografie sono state realizzate sulle pendici del Monte Faito (m 900 – Monti Lattari). ![]()
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